A quattro anni dall’omicidio di Jamal Khashoggi la verità è ancora lontana
Il 2 ottobre 2018, Jamal Khashoggi, editorialista del Washington Post, è entrato nel consolato saudita a Istanbul ed è stato brutalmente assassinato da agenti sauditi. Secondo una valutazione della CIA, gli assassini di Khashoggi stavano agendo per ordine del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, ampiamente noto come MBS.
Nei giorni seguenti, politici e leader di tutto il mondo hanno condannato l’omicidio di Khashoggi e chiesto giustizia e responsabilità.
La sparizione el giornalista è avvenuta in un contesto nel quale il governo saudita continua a reprimere aspramente il dissenso con arresti e processi iniqui che potrebbero terminare con lunghe condanne se non con la pena di morte.
Jamal Khashoggi aveva lasciato l’Arabia Saudita nel 2017, recandosi negli Usa, proprio per evitare le persecuzioni e l’ondata di arresti nel suo paese.
Mentre era in Turchia, si è recato al consolato dell’Arabia Saudita per ottenere il nulla osta per sposare una cittadina turca Hatice Cengiz, e non ne è più uscito. Le autorità locali ritengono che sia stato assassinato all’interno del consolato.
Hatice era andata con lui e lo aveva aspettato fuori invano: è rimasta fuori per ore ma Khashoggi non è mai più uscito. “Successivamente – aveva raccontato Hatice in un’intervista a Articolo 21 – ci sono state varie dichiarazioni dalle autorità ma molto contraddittorie. Prima hanno detto che Jamal era uscito senza che lei lo avesse visto, poi che c’era stata una rissa ed infine che il suo assassinio era stato un errore. Continuano ancora oggi a dare varie spiegazioni ma ancora non si è arrivati alla conoscenza dei mandanti e degli esecutori di questo delitto. Le motivazioni della sua morte sono probabilmente da ricercare nel lavoro da giornalista di Jamal che era molto critico nei confronti del principe ereditario Mohammad bin Salman e del re Salman, al punto da imporsi un autoesilio nel 2017.
“Se ciò fosse vero, – si legge sul sito di Amnesty International – ci troveremmo di fronte a un fatto senza precedenti. Un assassinio all’interno del consolato, che è territorio sotto la giurisdizione dell’Arabia Saudita, costituirebbe un’esecuzione extragiudiziale e seminerebbe il panico tra i difensori dei diritti umani e i dissidenti sauditi ovunque nel mondo, rendendo privo di significato il concetto della ricerca di protezione all’estero.
Continuiamo a chiedere verità e giustizia per Jamal Khashoggi.
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