Nei panni dei rifugiati?
Durante la visita di papa Francesco a Malta, si è consumato l’ennesimo terribile naufragio nel Mediterraneo con almeno 90 vittime. È il risultato di anni di indifferenza e disumanità da parte di un’Europa che continua a voltare le spalle a chi arriva dal mare.
Contemporaneamente fanno il giro del mondo le immagini di cadaveri di civili uccisi a Bucha in Ucraina. Altre vittime innocenti che suscitano parole di sdegno da parte di tutti.
Ma siamo sicuri che la guerra in Ucraina ci stia facendo veramente comprendere le ragioni di chi fugge? Oppure ci appare diversa dalle altre perché la sentiamo solo più vicina?
Siamo sicuri che questa terribile esperienza ci stia aiutando a metterci nei panni dei rifugiati, delle vittime? O invece i loro panni ci sembrano più veri perché chi li veste ci appare più simile a noi e alle nostre tradizioni?
Così come la pandemia nella sua drammaticità si è dimostrata anche l’occasione (purtroppo non colta) per rendersi conto che un mondo più equo è possibile, così il sangue versato in questa guerra non può e non deve alimentare politiche di riarmo in Europa, ma deve farci comprendere che la pace è possibile solo se il mondo si fa più giusto, ascoltando tutte le vittime di una guerra mondiale a pezzi.
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