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Mafia del Belice: in cella la nuova cupola

Di Rino Giacalone il . Sicilia



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Gli arrestati su
ordine del gip Morosini del Tribunale di Palermo che ha accolto la
richiesta firmata dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dal pm
Pierangelo Padova sono: 
 
AGATE Giovan Battista,
nato a Mazara del Vallo 19.7.1942, pluripregiudicato mafioso, 
fratello del più noto AGATE Mariano
BARRACO
Giuseppe
, nato a Marsala il 16.10.1937; 
FUNARI
Vincenzo
, nato a Gibellina il 24.02.1933;  
GENNARO
Giuseppe
, nato a Calatafimi il 26.06.1967; 
PERRONE
Melchiorre
, nato a Castelvetrano il 2.07.1964; 
ONORIO
Vincenzo Salvatore
, nato a Gibellina il 16.07.1954; 
RALLO
Antonino
, nato a Marsala il 7.12.1952, in atto detenuto per
associazione mafiosa; 
RALLO Vito Vincenzo, nato a
Marsala il 7.1.1960. 
 
Il blitz è scattato
all’alba ed ha visto impegnati circa 100 Carabinieri che hanno
operato contemporaneamente nelle località di Gibellina (TP), Mazara
del Vallo (TP), Marsala (TP), Calatafimi (TP) ed Avellino. 
 
Gli
arrestati sono a vario titolo ritenuti responsabili di: 
associazione
mafiosa
, per avere fatto parte di “cosa nostra”, partecipando
attivamente alle fasi deliberative, organizzative ed esecutive di
atti delittuosi finalizzati al perseguimento dei fini della predetta
organizzazione; 
estorsione aggravata, per avere in
concorso tra loro e con minaccia consistita nel rappresentare alla
persona offesa l’appartenenza all’associazione mafiosa “cosa
nostra” e con altri mezzi coercitivi, costretto in più occasioni e
dunque con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso un
imprenditore a versare la somma di 6000 euro l’anno, destinata alla
locale famiglia mafiosa; 
tentata estorsione aggravata,
per avere con minaccia consistita nel rappresentare alla persona
offesa l’appartenenza all’associazione mafiosa “cosa nostra”,
compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere il
titolare di una impresa edile a versare una somma imprecisata,
a titolo di “messa a posto”, destinata alla famiglia mafiosa di
Calatafimi per l’appalto di lavori.  
estorsione
aggravata
, per avere in concorso tra loro e con minaccia
consistita nel rappresentare alla persona offesa l’appartenenza
all’associazione mafiosa “cosa nostra”, costretto due
imprenditori a versare in relazione alla compravendita di un terreno
13000 euro per le esigenze delle famiglie mafiose di Mazara del Vallo
e Marsala. 
 
Il nome dell’operazione trae origine
proprio dai diversi danneggiamenti a mezzo incendio che sono stati
censiti e monitorati nel corso dell’inchiesta, sia tentati che
portati a termine, e che hanno richiamato alla memoria degli
inquirenti impegnati nelle indagini il famigerato imperatore Nerone,
appunto, tristemente noto per essere stato l’autore dell’incendio
di Roma in epoca classica.  
Le indagini condotte dai
carabinieri del reparto operativo provinciale comandato dal capitano
Antonello Parasiliti e che hanno preso avvio dalle investigazioni dei
carabinieri della Compagni di Castelvetrano hanno consentito di
accertare: 
l’interesse di “cosa nostra” per le
attività commerciali/imprenditoriali, specie se relative a lavori
d’appalto secondo rigidi criteri di “ripartizione territoriale”
che individuano la famiglia titolata ad avanzare le richieste
estorsive; 
l’imposizione alle predette ditte di manodopera
locale;  
l’ingerenza di “cosa nostra” trapanese in
attività diverse da quelle imprenditoriali, quali la compravendita
di terreni ed attività commerciali. 
Lo spunto è stato
tratto dagli investigatori dell’Arma da una precedente indagine
antimafia, conclusa nel maggio del 2005 (operazione Oriente) che
all’epoca porto all’arresto di 13 persone, tra cui lo stesso
FUNARI, nonché dai risultati delle indagini condotte a seguito di
alcuni danneggiamenti perpetrati in Gibellina 

È
stato, in tal modo, possibile documentare il ruolo di FUNARI
Vincenzo
, il capofamiglia di Gibellina, PERRONE
Melchiorre
e ONORIO Vincenzo Salvatore, indiziati di
appartenere alla medesima articolazione territoriale e fino ad oggi
praticamente sconosciuti.. Le indagini sono state condotte attraverso
un’imponente attività d’intercettazione di conversazioni
intercorse fra i protagonisti delle vicende oggetto d’indagine, le
quali hanno consentito di seguire, spesso in tempo reale, l’attività
delittuosa.  
Particolarmente interessanti le acquisizioni
relative alla necessità di reperire nuove “leve” da 
affiliare emersa dai colloqui del FUNARI con il PERRONE.
 
È emerso, inoltre, che lo stesso PERRONE, con la
complicità di un uomo d’onore di Calatafimi, GENNARO
Giuseppe
aveva materialmente richiesto il pagamento del “pizzo”
a varie ditte impegnate nell’esecuzione di appalti nella
giurisdizione, curando, allo scopo, un “censimento” e segnalando
al FUNARI i casi delle imprese che “non collaboravano”. In alcuni
casi il PERRONE è stato intercettato mentre chiedeva il permesso al
FUNARI per commettere dei danneggiamenti a carico delle imprese
recalcitranti (danneggiamenti poi effettivamente portati a
termine
). 
 
Le indagini poi hanno evitato che
venissero messi a segno degli omicidi. La figura di ONORIO
Vincenzo
assume particolare rilievo in quanto lo stesso si
sarebbe rivolto ad esponenti mafiosi palermitani per assoldare due
killer col compito di portare a termine due omicidi a danno di
soggetti di Gibellina, mai portati a termine (grazie i controlli
dell’Arma in zona, particolarmente intensificatisi proprio per la
conduzione di quest’indagine) i killer palermitani furono
però incaricati da ONORIO di commettere dei danneggiamenti ai danni
di due amministratori locali, rei di non avere assecondato a
Gibellina delle -non meglio precisate – mire di “cosa nostra”
trapanese, nella persona di Matteo MESSINA DENARO e
dell’ONORIO stesso. Tali ultimi aspetti vennero in seguito
appresi dalla P.G. proprio dalle dichiarazioni dei presunti killer,
nel frattempo divenuti collaboratori di giustizia in seguito
ad altre vicende. 
Venivano altresì documentati incontri del
FUNARI con BARRACO Giuseppe uomo d’onore di
Marsala.  
 
Agate mediatore per spartire i guadagni
delle estorsioni. Questo emerge da discussioni intercettate, il
mazarese AGATE Giovan Battista, fratello del più noto
Mariano, era intervenuto nella sua qualità di esponente di vertice
della famiglia per decidere la spartizione dei proventi di un
estorsione tra il BARRACO, RALLO Antonino, all’epoca
dei fatti latitante ed ora in carcere (tratto in arresto nel 2008), e
RALLO Vito Vincenzo, fratello dell’Antonino e uomo d’onore
di Marsala.

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