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Sos impresa, l’impero economico delle mafie

Di Stefano Fantino il . Atti e documenti

Dal pizzo da cento euro per attività commerciali fino ai 10 mila euro estorti per permettere l’apertura di un cantiere. Numeri e quantità diverse che concorrono, però, in buona parte a far lievitare fino a 135 miliardi di euro il fatturato annuo delle mafie nostrane. Non solo racket e usura però, la pubblicazione del XII rapporto da parte di Sos Impresa di Confesercenti, permette anche di esplorare, cosa dovuta per altro, quegli ambienti imprenditoriali entro cui la mafia si è inserita spesso legalmente. La forza economica e finanziaria delle criminalità mafiose si ingrandiscono, senza abbandonare fruttuose e antiche pratiche come il “pizzo” ma aprendosi in maniera prepoderante alla gestione organizzata dell’usura, vortice entro cui molti in periodo di crisi sono stati risucchiati, e altresì proponendosi come soggetti attivi nella partecipazioni agli utili di aziende di varie tipologie. Stando ai dati Sos Impresa sarebbe 1300 i reati commessi ogni giorni, quasi 50 ogni ora. Anche in queste si deve leggere il boom dell’usura che nell’anno passato ha coinvolto oltre 200 mila commercianti attestando il giro di affari sui 20 miliardi di euro e una percentuale altissima sul denaro prestato (10% dalla mattina alla sera). Sempre su livelli alti il racket con un fatturato di 9 miliardi di euro e circa 150 mila persone taglieggiate. Un’estorsione spesso camuffata come sottolinea il rapporto: «un “pizzo in maschera” con i picciotti che aprono “partita Iva” ovvero camuffano il racket offrendo beni o servizi legali: gadget costosi ed i utili come calendari, penne, agende. Ma anche imponendo merci, servizi e manodopera (modo brevettato per eliminare ogni tipo di concorrenza). In tempi di crisi però si utilizzino anche altre forme: “contributi” all’organizzazione in occasione di festività come quella del patrono e per le luminarie di natale. Ed anche dazioni in natura: organizzando ad esempio gratuitamente cerimonie nuziali o battesimi per la “famigliola” mafiosa.». Di fronte a questo assalto ogni forma di resistenza viene respinta con la violenza e le intimidazioni, quasi 300 contro amministratori e imprenditori dal 2001 al 2008: «La ‘ndrangheta parla con gli incendi e con le bombe con la colla attak: è il suo biglietto da vista per i negozianti e gli imprenditori riottosi. Il rapporto documenta almeno 68 casi nel 2009». Passando per il sempiterno contrabbando di sigarette e per la contraffazione, le scommesse e gioco d’azzardo, col crescere del monte di guadagni, 70 miliardi di euro al netto, si pone la questione riguardante il reinvestimento di questi proventi illeciti. Dai dati e dalle cronache emerge il modo in cui la mafia, a pieno titolo, si sia intromessa nel tessuto economico del paese. Stando al rapporto «al primo posto degli interessi mafiosi compare l’edilizia in tutte le sue fasi, così come è costante l’attenzione alle attività commerciali e turistiche con particolare riguardo al franchising e alla media e grande distribuzione». Nell’industria e nell’agricoltura le mani delle holding criminali controllano intere filiere e ne seguono gli sviluppi, pianificano investimenti, sanno cogliere addirittura le occasioni che offrono i mercati prima di altri imprenditori, soprattutto in territori e comparti sostenuti dalla mano pubblica e da importanti flussi finanziari. Un vero business, Fondi insegna, è rappresentato dai mercati ortofrutticoli che, da sempre, hanno rappresentato un luogo naturale per gli affari delle mafie. Anche il mercato ittico attira fortemente le organizzazioni criminose: si calcola attorno ai 2 miliardi il fatturato del settore con un totale di oltre 8.500 esercizi al dettaglio coinvolti. Per quanto riguarda la grande distribuzione «si evidenzia l’interesse delle mafie sui centri commerciali, che sono funzionali al riciclaggio di denaro sporco proprio per la loro capacità di muovere grosse quantità di denaro contante e di emettere scontrini a raffica». Segno che ormai l’intera economia subisce forti contraccolpi e intromissioni: dati forti su cui riflettere e che necessitano di posizioni e politiche che incidano pesantemente su questa avanzata silenziosa ma fatale

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