La distanza e la ricerca di un’inchiesta
A un mese dalla notizia del premio tanto è stato fatto, ma molto di più è ancora da fare. Io in questo mese ho lavato i piatti sempre, (più o meno) tutto è cominciato da: non ci sceglieranno mai. E invece ci hanno scelto. Eccoli, lo stupore, l’euforia, poi la gratitudine. E poi – subito dopo – è arrivata la paura: e ora? Sì, il progetto è ambizioso, non lo sarà troppo? Saremo all’altezza?
I miei compagni lo sono, ho piena fiducia, ma io? Io non mi sento all’altezza, la fiducia che ripongo nei miei colleghi non è la stessa che ripongo in me. Ma il Premio l’ha avuta anche in Priscilla e non posso deludere nessuno. Né Francesco, che è anche compagno di vita. Né Ludovica, che è anche amica da una vita. La verità è che non sono abituata al fatto che qualcuno creda in me, creda a un’idea che è nata anche dalla mia testa, dal mio cuore, dai miei sogni. È la prima volta che si presenta un’occasione del genere, che qualcuno che con un invito in Rai mi dica: fallo, ce la puoi fare, credo in te. E sono così grandi le ambizioni, così forti le emozioni, che proporzionale è anche la paura di non farcela, di sbagliare. Ma tutto questo non deve paralizzarmi. Se dovessi usare una parola per descrivere questo mese direi studio.
Ricerca, approfondimento. Non è facile, tra il lavoro e il tempo libero dedicare spazio all’inchiesta. Ma piano piano la passione sta trasformando il progetto in quotidianità, sappiamo che il tempo passa, l’ansia sale – poi arriva la tutor a riportarci con i piedi per terra e dirci: tranquilli, c’è ancora tempo, va bene studiare, ma tenete a mente che tutto ciò andrà trasformato in un video.
La distanza
Un buongiorno di gruppo su WhatsApp, la divisione dei compiti durante le settimane e gli aggiornamenti costanti su articoli, ricerche, inchieste, approfondimenti. L’utilizzo degli strumenti tecnologici più basilari, dalla messaggistica istantanea alle e-mail, per noi si sta rivelando un salvagente indispensabile. L’ambiziosa inchiesta nella quale abbiamo deciso di immergerci richiede un coordinamento di gruppo non indifferente. A maggior ragione se il lavoro inizia a distanza, dato che al momento io mi trovo in Spagna in ricerca tesi e con Priscilla e Francesco ci coordiniamo da Roma. Le domande e i dubbi aumentano quotidianamente: le risposte sono ancora lontane.
Italiano, inglese, cinese. Le lingue si moltiplicano settimanalmente, portandoci a scoprire il lavoro di incredibili colleghi mossi dalla nostra stessa passione e facendoci sentire parte di una grande famiglia. Le email che stiamo inviando per reperire più contatti possibili, la grande documentazione accumulata e l’intera orchestra sulla quale si basa la nostra ricerca investigativa ci fanno interrogare sul tipo di giornalismo che vogliamo portare avanti: quello più preciso e schietto possibile. Siamo in alto mare e desideriamo poter arrivare in terre lontane, probabilmente ancora troppo lontane. Ma vogliamo far arrivare questi luoghi il più vicino possibile a noi e agli altri. Sappiamo di potercela fare e ci stiamo credendo. Nella speranza di portare alla luce l’agognata verità che ci fa interrogare per l’ennesima volta su quanto sia difficile capire come funziona il mondo.
La ricerca
Mettersi a lavorare su un progetto simile quando si è impegnati con un lavoro full time e le altre mille cose del quotidiano è faticoso e stressante e a volte passano giorni senza che venga fuori niente di nuovo. Ma non c’è secondo in cui io dubiti. Le ricerche stanno andando molto bene, molte persone si sono dimostrate disponibili e ci hanno confermato che siamo sulla buona strada e che il taglio che vogliamo dare al lavoro è vincente.
Organizzare le interviste è uno scoglio visti gli impegni individuali e il poco tempo a disposizione, ma ognuno sta portando il proprio mattoncino per raggiungere l’obiettivo. È un costante mettersi in gioco, più studi più ti rendi conto di non sapere, l’orgoglio deve essere ridotto al minimo per remare tutti nella stessa direzione. E quindi oltre alla ricerca sul tema dell’inchiesta, ti rendi conto di quanto sia necessario studiare, avere pazienza (dote che non ho e per cui Priscilla si arrabbia sempre) e di quanto il giornalismo richieda costante impegno e serietà. Cosa non facile nei momenti in cui vorresti solo svaccare, rilassarti e concederti qualche distrazione. Come oggi, quando al laghetto dell’EUR mi sono messo a leggere un libro sull’Osint nella speranza di migliorare la ricerca, ma avrei voluto solo sbaciucchiare Priscilla sotto al sole. La povera Ludovica è scappata in Spagna forse anche per questo.
* Finalisti della 11a edizione del Premio Roberto Morrione
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