La dimensione transnazionale del crimine e i rischi per le democrazie
È stata la rivoluzione dei trasporti e delle comunicazioni, la permeabilità delle frontiere nazionali, la liberalizzazione e la mondializzazione della rete commerciale e finanziaria a costituire il terreno ideale per l’internazionalizzazione delle imprese, anche di quelle criminali.
In particolare, il meccanismo finanziario dei cambi, che dipende dalle poche divise forti, e la possibilità di trasferire denaro per via elettronica, se da una parte hanno reso facili e rapide le transazioni economiche internazionali, hanno pure creato notevoli difficoltà ai governi relativamente al controllo dei movimenti di capitale, rendendo assai agevole l’occultamento o il riciclaggio di denaro sporco. Infatti, sono tanti i punti di accesso al sistema finanziario mondiale che quando pure si riesce a controllarne qualcuno, si ottiene solo l’effetto di spostare semplicemente i flussi di denaro provenienti dal mercato dell’illecito verso un altro varco.
Le grandi metropoli, simbolo dell’odierna società industrializzata, dei prodotti e dei consumi di massa, sono anche i santuari del commercio, dello smistamento e dello stesso consumo dei prodotti illeciti (soprattutto droga, prostituzione, gioco d’azzardo, ecc..).
La droga, in particolare, è diventata prodotto basico mondiale di questo mercato illegale, tanto che il commercio internazionale di stupefacenti è diventato più importante (in senso puramente monetario s’intende) dello stesso mercato del petrolio, con profitti che superano il Pil di parecchi paesi in via di sviluppo.
Anche le convulsioni politiche, i cambiamenti e i conflitti che continuano a interessare diverse nazioni, hanno fornito alla criminalità organizzata straordinarie occasioni di profitto. In particolare i grandi e piccoli movimenti migratori. I gruppi etnici minoritari, infatti, soprattutto se non ben inseriti nel tessuto sociale della nazione che li accoglie, costituiscono, per le elite criminali dei paesi di origine, terreno fertile per i reclutamento di manovalanza (fedele e omertosa per ragioni, se non altro, di solidarietà etnica), utilissima per espandere all’estero la propria influenza.
Analogamente, a livello di rapporti tra paesi ricchi e terzo o quarto mondo, alcune di queste organizzazioni tendono a legittimarsi nei confronti dei loro connazionali, presentandosi, in funzione e in un’ottica anticolonialista, come protagonisti essenziali di uno sviluppo economico ingiustamente coartato e ritardato. È una strategia d’immagine abbastanza facile da attuare e talvolta vincente se c’è l’aiuto di ceti politici collusi e conniventi.
La realtà è ben diversa: è piuttosto evidente che le attività criminose ritardano e ostacolano fortemente lo sviluppo economico e civile dei paesi poveri e costituiscono una spina nel fianco di notevole gravità per quelli industrializzati e avanzati.
Ormai nessuno Stato può pensare di essere immune dagli effetti nefasti delle attività della grande criminalità. Non si può più considerare la delinquenza organizzata semplicemente un problema locale di ordine pubblico dal momento che minaccia la vivibilità sociale, l’indipendenza dei governi, l’integrità delle istituzioni finanziarie e il funzionamento della democrazia.
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