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Il Tribunale permanente dei popoli sugli omicidi dei giornalisti in Messico, Sri Lanka e Siria

Questione Giustizia il . Criminalità, Giustizia, Informazione, Internazionale, Istituzioni, Politica

1. La sessione di apertura – 2. L’istruttoria del Tribunale – 3. I principi guida del giudizio del Tribunale (a cura di Nello Rossi) – 3.1. La libertà di stampa svolge un ruolo decisivo per la qualità della vita delle persone e, in molti casi, per la loro stessa sopravvivenza – 3.2. La libertà di stampa è indispensabile per l’esistenza di una democrazia effettiva – 3.3. La sicurezza e la libertà dei giornalisti sono una garanzia essenziale per tutti i cittadini e devono essere protette in ogni parte del mondo – 3.4. Messico, Sri Lanka, Siria: i tre casi estremi oggetto del giudizio del Tribunale – 4. Summary della sentenza (in lingua inglese)

1. La sessione di apertura

La sentenza del Tribunale permanente dei popoli sugli omicidi dei giornalisti in Messico, Sri Lanka e Siria giunge a conclusione di un lungo percorso e di una accurata istruttoria sui tre casi estremi oggetto di esame e di giudizio.

Il 15 novembre 2021, Questione Giustizia aveva pubblicato la dichiarazione del Segretariato generale del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) resa in occasione della Sessione di apertura del procedimento sugli omicidi dei giornalisti, svoltasi a L’Aja il 2 novembre 2021 e l’atto di inizio della procedura [1].

Sempre sulle pagine di Questione Giustizia erano stati poi pubblicate e riprese anche da Libera Informazione la relazione di Christophe Deloire Gli omicidi e le violenze contro i giornalisti sono all’apice. E l’impunità è sistematica (15/11/2021) e la testimonianza di Hatice Cengiz Sono la vedova di Jamal Khashoggi. Chiedo giustizia (16/11/2021) pronunciate nella Sessione di apertura.

A conclusione di tale Sessione, incentrata sugli scenari generali illustrati nell’atto di accusa, il Tribunale permanente dei popoli si era dichiarato pronto ad attivare la propria procedura nei seguenti termini:

«Il TPP è consapevole che l’omicidio di giornalisti è un problema universale, non solo nei paesi non democratici ma in tutto il mondo. L’atto di accusa consegnato a questo Tribunale mostra che dal 1992 più di 1.400 giornalisti sono stati uccisi per aver svolto il loro lavoro. Aggiunge che, in almeno 900 di questi casi, i giornalisti sono stati uccisi per rappresaglia diretta del loro lavoro. Il TPP è consapevole della gravità e dell’importanza di questa piaga, conseguenza di un ambiente ostile alla libertà di stampa. Per questo motivo, il Tribunale ha accettato di iniziare un procedimento sulla base dell’atto d’accusa e ha deciso di tenere una sessione dedicata all’omicidio di giornalisti.

Il TPP rileva che queste gravi violazioni dei diritti umani, conseguenza delle vessazioni e degli attacchi volti a mettere a tacere i giornalisti, sono caratterizzate dalla riluttanza dei governi a proteggere i giornalisti dalle intimidazioni e dall’assenza di processi che puniscano tali azioni. Il risultato è un’impunità quasi totale (il 90% dei casi resta impunito, L’Aia, 3 Novembre, 2021»

2. L’istruttoria del Tribunale 

Le tre udienze istruttorie del Tribunale si sono svolte in Messico il 26-27 Aprile 2022 e per i casi dello Sri Lanka e della Siria all’Aja rispettivamente nei giorni 12 e 13 Maggio e 16-17 Maggio 2022.

Durante la fase preparatoria che ha preceduto l’organizzazione e lo svolgimento delle udienze il Tribunale ha acquisito dalle organizzazioni che hanno richiesto il giudizio una completa e dettagliata raccolta di materiali probatori addotti a sostegno dell’accusa.

