Le inutili, costose spese nel controllo dell’immigrazione clandestina
Rabbia, indignazione e profonda tristezza, sono questi i sentimenti che si provano leggendo delle ultime tragedie con decine di morti di migranti, almeno 22 i “dispersi” nel naufragio di un gommone sgonfiato nel Mediterraneo centrale e una cinquantina quelli morti oltre a dieci feriti tra cui quattro bambini, asfissiati, a bordo di un camion abbandonato a San Antonio nel Texas.
Vanno ad aggiungersi alle migliaia di migranti che hanno perso la vita nei tentativi di attraversamento del mare nel corso degli anni e a quelli che hanno provato a superare il confine del Messico con gli Usa nascosti negli autocarri o cercando di superare, a piedi, il deserto, provenienti dai paesi del centro America.
Inutili le notevoli spese affrontate nel corso degli anni dai vari paesi, europei ed extraeuropei, nella illusione di arginare i flussi migratori costruendo muri ai confini, schierando militari o impiantando sistemi satellitari (Eurosur) che potessero monitorare e magari scoraggiare le partenze di barconi dalle coste africane, in particolare tunisine, algerine, libiche.
Alle autorità libiche, poi, i governi italiani da una ventina di anni a questa parte, hanno consegnato denaro e mezzi (motovedette alla guardia costiera, equipaggiamenti vari, corsi di formazione professionale) in gran quantità per centinaia di milioni di euro, senza contare incontri ministeriali, al massimo livello, con i vari capi tribù che in Libia controllano il traffico dei migranti e che si pensava (una pia illusione) potessero in qualche modo, dietro compenso, limitare i flussi migratori.
Niente di tutto questo e, quindi, siamo al solito ritornello di ogni estate con l’aumento scontato di arrivi e soccorsi in mare di gente disperata (26.692 soccorsi/ sbarcati al 28 giugno contro i 19.893 dello stesso periodo del 2020, in prevalenza bengalesi, egiziani e tunisini, di cui 3.004 minori non accompagnati).
Una situazione che riguarda anche altri paesi al confine con l’UE, come la Bielorussia, o membri dell’UE come la Lituania, la Polonia e la Lettonia. A questi ultimi tre paesi, la Commissione europea ha destinato, nel mese di giugno, ben 185 milioni di euro per intensificare l’azione di controllo ai confini senza contare l’invio in missione, in Lituania di 60 esperti dell’EUAA (Agenzia europea per l’asilo) che vanno ad aggiungersi ai 74 ufficiali, ai 6 operativi in Lettonia e ai 10 in Polonia dell’agenzia Frontex.
La stessa agenzia ha supportato il rimpatrio volontario di 600 stranieri dalla Lituania nei loro paesi di origine garantendo, per 15 stranieri, il rimpatrio obbligatorio con scorta; per la Polonia il rimpatrio ha riguardato 469 stranieri di cui 50 “scortati” e per la Lettonia 15 rimpatriati.
Si tratta, come è intuibile, di impegni finanziari notevoli che, tuttavia, producono risultati modesti guardando alla situazione generale dei flussi migratori che non si arrestano certamente con politiche di respingimento o costruendo barriere fisiche ai confini come in Polonia che ne ha terminato, al 16 giugno scorso, ben 150km al confine con la Bielorussia. Stessa situazione al confine della Lettonia con la Bielorussia con l’ultimazione di una barriera di 64 chilometri.
Relativamente al traffico di migranti si sono rilevati casi di ingressi irregolari nell’UE tramite la Bielorussia con “facilitatori” di nazionalità ucraina, uzbeka, polacca e georgiana.
Alcune di queste nazionalità, in particolare polacca, russa, ucraina, sono state registrate anche tra gli “scafisti” arrestati in Italia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nel corso degli ultimi anni dopo gli sbarchi lungo le coste calabre e pugliesi.
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La criminalità nazionale e straniera nel business del traffico di migranti
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