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Marcello Orazio Sultano, l’imprenditore del clan

Di Rosario Cauchi il . Sicilia

Strada statale 122, contrada Pantuso-Capodarso, territorio di Enna: un uomo sospeso a diversi metri di distanza dal suolo, arroccato sul bordo di un traliccio collocato all’interno di un grande sito produttivo destinato alla realizzazione di materiale bituminoso, quello, tanto per intenderci, essenziale per la realizzazione di strade ed infrastrutture viarie. Si tratterà dell’ennesimo lavoratore in difficoltà economica o, addirittura, destinatario di una lettera di licenziamento, presenza costante in una regione depressa e, secondo molti, senza speranza?

Niente affatto, gli agenti immediatamente intervenuti sul posto si trovano ad affrontare le urla, inframmezzate da svariate richieste di incontri, provenienti dall’alto ed emesse da Marcello Orazio Sultano; non un operaio in bilico, bensì il responsabile dell’intero stabilimento nonché amministratore della “Sultano Lavori srl”, entità economica con piena disponibilità dell’area produttiva. Era il 4 novembre di due anni fa, Marcello Orazio Sultano, solo omonimo di uno dei principali leader della stidda gelese, tra i più prolifici collaboratori di giustizia a disposizione dei magistrati nisseni, protestava, a modo suo, minacciando il lancio nel vuoto, avverso il provvedimento di sequestro del personale patrimonio societario, disposto dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Caltanissetta su input della locale Direzione investigativa antimafia.

L’accusa? Operare alla stregua di vero e proprio paravento del clan Madonia-Rinzivillo, pervasivo e mai domo gruppo criminale, da decenni attivo sul territorio, grazie, peraltro, alla solida alleanza stretta con la famiglia Emmanuello, già presente in provincia di Enna: come dimostrato dalla scoperta del nascondiglio utilizzato dal leader di quest’ultima, Daniele Emmanuello, latitante di lungo corso, perlomeno fino al 3 dicembre 2007, data della sua morte cagionata da un conflitto a fuoco esploso durante il blitz condotto dagli investigatori presso le campagne di Villapriolo, zona rurale idonea ad occultare la presenza di un pezzo da novanta della mafia gelese.

Marcello Orazio Sultano, quella mattina di novembre, decise di recedere dall’estremo gesto, inutile ai fini dei successivi esiti; tre giorni fa, mercoledì 17 marzo, infatti, il decreto di confisca della “Sultano Lavori srl”, con sede in contrada Pantuso-Capodarso ad Enna, di una quota pari al 20% nella “Nuova Montaggi srl” di Sannazzaro Dè Burgundi in provincia di Pavia, e di due imprese individuali, ubicate proprio entro il territorio del comune natio, Gela, è giunto, inesorabile, nelle mani dell’imprenditore, sancendo la definitiva dipartita di un capitale complessivo fissato in 9,5 milioni di euro e di un fatturato annuo non inferiore ad un milione di euro.

Sultano, attraverso la sua più prolifica creatura, la “Sultano Lavori srl”, ha praticamente dominato il mercato dei bitumi e delle costruzioni viarie nelle province di Caltanissetta ed Enna, adottando, però, “un metodo mafioso”, finalizzato ad intimidire la concorrenza, rimasta ai margini del grande business, pubblico e privato, per oltre un decennio. Forniture e subforniture erano, oramai, divenute la specialità prima della casa. La storia di questo discusso imprenditore, del resto, si è spesso intrecciata a quella di figure di spicco della criminalità gelese: era il 2002 quando venne individuato ed arrestato, insieme a Salvatore Burgio e Maurizio Angelo Moscato, in quella fase storica latitanti della cosca retta da Giuseppe Madonia, all’interno di un immobile rurale ubicato nelle campagne di Serradifalco, tre mesi di detenzione e, poi, nuovamente in libertà; a distanza di due anni, però, venne nuovamente incrociato dagli inquirenti, impegnati nell’organizzazione del blitz “Itaca-Bobcat”, destinato a recedere talune, vitali, radici della famiglia mafiosa di Caltanissetta, fra le quali Angelo Palermo, ritenuto reggente del gruppo: dichiarato colpevole del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, non scampò alla detenzione.

L’altalenante andamento delle sorti professionali di Marcello Sultano viene inequivocabilmente testimoniato anche da fonti tutt’altro che sospette; la “Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana”, n. 53 di venerdì 10 dicembre 2004, infatti, pubblicava il decreto, emanato dal dirigente responsabile del dipartimento regionale territorio e ambiente, di revoca dell’autorizzazione all’emissione in atmosfera da parte dello stabilimento di contrada Capodarso, anticipando di qualche settimana l’operazione “Itaca-BobCat”; provvedimento, al contrario, nuovamente concesso all’azienda due anni dopo, come ribadito dal testo della Gurs n. 35 del 21 luglio 2006.

Che qualcosa non fosse esattamente in regola nell’organizzazione societaria del gruppo Sultano lo aveva capito anche il responsabile di una gara d’appalto bandita dal comune di Priolo Gargallo: il direttore tecnico della “Sultano Lavori srl”, infatti, ometteva di indicare le eventuali condanne riportate, come, invece, richiesto dal disciplinare di gara. Gli orizzonti progettuali definiti dalla strategia di lavoro di quest’inesauribile operatore economico, lo condussero a non limitarsi ad un’azione di carattere meramente locale, espandendo il raggio d’analisi dei profitti verso la Lombardia: dando vita, così, ad una joint-venture, confluita ne “La Nuova Montaggi srl”, tutelata da una sorta di “universale protezione”, quella offerta dalla famiglia Rinzivillo, da decenni radicatasi all’interno del perimetro della provincia pavese.

Non a caso questa nuova società, attiva nel settore edile e della carpenteria, ha istituito sede legale nel comune di Sannazzaro Dè Burgundi, disponendo di magazzini anche a Pieve del Cairo; già Rossano Battaglia e Crocifisso Rinzivillo, membri del clan di cosa nostra gelese  residenti in Lombardia, nel corso di alcune “chiacchierate” telefoniche, intercettate dagli inquirenti, si riferivano, diffusamente, a lavori da “prendere” in provincia di Pavia, uno dei quali “molto grosso”, disponibile, “praticamente chiavi in mano”: tutto questo presupponendo l’utilizzo di persone giuridiche create appositamente, allo scopo di intercettare i proventi generati da estorsioni e traffico di stupefacenti, ricoprendoli sotto lo  scudo di “imprese pulite”.

Sicilia e Lombardia, dunque, unite dalle mire di un gruppo criminale divenuto, oramai da parecchi anni, abile investitore, non più legato al mero mercato illegale, ma in grado di ben riciclarsi anche in quello, solo apparentemente, legale. Il gruppo Madonia-Rinzivillo, al pari di altri, non voleva farsi scappare alcuna occasione di investimento e relativo guadagno, decidendo di puntare forte su Marcello Orazio Sultano.
 

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