Il Tribunale ha inoltre preso in considerazione un rilevante ammontare di scritti su ciascuno dei Paesi.

Come previsto dallo Statuto, il Segretariato generale del Tribunale permanente dei popoli ha invitato i tre Stati ad esercitare il diritto di difesa durante le udienze pubbliche.

Nessuno dei tre Stati ha risposto alla notifica dell’apertura del procedimento dinanzi al Tribunale o ai successivi inviti a presenziare alle udienze nel cui programma era stato riservato un adeguato spazio per l’attività difensiva.

3. I principi guida del giudizio del Tribunale (a cura di Nello Rossi) 

Il Tribunale ha scelto di concentrare la sua analisi su casi estremi di repressione della libertà di stampa, posti in essere attraverso una lunga serie di brutali omicidi di giornalisti in tre Paesi, geograficamente distanti e molto diversi tra di loro sotto il profilo economico, politico ed istituzionale come il Messico, lo Sri Lanka e la Siria.

Questo compito è stato adempiuto con scrupolo e con rigore, ascoltando testimonianze, consultando esperti, analizzando documenti, raccogliendo prove, valutando criticamente le conclusioni del prosecutor, al fine di ricercare ed individuare le responsabilità, non solo individuali ma anche e soprattutto collettive ed istituzionali, per gli omicidi degli operatori dell’informazione.

La sentenza rende perciò conto dei peculiari contesti nei quali sono maturati i crimini contro i giornalisti, delle loro più ricorrenti modalità di attuazione, delle finalità di intimidazione e di riduzione al silenzio perseguite con gli omicidi, degli interessi che hanno orientato e armato la mano degli esecutori materiali.

Al centro dell’attenzione e della denuncia sono state la sistematica impunità di cui hanno goduto mandati ed esecutori dei fatti di sangue ed il clima di repressione generalizzata e di terrore nel quale sono costretti a lavorare quanti in quei Paesi esercitano la funzione di informare l’opinione pubblica.

Al tempo stesso il Tribunale è stato consapevole che i casi oggetto del suo esame sono solo la manifestazione più crudele e sanguinosa di un vasto complesso di restrizioni e di attentati alla libertà di espressione e di informazione attuato, con diverse gradazioni, da centri di potere operanti in molte altre parti del mondo.

Ed infatti il suo esame – pur essendo focalizzato sulle vicende criminose che si sono svolte in Messico, Sri Lanka e Siria e pur essendo diretto a rappresentare con fedeltà l’entità e la straordinaria gravità di tali avvenimenti – ha mirato a trarre, dai fatti accertati e dai crimini ricostruiti, più generali indicazioni sull’enorme incidenza che la negazione di una effettiva libertà di informazione ha sulle persone e sulle popolazioni.

Di qui la necessità di rendere espliciti, in premessa, i principi di fondo condivisi dal collegio giudicante, sulla importanza di una piena libertà di espressione e sul valore di una stampa libera da condizionamenti.

3.1. La libertà di stampa svolge un ruolo decisivo per la qualità della vita delle persone e, in molti casi, per la loro stessa sopravvivenza

Per quanto possa sembrare sorprendente la libertà di stampa svolge un ruolo decisivo non solo per la qualità della vita delle persone ma, in molti casi, anche per la loro stessa sopravvivenza.

In un libro degli anni 90 Povertà e carestie. Saggio sui diritti e sulle privazioni il premio Nobel per l’economia Amartya Sen ha dimostrato l’esistenza di uno stretto legame tra libertà dell’informazione e la vita o la morte degli individui.

Egli ha spiegato come nelle grandi carestie che hanno afflitto l’India negli anni settanta e che hanno mietuto centinaia di migliaia di vittime non ci fosse nel paese un “assoluta” carenza di derrate alimentari.

