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Calabria, intimidazioni alla Valle del Marro

Di Norma Ferrara il . Calabria

Violato ancora una volta un simbolo di riscatto dalla prepotenza mafiosa sul territorio calabrese, a Gioia Tauro in località Pontevecchio. Ignoti la scorsa notte hanno rimosso e fatto a pezzi i lucchetti del capannone e del cancello posto all’ingresso di un terreno confiscato alla mafia e gestito, per finalità sociali, dalla Cooperativa Valle del Marro – Libera Terra. Hanno prelevato  e utilizzato un furgone in dotazione alla cooperativa e poi si sono “premurati” di ricondurlo alla cooperativa e chiudere nuovamente i cancelli. Non un furto, quindi, ma un vero e proprio atto intimidatorio e simbolico. “Quello di ieri è l’ennesimo episodio di una serie che prosegue da tempo su questo territorio – dichiara il presidente della Coop Valle del Marro, Giacomo Zappia”. La notte del 1 aprile scorso, ignoti avevano forzato il lucchetto della porta del capannone e rovistato con l’ intento di rinvenire qualcosa di utile. Precedentemente l’8 marzo, malviventi avevano rubato a Polistena l’auto del vice-presidente della cooperativa per poi abbandonarla, dieci giorni dopo, in una via della città di Rosarno,  priva di motore e di interni, con il tetto  tagliato in più pezzi. Infine nel settembre del 2009 era stata presa di mira la sede operativa dell’Azienda, a Polistena, con il furto di tutte le motoseghe e  decespugliatori.  L’aspetto inquietante di questo atto intimidatorio viene fuori, gradualmente, ascoltando le parole di Giacomo, che a poche settimane dai precedenti atti intimidatori subiti dalla cooperativa e a danno anche dei suoi dipendenti, si trova nuovamente circondato da un clima pesante, da prassi burocratiche inevitabili e dalla stanchezza. Si anche da quella.

“In questo ennesimo episodio il dato più preoccupante – fa notare Zappia – è proprio un dettaglio: il fatto che dopo aver prelevato il furgone e averlo utilizzato non si sa bene per far cosa, si preoccupino di riportarlo all’interno della cooperativa”.  Quasi a dire che quel terreno, sebbene confiscato dallo Stato e gestito dalla cooperativa, è ancora, e soprattutto, una zona franca nella quale “loro”  possono entrare e uscire, indisturbati.    “Al di là dell’episodio in questione –  commenta Zappia – quello che colpisce è questo stillicidio di atti intimidatori che inevitabilmente interrogano tutti, ancora una volta, sul vero significato simbolico che un bene confiscato ha per un territorio. Noi siamo in prima linea in questo percorso ma è necessario che tutti, ma proprio tutti, sentano questo come un simbolo della rinascita contro le mafie, come un risultato concreto da difendere e da sostenere”.  Cittadini, associazioni e soprattutto istituzioni locali e forze dell’ordine. 

Un appello forte e chiaro Zappia lo lancia alle forze dell’ordine  sul territorio. “La loro presenza per noi è preziosa, fanno un lavoro straordinario, ma vista le circostanze, serve dare maggiore continuità a questa collaborazione, fra cittadini, forze dell’ordine e associazioni impegnate in prima linea. Non è possibile che  – commenta a denti stretti – ancora una volta, “nessuno abbia visto niente, che non si sappia niente, e che le indagini ogni volta debbano ripartire da capo”. E infine aggiunge: ” serve recuperare soprattutto la centralità del significato che un bene confiscato assume su un territorio, e sentirlo “proprietà” collettiva. Dobbiamo assumerci di più tutti le proprie responsabilità”.

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