Presunzione di innocenza, Cartabia: «Caposaldo della democrazia». Fnsi: «Ma la legge italiana danneggia la stampa»
La Guardasigilli difende le norme di attuazione della direttiva europea dopo le critiche di giornalisti e magistrati. Per il segretario generale Fnsi occorre rivedere il modo in cui vengono applicate. «L’auspicio – dice – è che la ministra voglia avviare al più presto un tavolo di confronto su tutti i provvedimenti necessari per garantire libertà di espressione e diritto di cronaca».
«La normativa sulla presunzione di innocenza non è un’idea della ministra o del governo, ma è la necessaria attuazione di una direttiva europea, che risale al 2016. È una normativa necessaria per bilanciare due irrinunciabili principi della Costituzione italiana e del diritto europeo: da un lato, il diritto dei media di informare e dei cittadini essere informati e, dall’altro, il diritto delle persone indagate e imputate di non essere rappresentate come colpevoli. La presunzione di innocenza da secoli è un caposaldo delle nostre democrazie, così come lo è il diritto all’informazione». A precisarlo è la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, intervenendo da remoto ad un convegno organizzato dall’Università di Bologna.
Le parole della Guardasigilli arrivano all’indomani delle critiche mosse al provvedimento sulla presunzione di innocenza dal procuratore capo di Milano facente funzioni Riccardo Targetti durante la tavola rotonda organizzata sul tema dall’Usigrai e dopo l’annuncio della Fnsi di aver sollevato il caso della norma italiana in Europa.
«Ha ragione la ministra Cartabia: la presunzione di innocenza è un caposaldo della democrazia. Metterlo in discussione significherebbe negare un principio di civiltà. Ciò che non convince, e che va ridiscusso, è il recepimento che in Italia è stato fatto della direttiva europea sulla presunzione di innocenza. È convinzione della Fnsi, e non soltanto della Fnsi, a dire il vero, che il recepimento della direttiva sia diventato il pretesto per impedire la diffusione di notizie e, quindi, per negare il diritto dei cittadini ad essere informati», la replica di Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana.
«Per questa ragione – aggiunge – la Fnsi ha chiesto alla Commissione europea di verificare la correttezza dell’operato del legislatore italiano e, se sarà necessario, di intervenire perché vengano corrette le storture contenute nel decreto legislativo 188 del 2021. La direttiva europea, infatti, non regola, come erroneamente si è portati a dar a intendere, i rapporti fra chi amministra la giustizia e la stampa, anche perché la segretezza degli atti di indagine è già disciplinata dal codice di procedura penale. Soltanto in Italia, e non in altri Paesi Ue, la legge di recepimento è diventata l’occasione per rendere farraginosa, e talvolta impossibile, la diffusione di notizie di cronaca nera e giudiziaria. Come dimostra, purtroppo, il comportamento di alcune Procure, quelle norme sono diventate il pretesto per imporre un bavaglio alla stampa».
Per Lorusso, «così come sono deprecabili i processi mediatici e la diffusione con il copia e incolla degli atti di indagine, così non è accettabile che la presunzione di innocenza diventi l’occasione per impedire ai giornalisti di informare e ai cittadini di venire informati su fatti di interesse pubblico. La libertà di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati sono anch’essi capisaldi delle democrazie occidentali, sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo, dai trattati istitutivi dell’Unione Europea e dalla Costituzione italiana».
Per questo, conclude il segretario Fnsi, «l’auspicio è che la ministra della Giustizia voglia avviare al più presto un tavolo di confronto non soltanto sulla presunzione di innocenza, ma anche sui provvedimenti necessari per garantire l’effettivo esercizio della libertà di espressione e del diritto di cronaca, come il contrasto alle querele bavaglio e alle richieste di risarcimento a scopo intimidatorio, sui quali governo e parlamento italiano sono da tempo inadempienti».
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