La drammatica carenza di cibo era invece determinata dal fatto che in certe zone del paese c’era produzione, anche in eccedenza, di frumento, grano, riso mentre le persone da sfamare si trovavano altrove, a centinaia di chilometri di distanza.

Si trattava perciò di organizzare il trasporto del cibo dai luoghi della produzione ai luoghi della carestia.

Ebbene, in India, nei periodi in cui la stampa godeva di una relativa libertà, poté esercitare un’azione di denuncia delle condizioni delle popolazioni colpite dalle carestie, ottenendo che il governo inviasse generi alimentari nelle aree della fame mentre, nei periodi in cui non vi era libertà di informazione, non vi fu alcun pungolo, il governo rimase inerte e le carestie produssero la morte per fame di intere popolazioni.

«Nei paesi in cui esiste la libertà di espressione» è stata la sua conclusione «è più facile la lotta contro la carestia. Dirò di più, la carestia non ha mai colpito un paese con una forma democratica di governo e con una stampa relativamente libera. Le carestie si sono verificate nelle antiche monarchie, nelle moderne società autoritarie, all’interno di dittature tecnocratiche, nelle economie coloniali governate da potenze imperialiste, in paesi governati da leader dispotici o da partiti unici intolleranti».

Non si tratta – è bene sottolinearlo – di un esempio lontano ed inattuale e perciò poco significativo per noi, qui ed ora.

Basta estendere il ragionamento di Amartya Sen ad altri ambiti della vita collettiva: calamità naturali, attività economiche gravemente dannose per l’ambiente e la salute collettiva; mancata adozione di adeguate misure di tutela del lavoro; casi di ingiusta detenzione di cittadini; forme di oppressione criminale delle collettività in determinate aree.

In queste, e in molte altri ipotesi analoghe, il nesso tra libertà di informazione e sopravvivenza delle persone emerge evidente.

Se rischi e pericoli per la qualità della vita dei singoli e delle collettività non vengono tempestivamente descritti e denunciati da una stampa libera e se l’attenzione critica dell’opinione pubblica non viene richiamata sulle situazioni nocive i poteri pubblici possono rimanere inerti e distratti, scegliere di non intervenire o farlo tardivamente.

3.2. La libertà di stampa è indispensabile per l’esistenza di una democrazia effettiva

Se la libertà di stampa può decidere della sopravvivenza e più in generale della qualità della vita degli esseri umani, anche la democrazia ha bisogno di una stampa libera ed indipendente per essere effettiva e ben funzionante.

E’ evidente che solo i cittadini che possono ricevere – liberamente e da una pluralità di fonti – adeguate informazioni sulla società, sull’economia, sulle politiche del governo e sull’attività dei parlamentari, sono in grado di partecipare attivamente alla discussione pubblica e di esercitare consapevolmente i diritti propri della democrazia: il diritto di voto, il diritto di riunione, il diritto di associazione, e, più in generale, tutti i diritti di iniziativa politica che ai singoli cittadini sono riconosciuti nei diversi Stati.

Se, come è stato efficacemente scritto, la democrazia è «il regime della circolazione delle opinioni e delle convinzioni, nel rispetto reciproco», in essa le parole sono straordinariamente importanti [2].

E devono essere le parole libere «precise, specifiche, dirette, non ingannatrici, non ipnotiche [3]» che solo un regime di libertà e di pluralismo delle fonti di informazione può garantire, offrendo a singoli cittadini e ad intere popolazioni un antidoto efficace contro le false informazioni e la propaganda che possono essere diffuse dai detentori del potere politico, da centri di potere economico o da nuclei di potere criminale.

Dunque, senza libertà di espressione e senza libertà di stampa non può esistere una vera e matura democrazia, e non può essere realizzato l’obiettivo di una “cittadinanza” informata, attiva ed impegnata che rappresenta il presupposto ed il nerbo della democrazia stessa.

