Un buco nella memoria
Domani, giovedì, a Brontolo, la trasmissione condotta da Oliviero Beha su Rai Tre alle 11,25 all’interno di Cominciamo Bene, parleremo di uomini dello Stato e di memoria. Ricordando una tragedia che il 2 aprile del 1985 sconvolse la coscienza di ognuno di noi. In un attentato a Pizzolungo, una località di Trapani, la mafia attentò alla vita di Carlo Palermo, Procuratore aggiunto della città siciliana. Il magistrato si salvò ma morì Barbara Asta e i suoi due gemelli di 6 anni, Salvatore e Giuseppe. Vittime innocenti di una mafia vile. In studio ci sarà Margherita Asta e il giornalista siciliano Rino Giacalone. In collegamento da Trento Carlo Palermo. Quella tragedia, insieme ai tanti magistrati uccisi dalle mafie rischia di rappresentare un buco nella memoria.
Rosario Livatino, Rocco Chinnici, Antonino Scopelliti, Cesare Terranova, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Agostino Palma, Pietro Scaglione, Francesco Ferlaino, Francesco Coco, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma, Girolamo Tartaglione, Fedele Calvosa, Francesca Morvillo, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Mario Amato, Gaetano Costa, Gian Giacomo Ciaccio Montalto, Bruno Caccia, Alberto Giacomelli, Antonino Saetta, Luigi Daga. Insieme a loro gli uomini della scorta.
Cosa resta del loro ricordo? Quanto si dimenticano in fretta le loro storie? Come potevano essere evitate quelle morti? L’attentato di Trapani a Carlo Palermo diventa un luogo corale di memoria, per ricordare tutti loro e, forse, anche per segnalare come oggi nei confronti dei servitori dello Stato, nei confronti della Magistratura, vi siano pericolosi attacchi concentrici che rischiano di isolare chi, nel silenzio del proprio lavoro, prosegue la lotta contro la criminalità mafiosa, oggi probabilmente più forte di allora anche se, all’apparenza, meno violenta.
La storia di Pizzolungo l’ho respirata da vicino, grazie agli amici di Libera Trapani e ai colleghi giornalisti che in quel territorio, dove ancora oggi si respira la cappa mafiosa, lavorano quotidianamente troppo soli e troppo spesso isolati. Ci sono stato più volte in quella grande e stupenda terra, ultimamente qualche mese fa, per il premio intitolato a Mauro Rostagno. E la troupe di Brontolo c’è stata anche qualche giorno fa, con Adorno Corradini. E quelle telecamere hanno fatto un po’ di scalpore. In una realtà dove la parola omertà conserva un forte significato, qualcuno ha subito notato la presenza della nostra troupe. Silenzi e controlli, per comprendere che cosa “eravamo andati a cercare”. Trapani resta quel luogo dove un sindaco denuncia un giornalista come Rino Giacalone che fa il suo lavoro. E forse quel che si disse nel 1985, subito dopo l’attentato da parte di alcuni politici – la mafia non esiste –, è un aspetto culturale difficile ancora da superare.
Noi parliamo di Pizzolungo, della storia di Carlo Palermo e di Margherita Asta perché amiamo quella terra, e vorremmo che si liberasse, giorno dopo giorno, dagli intrighi e dalle violenze mafiose. Violenze culturali, economiche, in parte anche politiche che hanno contraddistinto la storia di quella provincia. La mafia c’è, esiste, ma non si vede. Oggi più che mai. E vale sempre la descrizione che della mafia mi fece in un viaggio notturno da Palermo a Trapani Alberto Spampinato, il cui fratello, Giovanni, giornalista come noi, venne ammazzato proprio da quella violenza.
Ogni chilometro di quella strada che da Palermo porta a Trapani è fatto di località e Comuni che si ricordano non per la bellezza del mare o per gli aspetti storico artistici, ma per il nome delle famiglie mafiose e per le faide e gli attentati. Da Palermo, passando per Capaci sino a Trapani, Alberto mi disse: “Vedi Giorgio, la mafia non si vede. E’ come la corrente elettrica. La senti solo quando la tocchi direttamente”.
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