Mia sorella, Emanuela, al fianco del Generale dalla Chiesa fino al sacrificio estremo
Pubblichiamo il testo dell’intervento pronunciato nel corso della cerimonia per lo scoprimento della targa dedicata a Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo (in piazza Diaz), Milano 05/09/2022
Buongiorno a tutti.
Grazie a tutti i cittadini che con la loro presenza testimoniano l’importanza di questa giornata, ai rappresentanti d’arma ed alle sorelle volontarie della Croce Rossa Italiana che ci hanno fedelmente accompagnato in queste giornate di memoria.
Desidero poi ringraziare l’Amministrazione Comunale di Milano, l’Arma dei Carabinieri e Libera che tanto si sono spesi perché il ricordo di Emanuela e dell’agente di Polizia di Stato Domenico Russo fossero uniti in questo quarantesimo anniversario della strage di via Carini a quello del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa.
Oggi questa targa, che è giunta forse un poco in ritardo, colma un vuoto di ricordo e di memoria.
Di Emanuela vorrei ricordare ciò che ha donato a suo marito nei pochissimi giorni che trascorsero assieme: la sua freschezza, la sua tenerezza, l’amore, la passione, l’ammirazione, l’entusiasmo, la serenità e la gioia, il sostegno affettuoso che seppe dargli in uno dei momenti più difficili della vita di Carlo Alberto.
Tuttavia oggi desidero ricordare anche un’altra donna, che ha condiviso con Emanuela lo stesso drammatico esito esistenziale, forse meno eclatante da un punto di vista mediatico, ma che fu fondamentale per la vita di Carlo Alberto.
Questa donna che ha condiviso col Generale più di trenta anni di vita, che gli ha dato tre figli, che ha dato alla luce il primogenito maschio nel 1949, che il padre poté vedere solo sei mesi più tardi: Dora, che ha allevato i suoi figli in mezzo a tante difficoltà logistiche, che ne ha seguiti gli studi, la crescita, l’educazione; che ha colmato i suoi quaderni di economia domestica annotando meticolosamente le spese per far quadrare il magro bilancio familiare; che ha mediato tra il padre autorevole, ma anche piuttosto rigido, ed i suoi figli in quegli anni ’60, che diversi tra noi ricordano, quando non era facile tenere testa a due giovani donne alla ricerca della propria identità e dei propri spazi, ed a Nando che contestava. E che negli anni ’70, quando il piombo ha troncato innumerevoli vite di servitori dello Stato, ha vissuto trepidando ogni giorno.
Ho riletto recentemente le poche pagine del diario di Emanuela, che cominciano il giorno dopo il suo matrimonio, e vi ho trovato uno scritto che illustra la sua trepidazione per l’allontanamento di un giorno, improvviso, di Carlo per doveri istituzionali.
Ebbene, ho provato ad immaginare di moltiplicare quella preoccupazione e lontananza per centinaia di giorni e di notti, quelle che Dora ha vissuto in solitudine, mentre Carlo Alberto dalla Chiesa, i suoi uomini e l’Arma combattevano quotidianamente la battaglia in difesa delle istituzioni democratiche contro il terrorismo.
A loro dobbiamo il privilegio di poter vivere ancora oggi in uno Stato democratico. Ma questa guerra ha voluto i suoi morti e tra di essi anche quelli silenziosi, passati per lo più in sordina, e Dora fu certo tra questi. Due vite, diverse, ma unite dal medesimo destino, entrambe sacrificate alla ragione di vita del loro marito, al suo ruolo, ai suoi difficili compiti.
Questa donna non ha lapidi o targhe che la ricordino, ma oggi vorrei scolpire il suo ricordo ed il suo nome nei vostri cuori, a legare in un solo abbraccio due donne così diverse eppure così simili.
Sono trascorsi 40 anni da quel 3 settembre e non sono stati anni facili, anche tra le nostre famiglie. E non è un caso che ancora una volta sia stata una donna a tessere rapporti d’affetto e costruire ponti di vicinanza.
La sua sottile ironia, coniugata nei suoi splendidi occhi con quel tanto di irrequietezza che l’ha caratterizzata, ci ha permesso di riannodare rapporti sfilacciati e costruire momenti d’affettuosa condivisione.
Tutto ciò lo dobbiamo ad Emilia, colonna portante della vita di Nando, un’altra donna fondamentale, che assieme ad Emanuela e Dora ha saputo donare a Carlo Alberto dalla Chiesa momenti di gioia, serenità ed affettuosa vicinanza di cui Carlo ebbe spesso così tanto bisogno.
Grazie.
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Milano 3/9: “La speranza degli onesti” a 40 anni dalla strage di via Carini
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