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Beni confiscati. Per la gestione il Pnrr non paga

Luca Cereda il . Economia, Istituzioni, Lombardia, Mafie, Politica, Società

Davide Pati (associazione Libera): «Gli stanziamenti solo per altre regioni servirebbero qui per sostenere le realtà parrocchiali o gli enti del Terzo settore che intendono usare quelle strutture per scopi sociali»

Traffico di rifiuti, usura, estorsioni, riciclaggio e frodi fiscali. Questi sono i capi di imputazione della prima inchiesta antimafia del 2021 contro la ‘ndrangheta in Lombardia, a febbraio in provincia di Lecco. A novembre l’ultima, con imputazioni simili per oltre 50 appartenenti alla cosca Molè operativa tra Como e Varese. Nella prima inchiesta ammonta ad oltre 1 milione il valore dei beni confiscati alla mafia, nell’ultima arrivano a 2,2 milioni di euro. Anche per questo è sorprendente che il bando da 300 milioni per sostenere l’assegnazione dei beni confiscati – finanziato dai fondi del Pnrr – sia destinato alle sole regioni del Sud Italia.

«I beni confiscati, sia alla fine di un processo sia in prevenzione, ovvero per evitare infiltrazioni future, sono al 25% al Nord – sottolinea Davide Pati, esperto di beni confiscati dell’associazione Libera -. In Lombardia sono 199 beni confiscati che saranno sbloccati nel 2022 e che l’Agenzia nazione dei beni sequestrati e confiscati (Anbsc) affiderà ai progetti di 56 comuni in Lombardia». Si tratta di spazi da utilizzare per finalità istituzionali o sociali «sulla base di uno specifico progetto di utilizzo che ci è stato presentato per un valore stimato di circa 16 milioni di euro», fanno sapere all’Anbsc.

Per questo è incomprensibile come un bando da 300 milioni per l’assegnazione del patrimonio sottratto alle mafie “tagli fuori” il Nord e la Lombardia, «che spesso si trova ancora a dover combattere ancora lo stereotipo culturale che la criminalità organizzata sia un fenomeno del Sud, “solo” infiltrato al Nord. Anche se non è più così da decenni», chiosa Pati, che aggiunge: «Anche per questo un bando del genere è destinato già in partenza a non raggiungere gli obiettivi prefissati, visto che si tratta di un investimento finanziario unico nella storia a più di 25 anni legge 109/96 che riguarda l’assegnazione per scopi sociali dei beni sottratti alle mafie».

La scelta di destinare solo al Sud questi fondi del Pnrr è miope anche guardando i numeri: i beni immobili confiscati e destinati ad un’attività a scopo sociale in Sicilia sono 6906. Segue la Calabria con 2908 beni, la Campania con 2747, e la Puglia con 1535. Regioni che hanno storie di contrasto alla criminalità organizzata più lunghe della Lombardia che però viene subito dopo nella classifica con 1242 destinati, ma con ben 1968 beni immobili in gestione, quindi da assegnare. Più dei 1878 della Calabria – sulla base dei dati forniti da Anbsc -.

«Non solo in Lombardia, ma è soprattutto qui che servirebbero quei soldi, utili per sostenere le realtà parrocchiali o gli enti del Terzo settore che intendono usare quei beni per scopi sociali, mettendo sotto scacco la cultura mafiosa», aggiunge Pati. Inoltre in Lombardia ci sono 93 aziende confiscate e 281 ancora in gestione perché mafiose o colluse con la criminalità organizzato. Ad oggi sono tutte destinate alla chiusura: «Disporre di fondi come quelli stanziati solo al Sud dal Pnrr, significa provare a realizzare imprese di cooperative di lavoratori sulla base della legge Marcora dell’85, salvando posti di lavoro e “legalizzare” senza chiusure aziende che prima erano lavatrici di soldi sporchi per la mafia», aggiunge Davide Pati.

Libera, con don luigi Ciotti e lo stesso Pati a fine dicembre ha incontrato la Ministra per il Sud, Mara Carfagna: «I 300 milioni del Pnrr sono ormai destinati, ma il governo insieme alle regioni dedicheranno una quota nazionale del Fondo coesione – abitualmente che è destinato all’80% Sud e al 20% Nord – a riequiparare la sproporzione creata nell’assegnazione dei beni confiscati».

Un milione dalla Regione per i progetti

In assenza di dei soldi del Pnrr in Lombardia, la regione per 2022 ha stanziato finanziamenti da 1 milione di euro per i comuni e un altro sempre da 1 milione per Terzo settore a sostengo del riutilizzo a scopo sociale dei beni confiscati alle mafia. Si legge nel provvedimento che un particolare sostegno economico, con un bando apposito sarà dato anche – tra gli altri in corso d’opera – ai 5 progetti attualmente esistenti di «realtà legate direttamente al mondo della Chiesa cattolica: parrocchie, diocesi e Caritas diocesane che hanno intrapreso un percorso di riutilizzo, mettendosi al servizio della comunità».

Sono 25 le “locali” attive in Lombardia

Lonate Palazzolo, Desio, e Pioltello. Città ben lontane dalla Calabria, ma nei quali la ‘ndrangheta ha allungato i suoi tentacoli installandovi Locali, ovvero strutture di coordinamento delle ‘ndrine. La Direzione investigativa antimafia (Dia) a fine 2021 conta ben 46 Locali nelle regioni del Nord Italia, di cui 25 in Lombardia. La ‘ndrangheta, rileva la relazione della Dia al Parlamento, risulta «perfettamente radicata e ben inserita nei centri nevralgici del mondo politico-imprenditoriale lombardi» e i numeri «dimostrano la capacità espansionistica delle cosche».

Fonte: Avvenire, 09/01/2022

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