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Loiero all’Antimafia sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta

Di Chiara Spagnolo il . Calabria

La Regione Calabria, come ente, non è indenne dalle contaminazioni della criminalità organizzata. Non lo è nella sua parte politica né negli apparati burocratici. La volontà generale dei politici è di rifiutare l’appoggio delle cosche ma, alla fine, qualcuno che vince le elezioni grazie all’aiuto di boss e affiliati si trova sempre. 
In tempo di trattative serrate per stringere alleanze e individuare i candidati alla presidenza della Regione Calabria, mentre non si è spenta l’eco della bomba alla Procura di Reggio, della rivolta di Rosarno, del messaggio delle cosche nel giorno della visita a Reggio del presidente Napolitano, le parole pronunciate dal Governatore calabrese a fine novembre appaiono ancora più gravi. 
A raccogliere lo “sfogo” di Agazio Loiero fu, all’epoca, la Commissione parlamentare antimafia presieduta dall’ex ministro Giuseppe Pisanu, che oggi si prepara a tornare nell’estremo lembo della Penisola per una serie di audizioni. Al centro dell’incontro con il presidente della giunta calabrese, i parlamentari misero il peso della criminalità organizzata nella vita pubblica, vero perno che consente alle cosche di mantenere intatto il proprio potere, rafforzandolo costantemente. E se deputati e senatori incalzarono, Loiero, non si tirò certo indietro, ammettendo che la ‘ndrangheta ha una forza talmente pervasiva da riuscire ad inserirsi nei gangli del potere, indirizzando – in molte circostanze – l’attività e il destino di svariati enti. Così è stato per alcune amministrazioni comunali, come per alcune Asl: «La criminalità in Calabria influenza l’economia, la società e le istituzioni – affermò Loiero – in quanto si infiltra dappertutto: nelle Asl, nel ciclo dei rifiuti, nelle amministrazioni. Dispone di un potere pervasivo enorme, che secondo me si è dilatato a dismisura negli ultimi 15 anni». 
Il quadro delineato in partenza dell’audizione dal governatore non era affatto roseo, e se pure davanti all’organismo bicamerale fu snocciolato l’elenco di attività che la Regione ha messo in piedi in cinque anni per cercare di arginare lo strapotere dei clan (dalla Stazione unica appaltante alla legge antiracket, la costituzione di parte civile nei processi di mafia e il sostegno economico alle forze dell’ordine), di fronte all’incalzare dei quesiti sulle infiltrazioni nella sfera pubblica, il governatore non potè fare altro che alzare le mani: «sarebbe inimmaginabile che la Regione, che è un ente di spesa, resti immune dalle infiltrazioni». 
A sollecitare Loiero su questo punto fu per primo il senatore del Pdl Raffaele Lauro, che chiese a bruciapelo se fosse possibile che «l’istituto regionale sia rimasto un’isola non contaminata in questo brodo diffuso di coltura mafiosa all’interno della regione», seguito dal democratico Giuseppe Lumia, che avrebbe voluto spiegazioni sul contrasto alla ‘ndrangheta messo in atto nel settore della Sanità, ovvero sull’esistenza di «azioni ispettive, di rimozione e ammodernamento» in strutture al centro di polemiche e inchieste giudiziarie, come quelle di Locri, Reggio Calabria e Vibo. Restando nell’ambito sanitario, toccò poi all’esponente del Pdl Angela Napoli evidenziare i limiti e le contraddizioni della giunta regionale rispetto alla situazione dell’Asl di Vibo, nella quale non è intervenuta, «dopo la relazione del commissario anticorruzione, dove si faceva preciso riferimento alle infiltrazioni della ‘ndrangheta all’interno della stessa, allontanando dirigenti e responsabili». Su quei nomi registratori e telecamere della sala audizioni di Palazzo San Macuto si spensero, così come accadde quando Loiero, in quattordici serrati minuti, ripercorse le tappe della vicenda Crea. Il riferimento all’ex consigliere regionale, coinvolto nell’inchiesta “Onorata sanità”, fu d’obbligo nella parte più delicata dell’audizione, in cui il presidente della giunta rispose alle domande relative alle infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni pubbliche, compresa quella da lui guidata. «Sono convinto che la Regione non sia indenne da contaminazioni, né che lo sia spesso la burocrazia, anche se faccio una distinzione tra le persone che lavorano nella giunta, cioè all’interno dei dipartimenti». 
L’ombra della criminalità, insomma, si allunga anche sui palazzi del potere calabresi. Loiero ne era cosciente e non tentò di negarlo all’Antimafia, dalla quale giunsero anche sollecitazioni a chiarire quale impegno sarebbe stato messo in campo in periodo elettorale, per far sì che candidati e partiti prendessero le distanze da persone e gruppi afferenti alla ‘ndrangheta. «Quando approntammo le liste del 2005, l’elemento centrale della nostra attenzione fu la lotta alla mafia: non volevamo i voti della mafia – spiegò il governatore. Ciò non esclude che qualcuno li abbia presi, anzi sicuramente qualcuno li ha presi». Il controllo, insomma, nella precedente campagna per le regionali, non fu sufficiente a garantire la trasparenza delle liste. Per spiegare il meccanismo di selezione, il presidente utilizzò un episodio specifico: «la sera prima guardammo le liste, ci accorgemmo che c’erano due persone (una faceva parte dello Sdi e l’altra dell’Udeur) che avevano certi legami. Una aveva una sorella sposata con un killer di una banda del Tirreno e la moglie viceprefetto a Cosenza, un’altra era di Crotone, inserita nella borghesia di quella città, ma aveva un cugino che era un mafioso, entrambe furono cancellate dalla lista la sera prima». 
Il tentativo di fare pulizia, a detta del presidente, fu fatto. Sia all’epoca delle candidature che in seguito. Il risultato, tuttavia, non pare sia stato dei migliori, né nell’uno né nell’altro caso. Ad alzare le mani, alla fine della legislatura, a quanto pare è stato lo stesso Loiero: «Che i rapporti tra ‘ndrangheta e politica ci siano lo abbiamo detto mille volte, su come scongiurarli e con quali strumenti, faccio fatica a rispondere». Evidentemente la palesata buona volontà, che in concreto si è tradotta in stazione appaltante, legge antiracket, partecipazione ai processi, non è bastata. E forse, anche in vista delle elezioni di marzo, sarà insufficiente. A lasciarlo intendere la conclusione dell’audizione del governatore: «Possiamo dire che non vogliamo i voti della mafia ma, alla fine, in una regione così infettata, è difficile evitare questi incidenti. Ciò a maggior ragione per la Regione ma anche per il Parlamento». Parole pronunciate a novembre. Oggi la commissione Antimafia si prepara a tornare in Calabria, mentre Loiero e gli altri esponenti politici si preparano ad una campagna elettorale infuocata. Nella quale certamente la ‘ndrangheta giocherà ancora una volta un ruolo fondamentale. Aiutare l’elezione di qualche candidato ed ottenere poi l’appoggio all’interno delle più importanti istituzioni, del resto, fa comodo a tutti. Boss compresi.

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