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Torre Annunziata, le trasformazioni della camorra

Di Luigi Spera il . Campania

Come la migliore delle aziende in crisi, per battere cassa ed evitare il tracollo, la camorra cambia pelle, cerca soluzioni alternative e, a volte, scende a compromessi con se stessa per rimanere a galla. Quello che viene fuori dell’operazione “Garibaldi” è proprio questo. A Torre le cose sono cambiate in poco tempo. Fino a poco più di un anno fa, la città era saldamente nelle mani della camorra. La città di non più di 46mila abitanti era divenuta un centro di smistamento di droga al minuto e a livello di ingrosso, da far quasi concorrenza alle storiche piazze di Scampia e Secondigliano. Il traffico di droga veniva gestito, su un territorio diviso al centimetro dai due storici clan che dal finire degli anni ’70 tra alti e bassi, hanno sempre occupato militarmente la città. L’acume imprenditoriale dei vertici del clan Gionta e la risposta dello Stato sempre debole e mai puntuale, aveva spinto ad aprire una piazza di spaccio addirittura sul corso principale della città. Cose da città sudamericane. Davvero troppo vedere persone in fila per la droga, ostacolare il traffico dei cittadini che avevano la sola colpa di voler attraversare la via cittadina più importante, e costretti ad attendere che terminasse lo spaccio. Considerando che all’interno dei rioni e dei quartieri era diventato difficile anche passare, senza essere intercettato da ‘vedette’ e uomini dei clan. Da quell’apice in negativo, lo Stato ha ripreso il controllo in una città i cui clan, dopo aver imperversato, sono stati spazzati via da una serie di indagini di polizia giudiziaria. Nonostante ciò, nonostante in particolare il clan Gionta sia stato praticamente decapitato, non è stato annientato. E così ora a tenere le redini in mano sono quei ragazzini di 17 e 18 anni, figli e nipoti dei vecchi boss ora in carcere. Ragazzi cresciuti in un ambiente che li ha segnati e li mette ora nella posizione di guidare la cosca e di chiedere il pizzo ai negozianti. C’è infatti anche un minorenne tra gli arrestati di ieri. Giovani che però hanno dalla loro la violenza, e alle loro spalle l’organizzazione criminale, e che per questo fanno paura. Incutono timore e spingono le vittime a pagare in silenzio. 

A Torre il pizzo c’è sempre stato e non è mai dimunito neanche quando in città, tra le decine di piazze della droga scorrevano milioni e milioni di euro. Ora però con la città militarizzata è impossibile riproporre lo spaccio che si era conosciuto. Gli introiti calano, gli arresti aumentano e restano da pagare avvocati per centinaia di affiliati, e stipendi per decine e decine di famiglie di affiliati in cella che avevano come unico sostentamento i traffici del clan. E così i clan tornano a tempestare gli imprenditori. I Gionta continuano ad avere il controllo del territorio, così come dimostrato, oltre che dagli arresti anche dal fatto che le cose nella roccaforte del clan, Palazzo Fienga, non sono cambiate. I carabinieri che ieri sono stati impegnati nelle perquisizioni e negli arresti hanno trovato telecamere a circuito chiuso, nascondigli ricavati nelle pareti, dietro armadi e frigoriferi, e disegnate su muri o riprodotte in foto le immagini della Madonna della Neve con Gesù bambino, la Vergine venerata a Torre Annunziata. Nel Quadrilatero delle carceri, una zona nella quale i Gionta da oltre 30 anni esercitano un controllo fortissimo, a difesa delle case dei boss sono stati scoperti sofisticati circuiti di videoripresa per prevenire ed eventualmente rallentare eventuali incursioni delle forze dell’ordine. Sistemi che a ogni blitz vengono smantellati e che puntualmente ricompaiono. E poi i cunicoli e le botole ricavate nelle intercapedini erano state realizzate in più punti per agevolare la latitanza di ricercati, una vecchia storia. All’appello ne manca attualmente solo uno Umberto Onda, primula rossa introvabile da ormai molti anni, unico boss ancora in circolazione.

 Quanto al clan Gallo-Cavalieri, fino a questo momento, è stato colpito molto meno dall’azione di forze dell’ordine e magistratura. Ne è testimonianza il fatto che tra i tre arrestati figuri Calabrese, figura di vertice del clan. Anche lui finì nel mirino dei killer del gruppo avverso che lo ferirono a colpi di pistola mentre era sul balcone di casa. Nonostante i ras siano fuori, anche i Cavalieri hanno le stesse difficoltà di sbocco per i traffici di droga e il pizzo torna a essere la prima fonte di sostentamento per il gruppo. Quando lo Stato sarà in grado di prosciugare il potere dei clan che tanta paura incute?

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