Questi principi sono stati solennemente ribaditi nelle Carte e nelle Convenzioni internazionali che si sono succedute dal 1948 (anno della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo) sino ai nostri giorni [4] nelle quali il diritto di libertà di opinione e di espressione include sempre la libertà «to hold opinions without interference and to seek, receive and impart information and ideas through any media and regardless of frontiers».

Inoltre la protezione accordata alla libertà di stampa non può riguardare «solo le informazioni e le opinioni accolte con favore o considerate inoffensive o indifferenti, ma…anche le informazioni o le opinioni che urtano o inquietano» perché «ciò è richiesto dal pluralismo, dalla tolleranza e dallo spirito di apertura senza i quali non si ha una società democratica» [5].

Parole, queste, che riecheggiano le affermazioni di O. W. Holmes, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, che, nel lontano 1919, sostenne che il libero mercato delle idee implica «la libertà di pensiero, non per chi condivide le nostre opinioni, ma per coloro che professano idee che a noi risultano odiose» e ricordano quanto detto da un altro giudice della Corte Suprema americana, William Brennan, che, molti anni più tardi, in occasione delle sentenze del 1989 e del 1990 che esclusero la possibilità di punire chi, per protesta, aveva bruciato la bandiera degli USA dichiarò «Se c’ è un principio fondamentale nella nostra Costituzione, è che il governo non può proibire l’ espressione di un’ idea, solo perché la società la trova offensiva».

Limiti alla libertà di espressione e di stampa possono essere giustificati solo da un esercizio di tale libertà lesivo di altre libertà e diritti individuali fondamentali come l’onore e la reputazione o di vitali interessi della collettività (sicurezza nazionale, integrità territoriale, sicurezza pubblica, prevenzione dei disordini, prevenzione del crimine, protezione della salute, protezione della morale, prevenzione della divulgazione di informazioni ricevute in via confidenziale, mantenimento dell’imparzialità del potere giudiziario).

Ma in tutti questi casi, così come nelle ipotesi in cui la libertà di stampa venga utilizzata per istigare all’odio ed alla discriminazione razziale o religiosa, deve essere ricercato un equilibrio tra i diritti e gli interessi confliggenti che non cancelli o reprima arbitrariamente l’attività degli organi di informazione.

In definitiva la libertà di stampa è il principale veicolo del pensiero critico; lo strumento che rende possibile la correzione degli errori di politiche dannose per la collettività; la garanzia di tutte le altre libertà individuali e di una effettiva partecipazione dei cittadini senza potere alla vita pubblica ed al buon governo dei popoli.

3.3. La sicurezza e la libertà dei giornalisti sono una garanzia essenziale per tutti i cittadini e devono essere protette in ogni parte del mondo

E’ in ragione di questi principi e di queste convinzioni che la sicurezza e la libertà di azione dei giornalisti sono considerate dagli organismi internazionali come precondizione essenziale di ogni libera e civile convivenza e come componente necessaria di un regime democratico, mentre la violenza omicida e le diverse forme di intimidazione nei confronti degli attori dell’informazione sono viste come un attacco intollerabile alle garanzie dei cittadini in ogni parte del mondo.

In un fondamentale documento su questo tema, lo UN Plan of Action on the safety of juornalist and the issue of impunity, redatto nel 2012 e aggiornato nel corso degli anni, si sottolinea che: «The safety of journalists and the struggle against impunity for their killers are essential to preserve the fundamental right to freedom of expression, guaranteed by Article 19 of the Universal Declaration of Human Rights. Freedom of expression is an individual right, for which no one should be killed, but it is also a collective right, which empowers populations through facilitating dialogue, participation and democracy, and thereby makes autonomous and sustainable development possible».

E si aggiunge che «In a climate where journalists are safe, citizens find it easier to access quality information and many objectives become possible as a result: democratic governance and poverty reduction; conservation of the environment; gender equality and the empowerment of women; justice and a culture of human rights, to name a few. Hence, while the problem of impunity is not restricted to the failure to investigate the murders of journalists and media workers, the curtailment of their expression deprives society as a whole of their journalistic contribution and results in a wider impact on press freedom where a climate of intimidation and violence leads to self-censorship. In such a climate societies suffer because they lack the information needed to fully realize their potential».

