Liguria. Manca il Garante per i detenuti. La rivolta non violenta di Ferruccio Sansa
Ma che strano questo paese. Il cui scrittore più venerato inventò un felicissimo nome, “Azzeccagarbugli”, per celebrare il potere di una categoria di stabilire la verità e il diritto. Nel cui parlamento quella stessa categoria è padrona delle leggi. E dalle cui carceri, due anni e mezzo fa, i boss sono potuti uscire a centinaia in pochi giorni in nome delle “garanzie”.
Strano paese perché poi giusto qui capita che una regione come la Liguria lasci tranquillamente per anni i detenuti senza il garante previsto da una propria legge. Dal Bollettino Ufficiale del primo giugno 2020: “Istituzione del garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale”.
Una renitenza singolare, come singolare è la “storia italiana” di cui è oggi protagonista un consigliere regionale che ha scelto di denunciarla attraverso una scelta esemplare e drammatica.
Il suo nome è Ferruccio Sansa, giornalista genovese, per anni firma de Il Fatto Quotidiano, giunto in consiglio quasi due anni fa dopo essersi candidato alla presidenza della Regione. E che ha scelto di protestare contro l’accidia istituzionale con l’arma che nella politica italiana rese famoso mezzo secolo fa Marco Pannella: il digiuno.
“Sono ormai al quinto giorno di digiuno”, ha spiegato venerdì sera Ferruccio. “Certo è una scelta estrema, ma è estrema anche la vicenda da cui nasce. Un incarico pensato per porre fine a condizioni carcerarie all’origine di suicidi o episodi sconvolgenti, che non viene assegnato per indolenza, meglio, perché non ci si mette d’accordo politicamente nella divisione delle spoglie istituzionali. Da due anni, capisci? Due anni senza muovere un dito. E non solo per questo garante. Ma nemmeno per quello dei minori. E nemmeno per quello delle vittime di reato. E tanto meno ancora per il difensore civico. La classica ‘morta gora’. Paura di mettersi contro gli abusi di potere? Forse la questione è ancora più misera: non riuscire a mettersi d’accordo sulle poltrone. E intanto ci vanno di mezzo dei disgraziati”.
Ferruccio appare incredulo. Tanti pensano che entrando in parlamento o in un consiglio regionale o comunale si possa influenzare la vita pubblica. Il famoso “Lei che può…”. Utopie, acide utopie. Ne sta facendo esperienza amara.
“Ho sollevato il problema decine di volte in consiglio e sono stato sempre ignorato”. Un sistematico senso di impotenza. Da qui il salto verso il metodo Pannella, perché “occorre che la notizia circoli, che si sappia, che nasca finalmente un caso Liguria”.
Faticoso? “Un po’ sì, ma soprattutto sorprendente per il rapporto che nasce con il proprio corpo. Non avevo valutato esattamente cosa significasse non mangiare. Quanti riti e gesti siano legati al nutrirsi”. “Ho appena buttato la pasta per i miei figli”, ha confessato sul suo blog, “e ci ho messo un etto e mezzo di troppo, ho apparecchiato la tavola con un piatto che resterà vuoto”. Aggiungendo: bevo cappuccino come Pannella, o litri di terribili tisane.
Ha promesso che aggiornerà i lettori del suo diario Facebook sullo stato di salute, il peso, la pressione, le analisi del sangue. E mi sembra incredibile che, di fronte a questo, non ci sia una rivolta almeno degli avvocati.
È proprio vero che viviamo in un mondo che conia nuovi diritti a manetta, a volte sfiorando il parossismo, e poi non sa rispettare nemmeno quelli fondamentali. Lo sciopero della fame non sarà forse il modo migliore per reagire, come gli rimprovera qualche lettore in rete, ma certo smuove le nostre corde più di un’invettiva.
Quanto a Ferruccio, come spiega lui stesso, qualche conseguenza c’è. La parola fame gli rimbalza tra la vista del mare, il fischio del treno e il profumo del rosmarino. È pur sempre Genova. Chissà che non la spunti.
Ma in effetti, a pensarci: come si fa a far passare due anni senza nominare un garante per i detenuti, i minori o le vittime di reato?
* Storie Italiane, Il Fatto Quotidiano, 14/11/2022
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