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Le mafie al nord non fanno notizia

Di Norma Ferrara il . Lombardia

Milano da vedere, da conoscere, da informare. Milano per la legalità e contro le mafie, e per una informazione libera. 150 mila persone sono arrivate in piazza Duomo da tutta Italia anche per ragionare, nel pomeriggio della Giornata dedicata alla memoria e all’impegno, su informazione, giustizia, corruzione, formazione, ecomafie, narcotraffico. E’ il Circolo della Stampa di Milano ad ospitare l’appuntamento pomeridiano del 20 marzo su informazione e mafie dal titolo, “le mafie al nord non fanno notizia”. Un seminario voluto e promosso dalla Fondazione Libera informazione e dall’associazione Articolo 21 per affrontare apertamente i silenzi dei media sulle organizzazioni criminali in Lombardia, le difficoltà e i meriti. Hanno preso parte al dibattito, in una sala gremita di persone, il portavoce di Articolo21, Giuseppe Giulietti, il giornalista Gianni Barbacetto, il presidente dell’ordinde dei giornalisti della Lombardia, Letizia Gonzales, il presidente della Fnsi, Roberto Natale e il giornalista Rai, Loris Mazzetti, coordinati dal presidente della Fondazione Libera informazione, Roberto Morrione. 

La libertà di informare

“Nel Paese è in atto un’ offensiva contro controllo democratico del potere – dichiara Morrione nel suo intervento iniziale. C’è a rischio buona parte della Costituzione, e certamente, l ‘Articolo21 che garantisce il diritto di informare e di essere informati. All’interno di questo quadro nazionale c’è una disattenzione, una non curanza di parte  dell’informazione, specie televisiva, nei confronti dell’ingresso delle mafie nelle regioni del nord”. Parole che trovano subito conferma nell’intervento di Letizia Gonzales, dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia. Gonzales fa i nomi e i cognomi dei giornalisti che in questi anni sono stati nel mirino della censura, per aver raccontato qualcosa in più, per aver fotografato immagini scomode. Molti di loro, spesso, hanno anche rischiato personalmente nello svolgimento delle loro attività. “In Lombardia subiamo intimidazioni quando cerchiamo di fare al meglio il nostro lavoro – ha inoltre aggiunto Gonzales”. Un’analisi che non ti aspetti da uno degli ordini di categoria che, ad una prima occhiata, non sembra trovarsi in quelle che vengono considerate “aree sensibili” alla pressione delle mafie e del sistema di silenzi e censure (spesso autocensure) che ad esso si accompagna.

Il Servizio pubblico

Informazione in Lombardia, è anche Servizio pubblico. Al dibattito in compagnia di Loris Mazzetti, per molti anni al fianco di  Enzo Biagi, scopriamo anche quando sottile sia il confine delle libertà d’informazione. Mazzetti è stato di recente sospeso dalla Rai per aver raccontato pubblicamente in un articolo pubblicato su “Il Fatto” episodi in seguito emersi dalle indagini della procura di Trani e che hanno coinvolto il presidente del Consiglio, Agcom e Rai. “Io partirei proprio da questa giornata  – dichiara Mazzetti – da cosa oggi il servizio pubblico ha raccontato di questo parte di Paese, di voi. Eccetto un servizio sulla terza Rete, per il resto, la prima testata giornalistica della Rai, il Tg1, nella sua prima edizione, non ha neppure dato la notizia” (cosa che ha fatto solo nell’edizione della sera, in una brevissima in coda al Tg).  “C’è bisogno – sottolinea Mazzetti – che i temi della criminalità organizzata vengano illuminati sempre, al di là della strage, serve una luce accesa quotidianamente e questo dovete esigerlo anche voi cittadini”. Un ruolo fondamentale quello dell’opinione pubblica, sottolineato più volte anche dagli altri relatori e da Roberto Morrione, che ha inoltre precisato che: “siamo in un Paese, in cui cifre fornite da Istat e Censis, concordano su un dato che riguarda direttamente l’opinione pubblica. L’80% di loro ha informazioni quasi intermente dal mezzo televisivo”. Da qui l’importanza del rapporto fra il Servizio pubblico, la politica e l’opinione pubblica.  Un lavoro da sempre al centro dell’associazione che si batte per la libertà d’espressione nel Paese, Articolo21 “Da qualche settimana stiamo lanciando una campagna  che vorrei riproporre qui da questa piazza di Milano – dichiara il portavoce Giuseppe Giulietti – “Ti illumino di più”. Fatti come quelli delle mafie al nord, infatti, sono quotidianamente dimenticati, disattesi o nel peggiore dei casi, ignorati, dalla grande stampa nazionale. Questo mette a rischio i cronisti locali e non informa adeguatamente i cittadini. Questo vale – commenta Giulietti – per tutti i grandi temi sociali dimenticati nel Paese, dalla sicurezza del lavoro, alla giustizia, alla lotta alle mafie”.