Anche l’Unione Europea ha di recente avvertito l’esigenza di lanciare un allarme sulla sicurezza dei giornalisti [6].

In linea di principio ha ricordato la Commissione Europea: «the obligation of the EU and its Member States to respect media freedom and pluralism is…grounded in Article 11 of the Charter of Fundamental Rights of the European Union (‘the Charter’). The right to freedom of expression, enshrined in the same Article, includes the freedom to hold opinions and to receive and impart information and ideas without interference by public authority and regardless of frontiers. Taken together, these principles and rights mean that citizens should be able to access a plurality of sources of information and opinions thereby permitting them to form opinions, scrutinise governments and obtain the necessary information to freely exercise their right to vote. Member States have a responsibility to provide for an enabling environment for the media and journalists through legal, administrative and practical measures».

Dopo aver premesso che: «the EU is widely considered to be one of the safest spaces for journalists and other media professionals» la Commissione ha rilevato che «the growing number of physical, legal and online threats to and attacks on journalists and other media professionals over the past years and documented, inter alia, in the Commission’s 2020 and 2021 Rule of Law Reports constitute a worrying trend. The number of alerts related to attacks, aggression and harassment against journalists and other media professionals in EU Member States continued to increase. The terrorist attack against weekly Charlie Hebdo killing 12 people in 2015 in France, the assassinations of investigative journalists Daphne Caruana Galizia in 2017 in Malta, Ján Kuciak and his fiancée Martina Kušnírová in 2018 in Slovakia, have been a stark call to improve the protection of journalists – The need to address the safety of journalists across the EU has been highlighted further by recent cases currently under investigation, such as the murders of Greek journalist Giorgios Karaivaz and Dutch journalist Peter R. de Vries in 2021».

Oggi, inoltre, la guerra in corso sul territorio dell’Ucraina, apre un altro drammatico capitolo sulla situazione dei giornalisti.

Essa, infatti, ripropone, questa volta nel cuore dell’Europa, situazioni purtroppo già verificatesi in altri molti altri scenari di guerra, nei quali gli operatori dell’informazione, molto spesso giovani free-lance, hanno lavorato a loro rischio e pericolo senza una adeguata protezione e sono rimasti vittime della violenza bellica o di atroci rappresaglie.

Le associazioni che si occupano del giornalismo di guerra ricordano che la libertà di stampa sul piano internazionale è garantita solo in numero relativamente ristretto di Paesi e che in molti Stati dell’Africa, dell’America Latina, del Sud-Est asiatico, questa libertà è compromessa da attacchi da parte dei potenti locali o di boss mafiosi.

E, con specifico riferimento ai conflitti bellici denunciano: «Il giornalista che opera nei teatri di guerra spesso si trova impossibilitato a svolgere il proprio lavoro a causa di leggi liberticide di sovrani e dittatori che lo spingono, con minacce o intimidazioni, a non diffondere notizie, costringendolo, quindi, all’autocensura», ricordando i molti giornalisti coraggiosi di “ogni” nazionalità uccisi nello svolgimento del loro mestiere anche nelle guerre dimenticate o ignorate dai media occidentali (ISF, Informazioni senza frontiere).

3.4. Messico, Sri Lanka, Siria: i tre casi estremi oggetto del giudizio del Tribunale

Nei tre Paesi osservati nel corso del procedimento promosso dal People’s Permanent Tribunal – il Messico, lo Sri Lanka e la Siria – la violenza esercitata nei confronti di giornalisti inermi non è solo il worrying trend denunciato dalla Commissione europea ma una agghiacciante e sistematica realtà, attestata dalle cifre degli omicidi, dal clima di minacce e di costanti aggressioni verso i media nonché dal messaggio di dissuasione e di conformismo che i crimini perpetrati inviano a tutti quanti operano nel mondo dell’informazione.

