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Tornando da Rosarno con il terrore negli occhi

Di Raffaele Sardo (da Repubblica) il . Campania

Sono tornati. Negli occhi ancora il terrore. Nell’ animo, cicatrici indelebili. I reduci di Rosarno raccontano. E arrivano a dire, per spiegare la drammaticità degli eventi calabresi: «Ciò che è accaduto a Castel Volturno è stato nulla rispetto a Rosarno». C’ è chi ha vissuto anche per due giorni sopra un albero. Come se Rosarno fosse diventata una giungla e loro, gli immigrati partiti da Castel Volturno per la Calabria, delle prede umane. Molti sono tornati in treno. Altri con le auto, anche in sei dentro, pur di scappare da quell’ inferno. Poi ieri sera si sono ritrovati in trecento al centro sociale ex Canapificio di Caserta per raccontare anche a chi non c’ era, che cosa è accaduto a Rosarno. Alcuni ne parlano al microfono, altri non ne hanno la forza. «Sono stato ferito negli scontri con la polizia – dice Stephen, un giovane della Costa d’ Avorio che porta ancora qualche segno sul corpo- sono andato in ospedale per controllare che non ci fosse nulla di rotto. Per fortuna ho solo delle contusioni». E racconta di altri feriti, di altri suoi amici che sono stati aggrediti da gente del posto: «Hanno cercato di incendiare il capanno dove c’ erano alcune persone a dormire. Sono scappati via tutti: è stato solo un caso che non sono morti. Ho visto un altro ragazzo con 50 pallini nelle gambe. Gli hanno sparato proprio per ucciderlo».

Joseph viene dal Ghana. E’ in Italia da alcuni anni. E se l’ è vista ancora più brutta: «Sono rimasto per due giorni sopra un albero. Non sapevo dove andare. Vedevo la gente del posto scalmanatae prontaa tutto. Mi sono sentito perso. Credevo di non farcela a sopravvivere. Non ho avuto mai tanta paura in vita mia». E Kofi, anche lui ghanese, non è da meno: «Molti di voi c’ erano a Castel Volturno quando hanno ammazzato i sei ragazzi ghanesi. Ma quello che è successo a Rosarno è cento volte di più. Pensavamo che volessero ammazzarci tutti». Fabio Basile, uno dei leader storici del centro sociale ex canapificio, prova a spiegare che è sbagliato reagire con la violenza collettiva e indiscriminata anche quando c’ è qualcuno che ti spara addosso.

«Gli altri bianchi non c’ entrano nulla se ci sono imbecilli o persone violente che vogliono ammazzarti. Non si può reagire spaccando e distruggendo tutto ciò che si incontra». Doe, uno dei dirigenti della comunità ghanese, è ancora più duro: «Dopo quello che è accaduto a Castel Volturno, siamo nuovamente caduti nello stesso errore. La violenza non ci aiuta. Dobbiamo far capire agli italiani che noi non siamo un pericolo per loro, in nessun modo. Dobbiamo dare di noi un’ immagine diversa e questo lo possiamo fare senza rispondere alle provocazioni. Le violenze di Rosarno non dovevano esserci». Ascoltano tutti in silenzio, annuiscono e poi applaudono. Nel frattempo arriva una telefonata da Rosarno. Sono alcuni ragazzi della rete antirazzista, sono già da due giorni in Calabria. Fanno da punto di raccordo e girano per gli ospedali per capire quanti immigrati sono stati feriti. Un ragazzo non si trova: «Ci hanno detto che un giovane senegalese era ferito, ma negli ospedali non c’ è. La situazione è ancora confusa. I ragazzi scappano via con qualsiasi mezzo. Alcuni li hanno portati al CPA di Crotone, altri li stanno accompagnando alla stazione ferroviaria. Li faranno partire. Ora stiamo cercando l’ onorevole De Magistris perché c’ è bisogno di qualche parlamentare per chiedere ufficialmente informazioni». L’ appuntamento per tutti è il 19 gennaio a Caserta sotto alla prefettura. «Ci sarà un presidio – dice Mimma D’ Amico, del centro sociale di Caserta – per chiedere di regolarizzare gli immigrati che lavorano nel settore agricolo e per chiedere anche che la questura riprenda a rilasciare i permessi di soggiorno”. –

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