Le mafie al nord non fanno notizia …

E’ Roberto Natale della Fnsi a dichiarare, per primo,  che: “di molti dei nomi contenuti nel dossier di Liberainformazione, Narcomafie e Libera oggi qui distribuito a tutti voi (Ombre nella nebbia, un dossier sulle mafie in Lombardia) devo ammettere di non conoscerli. Non so; eppure sono un giornalista, mediamente informato sui fatti – dichiara Natale”. Cosi il presidente nazionale del sindacato dei giornalisti invita ad ammettere che qualcosa non sta funzionando come dovrebbe rispetto al tema della criminalità al nord. E non solo, il presidente,  ricorda che il prossimo ddl intercettazioni, in approvazione al senato dopo le elezioni, darà un duro colpo a tutto il sistema che fin ora ha garantito, per lo meno, che alcuni giornalisti potessero informare una parte dei cittadini e che la magistratura potesse portare avanti, efficacemente, indagini su reati finanziari, soprattutto, correlati con riciclaggio e altri fatti criminali – mafiosi.  Una cronaca che ha seguito da vicino, da anni, l’instancabile giornalista Gianni Barbacetto, da anni impegnato a cercare da vedere in questa fitta nebbia di apparente neutralità, i colletti bianchi e la mano armata delle mafie nella regione. Un lavoro difficile, che costa fatica, attenzione e isolamenti, anche a Milano.  “Una delle differenze fra fare il giornalista qui o al sud, in relazione a questi temi è – dichiara Barbacetto – che al sud è oramai dichiarata la presenza delle mafie, mentre qui no”. Come a dire, qui i giornalisti rischiano tanto, raccontano di indagini che hanno spesso radici criminali altrove, e quando lo fanno, per i più, vengono considerati narratori di  “fenomeni sommersi  o invisibili, comunque, largamente ignoti”. Eppure sebbene siano invisibili, ci racconta Barbacetto, le mafie qui ci sono e come. Sono arrivate negli anni ’70 e non se ne sono mai andate. Sono cresciute, hanno diversificato interventi e infiltrato anche il territorio. Qui le armi fanno fuoco, persino.  “Un sindacalista – racconta Barbacetto – è stato malmenato poco tempo fa per aver fatto normale attività sindacale dentro un’azienda riconducibile ai clan”. Da poco, su “Il Fatto” inoltre il giornalista ha raccontato la storia della Kreiamo, una società diventata braccio finanziario di una cosca calabrese, la Papalia – Barbaro di Platì, radicata nel milanese, a Buccinasco. “Questa inchiesta,che parla di ‘ndrangheta, di affari e di politica ai vertici governativi,  deve far riflettere soprattutto su un dato – commenta il giornalista: quanti gradi di separazione ci sono oggi fra un politico e un boss mafioso?”. A giudicare dalle inchieste degli ultimi anni, pochi. Ma se da un lato questi due mondi sembrano, incredibilmente, diventati cosi vicini, dall’altro quello dell’informazione e dei cittadini, si sta sempre più saldando, nell’interesse della democrazia, tutta.

Memoria e impegno

Questo è un Paese
in cui in trent’anni sono morti 11 giornalisti per mano delle mafie  – ricorda Spampinato dell’Osservatorio della Fnsi sui cronisti minacciati. “Ci sono oggi 200 giornalisti che non sono liberi di fare il proprio mestiere e molti altri che sono disarmati di fronte alle mafie, spesso isolati. Ma c’è anche  un nuovo rinnovato impegno da parte di tutti”.
A partire dalla memoria di chi non c’è più e manca a questo mestiere e ai suoi lettori.  20 marzo 1994, oggi ricordiamo due di queste voci spente dell’informazione per mano delle mafie internazionali che gestiscono traffici illeciti. A Mogadiscio, Ilaria Alpi (Tg3) e l’operatore Miran Krovatin vengono uccisi in un agguato a Mogadiscio per aver scelto di rispettare questo mestiere e i cittadini, sino in fondo.

 

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Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

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