Come si è accennato in esordio, i tre Paesi osservati rappresentano infatti i casi più estremi di una repressione sanguinosa che certamente deve essere denunciata con più forza di quanto non sia sinora avvenuto ma va anche attentamente analizzata nelle sue cause e nelle sue forme di attuazione, alla ricerca di tutte le responsabilità, individuali, collettive ed istituzionali per tale terribile fenomeno.

Di qui l’impegno del Tribunale nell’individuare – nei diversi contesti oggetto del giudizio-  le forze (di volta in volta regimi dispotici, potentati economici, poteri criminali) interessate a contrastare e reprimere la libertà di informazione sino alla soppressione dei giornalisti, nel ricostruire le dinamiche dei crimini e le loro costanti, nello scandagliare le cause della impunità di cui godono gli autori degli omicidi ed i loro mandanti.

Accanto a queste puntuali sul campo si collocano altri importanti elementi del quadro complessivo: la regolamentazione giuridica dei media, le eventuali restrizioni imposte dai governi, le critiche eccessive e sconsiderate dei detentori del potere politico nei confronti della funzione della stampa che hanno l’effetto di additare i giornalisti come “nemici”, il grado di protezione riconosciuto ai giornalisti ed alle loro famiglie.

Lo sforzo è quello di mettere sotto la lente di osservazioni le peculiarità e le “variabili” delle diverse situazioni e di cogliere le “costanti” della violenza messa in atto contro chi informa e di scandagliare le origini, le manifestazioni e le cause profonde dell’intolleranza, della repressione, delle eliminazioni fisiche dei protagonisti dell’informazione.

4. Summary della sentenza (in lingua inglese)

Il summary della sentenza in lingua inglese è disponibile qui.

Tribunale Permanente dei Popoli (TPP)

A cura della Redazione di Questione Giustizia

***

Note

[1] Ecco il testo della dichiarazione di apertura: «Il 2 novembre 2021, il Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) ha tenuto la sessione di apertura sugli omicidi dei giornalisti a L’Aia, nell’antica sede di Nieuwe Kerk.
«Il TPP è stato istituito nel 1979 a Bologna come diretta prosecuzione dei Tribunali Russell sul Vietnam (1966-1967) e sulle dittature latino-americane (1974-1976). Fondato sui principi e sugli obiettivi della Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli, il TPP è la più antica istituzione che, in base alle sue funzioni permanenti delineate nello Statuto, si propone di rispondere alle istanze di popoli esposti a massicce e sistematiche violazioni del  diritto alla vita, alla dignità e all’autodeterminazione.
Questa 50a sessione pubblica rappresenta un ulteriore e originale esempio dell’impegno e del ruolo del TPP. La persecuzione dei giornalisti – che sono simbolo di uno dei diritti fondamentali delle società democratiche civili, la libertà di espressione – troppo spesso culmina nell’omicidio e nell’impunità di autori e mandanti. Gli episodi di violenza non possono essere visti come la tragica somma di singoli reati. Dinanzi a una grande diversità di contesti, attori, implicazioni, l’ordine internazionale sembra essere impotente o restio a fornire risposte efficaci e tempestive. Al TPP è stato richiesto di colmare questa grave lacuna del diritto internazionale e dei diritti dei popoli e di proporre vie per riaffermare che gli Stati sono responsabili della protezione dei giornalisti e sono tenuti ad agire in caso di minacce nei loro confronti.
La sessione di apertura ha avuto lo scopo di delineare i sistemi di impunità diffusi in diverse parti del mondo. Testimoni ed esperti, invitati a testimoniare dall’accusa, hanno documentato la natura sistemica dell’impunità per gli omicidi di giornalisti e il suo impatto sull’attività di informazione e sulla società. In conformità con la sua metodologia di indagine e qualificazione dei fatti, il TPP procederà, attraverso una serie di udienze, da gennaio a maggio 2022, ad esaminare tre casi emblematici. Il TPP ha notificato direttamente agli Stati coinvolti l’inizio del procedimento per garantire l’esercizio del loro diritto alla difesa.
La giuria, come previsto nello Statuto, riunisce diverse competenze che presentano una pluriennale esperienza nel settore, garantendo, al tempo stesso, un’indipendenza di giudizio. In ordine alfabetico, i loro nomi e le principali qualifiche sono i seguenti: Eduardo Bertoni (Argentina), Rappresentante dell’Ufficio Regionale per il Sud America dell’InterAmerican Institute of Human Rights; Marina Forti (Italia), giornalista e scrittrice; Gill H. Boehringer, (Australia) già decano e ora ricercatore onorario senior presso la School of Law, Macquarie University, Sydney; Mariarosaria Guglielmi (Italia), Magistrato, Vicepresidente di Medel (Magistrats Européens pour la Démocratie et Libertés); Helen Jarvis (Australia-Cambogia), Vicepresidente del Tribunale Permanente dei Popoli; Nello Rossi (Italia), Vicepresidente del Tribunale Permanente dei Popoli; Kalpana Sharma (India), giornalista indipendente; Philippe Texier (Francia), Presidente del Tribunale Permanente dei Popoli e Marcela Turati (Messico), giornalista indipendente».

