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Acciaio sporco

Di Gaetano Liardo il . Calabria

Quattro milioni di rifiuti speciali non trattati, 168 indagati, una arrestato, avvisi di garanzia mandati a rappresentanti di 7 comuni, 21 soggetti privati e 96 aziende. E’ questo il bilancio dell’operazione “Acciaio sporco” condotta dai carabinieri del Noe di Catanzaro e coordinata dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme. Un giro di affari milionario con epicentro Lamezia e ramificazioni in altre località calabresi, lucane, pugliesi, campane e siciliane. Secondo l’accusa la ditta “Palmieri Francesco”, autorizzata esclusivamente alla “raccolta e al trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi”, avrebbe messo in piedi una redditizia e illecita vendita all’ingrosso di rifiuti speciali pericolosi e non attestandoli fraudolentemente come materia prima trattata. La ditta, inoltre, avrebbe realizzato illecitamente un impianto per il trattamento di rifiuti speciali. Il “trattamento” comprendeva la sola riduzione del volume dei rifiuti speciali, costituiti prevalentemente da carcasse di auto e rottami ferrosi di varia natura. Una volta “trattati” i rifiuti venivano spediti a ditte compiacenti in Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata, oltre che in Calabria. Per evitare di essere tracciate, le spedizioni sarebbero state gestite dalla “Ecofuturo S.r.l.” di cui l’amministratore unico è sempre Francesco Palmieri. Nell’operazione di ieri i carabinieri hanno sequestrato alla “Ecofuturo” quaranta Tir per un valore commerciale di 15 milioni di euro. Il successo di “Acciaio sporco” conferma, purtroppo, la delicata situazione della Calabria, anche dal punto di vista dei reati ambientali. Lasciando da parte le navi dei veleni e l’avvelenamento dei mari, l’entroterra della regione sta sempre più diventando una discarica per le mafie. Rifiuti di ogni genere, naturalmente tossici e pericolosissimi, vengono interrati in ogni angolo della regione. La Calabria, infatti, presenta delle caratteristiche ottimali per il business delle ecomafie: la morsa stringente della criminalità organizzata e il conseguente controllo del territorio, scarsa densità abitativa e zone impervie e difficilmente raggiungibili. Gli appetiti dei boss vengono saziati dai facili e grandi guadagni. Dall’ultimo rapporto ecomafie di Legambiente la regione si colloca al terzo posto in Italia per il numero di reati ambientali. Nel solo 2008 nel ciclo dei rifiuti, si contano, infatti 293 infrazioni accertate, 238 persone denunciate e 567 sequestri. Mentre, per quel che riguarda il ciclo del cemento la situazione è anche peggiore: 7499 infrazioni, 9986 persone denunciate e 2644 sequestri. La realtà che sta dietro i numeri è ancora più raccapricciante e nociva per la salute dei calabresi. Calcestruzzo mescolato a rifiuti tossici provenienti dall’Ilva a Crotone veniva usato per la costruzione di edifici pubblici, scuole incluse. Discariche di scorie radioattive a Cosoleto, Serra d’Aiello e Casignana; discariche di pet-coke scoperte a Vibo Marina; batterie al piombo esauste provenienti da Israele e sequestrate nel porto di Gioia Tauro. Soltanto alcuni esempi di una situazione che ha di gran lunga superato i livelli di guardia. Le morti di ecomafia sono sempre più numerosi in Calabria, mentre i bosso continuano ad accrescere le proprie ricchezze. Poecunia non olet.

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