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Il profumo dolce della pace

Pierluigi Ermini il . Associazioni, Diritti, Giustizia, Guerre, Internazionale, Politica

“Perché il disarmo produca la pace, bisogna usare il metodo d’Isaia: convertire, cioè, in investimenti di pace gli investimenti di guerra: trasformare in aratri le bombe, in astronavi di pace i missili di guerra!”Sono parole di Giorgio La Pira del quale oggi ricorre l’anniversario della morte avvenuta il 5 novembre 1977, 45 anni fa.

Me lo ha ricordato in un post l’amico Alberto Marziali oggi durante la marcia per la pace di Roma organizzata da 600 associazioni e movimenti sotto il nome “Europe for peace”

Mi piace pensare che oggi, nella stupenda piazza di San Giovanni in Laterano, accanto ai 100mila in marcia per la pace, Giorgio La Pira sarebbe stato al nostro fianco, lui che ha fatto del dialogo tra i popoli e tra le persone una scelta di vita.

Così pensando a come mettere nero su bianco le emozioni vissute in quella piazza, durante il viaggio di ritorno mi sono messo a scorrere i tanti post di amici sui social che oggi hanno voluto essere presenti con il corpo e con la mente a questa manifestazione.

E mi sembra bello costruire una riflessione che è frutto dei tanti e diversi pensieri che hanno animato il nostro essere in cammino.

“La pace si fa con le idee, la politica, i corpi. Esserci.” scrive Sandra Gesualdi un pensiero bello e intenso, perché racchiude il senso della credibilità che ciascuno di noi deve trasmettere agli altri se veramente si crede e si vuole costruire la pace.

“Questa è la mia piazza, la piazza che mi rappresenta, in cui scelgo con convinzione di stare. Una piazza piena e unita per la pace” scrive Carlo Boni.

“Non può esserci pace senza una giustizia sociale e ambientale” è invece il senso della riflessione espressa sul palco di piazza San Giovanni da Giuseppe De Marzo della Rete dei Numeri Pari.

E c’è chi ricorda belle canzoni del passato per dare un senso profondo a questa giornata, riportando le parole di Pierangelo Bertoli “ … perché a stare in trincea sono gli uomini normali, non i capi di stato o i generali, perché a stare in trincea sono gli uomini normali non i vescovi e neanche i cardinali…”. Si perché la guerra principalmente crea danni e dolore soprattutto ai più poveri, ai civili, a chi inerme non può reagire.

E ci sono le parole di speranza come quelle bellissime di Alessandra Ruffini: “Siamo un paese che può fare tanto. Si torna a casa con il cuore pieno di belle emozioni. Il popolo della Pace è stato numeroso e carico di speranza. Il paese, se vuole, sa come farsi sentire. No alle guerre. Stop alle armi. Basta riarmo. Si al tavolo negoziale. La politica deve ascoltare. Una sola voce. Un grande abbraccio”.

E non possiamo non ricordare la lettera inviata a quanti hanno partecipato alla manifestazione cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei: “Caro amico sono contento che ti metti in marcia per la pace. Le guerre iniziano sempre perché non si riesce più a parlare in modo amichevole tra le persone. Siamo spaventati da un mondo sempre più violento e guerriero. Alcuni diranno che manifestare è inutile. Ma io desidero dirti perché la pace è di tutti e ha bisogno di tutti. È importante che tutti vedano quanto è grande la nostra voglia di pace. Ricorda che manifesti anche per quanti vogliono manifestare, ma non possono farlo.

Una lettera che racchiude anche azioni concrete da proporre subito alla politica: “Chiediamo al segretario generale delle Nazioni unite di convocare urgentemente una conferenza internazionale per la pace. E chiediamo all’Italia di rarificare il trattato Onu della proibizione delle armi nucleari, perché siamo consapevoli che l’umanità può essere distrutta”.

Ma le parole più potenti e forti che si sono alzate in questa piazza ricca di colori e di speranza sono state quelle pronunciate da Luigi Ciotti: “La pace è possibile – ha esordito – e vi auguro di essere malati di pace (ricordando don Tonino Bello). È una malattia che ci rende più umani perché è passione per la vita. Per tenere viva la malattia della pace sono necessari i conflitti con la nostra coscienza. Alleate della pace sono le coscienze inquiete. Diffidiamo delle coscienze pacificate sedute nelle loro certezze, che sono l’anticamera delle guerre”.

Luigi Ciotti riesce a mettere insieme cose che si legano strettamente e sono una la conseguenza dell’altra: “Dobbiamo avere il coraggio di dirci le cose come stanno e ricordarci che l’attuale sistema economico produce ingiustizia. Oggi è in corso una guerra  ancora più subdola, non dichiarata.  Quando il valore del denaro è superiore a quello della vita si è già in uno stato di guerra e conflitto. Per questo questa economia non è mai innocente”.

Anche i muri che andiamo costruendo sono frutto delle disuguaglianze sociali e delle del divario tra paesi ricchi e poveri nel mondo: “Oggi i muri nel mondo sono 70 ed equivalgano alla circonferenza della terra. La povertà è un crimine, un reato contro le persone. La speranza non è reato. Quindi la migrazione non è reato. Il diritto alla vita è fondamentale”. Che vergogna che in questo paese non si riesca a richiedere cittadinanza ai bambini nati e cresciuti qui”.

Don Luigi poi si rivolge alla politica chiedendogli di fare la propria parte per la giustizia sociale: “La pace si costruisce innanzitutto nel pensiero. Si costruisce anche nei linguaggi. Dobbiamo darle spazio dentro di noi. Servono parole chiare perché la pace si costruisce poi nelle pratiche della vita di ogni giorno. I veri pacifisti sono dei costruttori di pace nella concretezza della loro vita.”

La marcia volge al termine, felici si rientra verso le proprie città. Aldilà delle scelte della politica restano le scelte personali che ci devono spingere ad essere persone credibili in quello che ogni giorno facciamo nella nostra vita, nelle comunità dove viviamo.

Se, come ha detto Rosy Bindi questa “è una piazza che vuole dire no a chi continua a volerci far credere che la pace ha bisogno di armi” resta la nostra coscienza, la’ dove facciamo i conti con noi stessi nel rendere sempre più piccola la,distanza tra ciò che diciamo e ciò che viviamo.

È anche in questo nostro spazio personale che costruiamo la pace.

Gandhi diceva che “Il giorno in cui il potere dell’amore supererà l’amore per il potere, il mondo potrà scoprire la pace”, e da qui parte anche la nostra personale rivoluzione.

Quanto più ci allontaneremo dall’amore per il potere, tanto più diventeremo nella nostra vita costruttori di pace.

Una giornata può dare molto alla nostra vita se solo lasciamo spazio alla nostra coscienza per agire poi di conseguenza.

Ma se è vero che come dice Madre Teresa,di Calcutta “La pace inizia con un sorriso”, a Roma in quella piazza si è sentito l’odore dolce e profumato della pace.

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La pace è un diritto

Roma, 5 novembre “Europe For Peace”: «Cessate il fuoco subito, negoziato per la Pace!» 

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