[2]  Così G. Zagrebelsky  nella lectio magistralis tenuta nell’ambito della Biennale Democrazia.

[3] G. Zagrebelsky, ibidem.

[4] Cfr. The Universal Declaration of Human Rights of 10 December 1948, «Article 19  Everyone has the right to freedom of opinion and expression; this right includes freedom to hold opinions without interference and to seek, receive and impart information and ideas through any media and regardless of frontiers».
The International Covenant on Civil and Political Rights of 16 December 1966, «Article 19 1. Everyone shall have the right to hold opinions without interference. 2. Everyone shall have the right to freedom of expression; this right shall include freedom to seek, receive and impart information and ideas of all kinds, regardless of frontiers, either orally, in writing or in print, in the form of art, or through any other media of his choice. 3. The exercise of the rights provided for in paragraph 2 of this article carries with it special duties and responsibilities. It may therefore be subject to certain restrictions, but these shall only be such as are provided by law and are necessary: (a) For respect of the rights or reputations of others; (b) For the protection of national security or of public order (ordre public), or of public health or morals».
The European Convention on Human Rights, «Article 10 Freedom of expression 1. Everyone has the right to freedom of expression. This right shall include freedom to hold opinions and to receive and impart information and ideas without interference by public authority and regardless of frontiers. This Article shall not prevent States from requiring the licensing of broadcasting, television or cinema enterprises. 2. The exercise of these freedoms, since it carries with it duties and responsibilities, may be subject to such formalities, conditions, restrictions or penalties as are prescribed by law and are necessary in a democratic society, in the interests of national security, territorial integrity or public safety, for the prevention of disorder or crime, for the protection of health or morals, for the protection of the reputation or rights of others, for preventing the disclosure of information received in confidence, or for maintaining the authority and impartiality of the judiciary». «Article 17 Prohibition of abuse of rights Nothing in this Convention may be interpreted as implying for any State, group or person any right to engage in any activity or perform any act aimed at the destruction of any of the rights and freedoms set forth herein or at their limitation to a greater extent than is provided for in the Convention».

[5] In questi termini si è espressa la Corte europea dei diritti dell’uomo in due sentenze del 1985 e del 1986 (Lingens c Austria 8 luglio 1986 e Barthold c. Repubblica Federale di Germania 25 marzo 1985).

[6] Brussels, 16.9.2021 C(2021) 6650 final Commission Recommendation of 16.9.2021 on ensuring the protection, safety and empowerment of journalists and other media professionals in the European Union.

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