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La sconfitta delle mafie: un appuntamento rimandato

Di Simona Sgroia il . Sicilia

Un confronto a distanza da tre diverse città, Palermo, Torino e Milano. Un dibattito che ha coinvolto tre protagonisti della stagione più intensa della lotta alle mafie, Gian Carlo Caselli, Roberto Scarpinato, Gherardo Colombo. Una stessa battaglia non ancora vinta ma non ancora persa, quella contro le mafie. Da Palermo in compagnia del coordinatore della sede siciliana di Libera, Umberto di Maggio, l’analisi di Roberto Scarpinato, procuratore aggiunto a Palermo.

”La sconfitta delle mafie, un appuntamento rimandato”, è questo
l’incipit del discorso fatto da Umberto di Maggio, questo  l’invito
costante che deve essere ripetuto come una nenia, come  un
mantra. Ospite della serata il magistrato Scarpinato, che da lume ci ha
condotto agilmente in riflessioni rivelatrici sulla mafia tramite il
suo libro ”il ritorno del principe”. C’è un braccio armato , ci sono i
volti impresentabili di Riina, Provenzano, Lo Piccolo, e poi c’è la
borghesia mafiosa e presentabile che frequenta i salotti buoni e riesce
a piazzare i suoi uomini in Parlamento. Ma il potere è lo stesso, la
mano è la stessa.

La sconfitta delle mafie è una diretta webtv, andata in onda in contemporanea, grazie ad Arcoiris Tv, con le  sedi di Torino e Milano, dove il dibattito si è arricchito dei contributi di Gian Carlo Caselli e Gherardo Colombo.  In Sicilia la sede in cui si è svolta l’inziativa è stata quella della Bottega di Palermo, laboratorio di sapori e saperi della legalità. Dopo le botteghe di Roma e Napoli, è il terzo negozio in Italia a distribuire solo prodotti Libera Terra, provenienti dalle diverse realtà realizzate su terre liberate dalle mafie.  Una bottega che rafforza la rete già operante per costruire percorsi di legalità e rende evidente la passione e il coraggio dei ragazzi/e delle cooperative che hanno detto No alla mafia.  La bottega presenta novità importanti sotto il profilo strategico: fare impresa in modo limpido rende al territorio un esempio di buona pratica, capace di influenzare il piano educativo. La legge che regola la confisca dei beni oltre che rappresentare delle finalità pratiche, ha anche valore simbolico perché non soltanto permette di colpire le mafie nei loro interessi finanziari, ma permette di ridistribuire alla collettività ricchezze illegali, favorendo la costruzione di un tessuto sociale attivo, contro il potere e l’economia mafiosa.

“Il ritorno del principe” è il fulcro dell’analisi politica, sociale e storica della criminalità al potere, in altre parole del potere criminale in Italia. Questo libro, scritto da Saverio Lodato e Roberto Scarpinato (edito da Chiarelettere) è lucido e spietato nel tracciare lo speculum della classe dirigente italiana: sempre più tribù, sempre più oligarchica, sempre meno Paese. Il principe mantiene il suo potere con l’assenza di meritocrazie, togliendo l’informazione su indagini che vedono come protagonisti (antagonisti) i “colletti bianchi”.  Scarpinato parla, durante il dibattito,  dell’oscenità del potere, cui abbiamo assistito negli anni delle inchieste di Tangentopoli, cui abbiamo assistito nei processi di “mafiopoli” , la lotta alla mafia negli anni 90’, dove si è processato un ministro della Repubblica (Giulio Andreotti), un giudice di Cassazione (Carnevale) e un esponente dei servizi (‘u dutturi).

Non solo la mafia militare alla sbarra, ma anche i collusi con la mafia. E quando si stava mettendo in crisi tutto in sistema basato su equilibri, intoccabilità, quando si stavano toccando i colletti bianchi e non solo più la manovalanza militare (i vari Riina, i Brusca) ecco spiegata la violenta reazione della casta politica e no. Ecco allora le leggi sui pentiti, per ostacolare l’azione della magistratura, il ritorno all’indietro, la fine dei collaboratori di giustizia trattati peggio dei mafiosi che accusavano, i distinguo. S’iniziò a parlare di giustizialismo, di forcaioli, di voler affossare paese e politica.

 Il Principe, che governa l’Italia dalla sua Unità, ha una lunga storia alle spalle. Il pesce”fete ‘ra testa” e fin quando la testa (colletti bianchi alti borghesi) non sarà buttata, ci saranno mafia e superstitio. Conclude Scarpinato col dire che la mafia si sconfigge dando lavoro e dignità sociale, eliminando quella storia di servi e padroni, di società piramidale che abbia bisogno di qualcuno cui baciare le mani.

E’ necessario che il burattinaio che è il cervello borghese smetta di pantomimare l’opera dei pupi proletari dalla lupara in mano. E’ necessario agire fuori di noi direbbe Ficthe  e non chiuderci in retorismi fumosi. Restiamo amici dei ragazzi di strada ….   

Guarda il servizio del Tgr Piemonte sull’inziativa congiunta

* Corleone dialogos

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