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Facebook e Google stanno diventando un problema per la democrazia?

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Una nuova inchiesta, pubblicata su Mit Review, ha svelato come Facebook e Google stiano pagando milioni di dollari a operatori di pagine ‘acchiappaclick’ che pubblicano contenuti fuorvianti e fake-news pur di attirare il maggior numero possibile di utenti e generare grosse rendite pubblicitarie. Di fatto alimentando questa disinformazione globale.

Mit Review sulla disinformazione globale

Una nuova inchiesta, pubblicata su Mit Review, svela i finanziamenti alla disinformazione globale, segnala Guido Petrangeli, giornalista e blogger, sull’HuffPost. Domanda chiave da parsi: «Facebook è diventato un pericolo per la democrazia?». Domanda d’obbligo dopo le rivelazioni dei’Facebook paper’, la raccolta di documenti usciti dalla talpa Frances Haugen e consegnati al Congresso Usa. Al centro dello scandalo i famigerati algoritmi di Facebook e la mancanza di un qualsiasi moderatore, struttura etica di vigilanza, «che ha permesso di diffondere in tutti i paesi del mondo campagne di disinformazione e contenuti che sfiorano i toni da guerra».

Gli ‘Instant Articles’ di Facebook

Peggio con il lancio degli ‘Instant Articles di Facebook’, che ha consentito agli editori di creare direttamente all’interno di Facebook dei contenuti interattivi. Di contenuti ignoti. Questa mossa, nata per velocizzare i tempi di lettura degli articoli, è servita a Facebook per raccogliere pubblicità online, rinunciando di fatto ad ogni possibilità di controllo rispetto a responsabilità anche penali rispetto ai contenuti. Con questo nuovo sistema, gli articoli si aprono direttamente all’interno di Facebook che diventa così semplice proprietario di uno spazio pubblicitario che cede, in cambio di un mucchio di soldi, anche la pubblicità degli inserzionisti di Facebook.

Famelico Zuckerberg

«Se Instant Articles è caduto in disgrazia per i grandi editori mainstream -annota Guido Petrangeli- , lo stesso non può dirsi per una schiera di piccoli e nuovi produttori di contenuti digitali». Tra cui vanno tantissimi (e pericolosissimi) editori acchiappaclick. Altro fattore tecnico degli Instant Articles a far gola a questi imprenditori di poco conto e grandi appetiti, la possibilità di aprire più domini in questa sezione e riprodurre in modo esponenziale lo stesso identico contenuto. «Una manna dal cielo per la strategia clickbait», esca da clic per attirare il maggior numero possibile d’internauti e generare rendite pubblicitarie online.

Acchiappaclick in Kosovo e Macedonia

Lo studio del Mit Review, rivela i casi di aziende ‘clickbait’ in Macedonia e Kosovo arruolate per le elezioni presidenziali 2020 negli States, campagne a favore di Trump, e l’episodio svela un altro fenomeno di facile manipolazione di contenuti attraverso la delocalizzazione, trasformando il dibattito politico in denaro.

La ricerca ha anche scoperto che il 75% degli utenti che sono stati esposti a contenuti fuorvianti provenienti dalle aziende in Macedonia e Kosovo non aveva mai seguito nessuna di queste pagine specifiche. Il sistema di raccomandazione dei contenuti di Facebook li aveva invece inseriti nei loro feed di notizie. Facendo sì che quando lo stesso contenuto fosse amplificato uscendo dalla rete chiusa dei contatti personali per raggiungere milioni di utenti.

Una macchina capace di determinare i trend di attenzione della rete e influenzare in modo determinante l’opinione pubblica digitale.

Editori fraudolenti per soldi e per politica

Editori fraudolenti per soldi o per politica? «Nella pratica questa distinzione non esiste». Ancora dal fronte albanese Kosovo Macedonia. «Durante le presidenziali usa del 2020, l’insurrezione del 6 gennaio e l’approvazione della legge antiabortista del Texas, questa rete ha cavalcato contenuti politici».

Ed ecco che questi editori occulti si spostano su tematiche altamente divisive, sulla propaganda politica e fake news perché ottengono così un maggiore coinvolgimento.

Strumento dei golpisti assassini birmani

Un’analisi della società di ricerca Graphika ha scoperto che queste pagine svendute irresponsabilmente da Facebook che si occupavano principalmente di gossip, in particolari frangenti critici facevano propaganda politica e disinformazione, dal covid-19 al golpe birmano. E si scopre che in Birmania le 10 pagine facebook di informazione più coinvolgenti sono in mano a editori acchiappaclick: i contenuti di basso livello hanno sopraffatto tutte le altre fonti di informazione. Un pericolo molto poco virtuale visto la situazione drammatica che continua a vivere il Myanmar.

Tanto da costringere la pur ‘disattenta’ Facobook, nell’ottobre 2020, a chiudere una serie di pagine e gruppi organizzati in clickbait.

Fonte: Remocontro. La virtù del dubbio

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