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Il giorno della violenza razzista

Di Tiziana Barillà* il . Calabria

“Discrimination is too much” è la scritta che appare sull’asfalto tra i detriti della rivolta iniziata giovedì sera a Rosarno dopo che due diversi gruppi di braccianti immigrati erano stati presi a fucilate da ignoti. Un messaggio che traduce tutta la rabbia sprigionata dalle insostenibili condizioni di vita cui sono costrette le migliaia di migranti nella Piana di Gioia Tauro.
Ieri mattina il Commissario prefettizio ha incontrato una delegazione della comunità africana, dopo le 6 ore di scontri della sera precedente. «Abbiamo chiesto diritti e di poter lavorare senza essere ammazzati per strada» dicono i ragazzi africani, mentre lasciano il palazzo del Municipio scortati dalle forze dell’ordine, tra le invettive e le proteste di una piccola folla di cittadini rosarnesi in presidio davanti al palazzo comunale.
Gli abitanti di Rosarno avevano già inveito contro gli immigrati durante le ore della rivolta, un’ostilità che si è tradotta ieri in una vera e propria “caccia al nero”. I fatti più gravi sono avvenuti in serata: due ragazzi sono stati gambizzati da ignoti lungo la strada che da Rosarno porta a Laureana di Borrello, questa volta con un fucile a pallini, e trasportati in ospedale, per fortuna in condizioni non troppo preoccupanti. Gravi invece altri due migranti, presi a sprangate e bastonate.
La reazione furiosa dei cittadini di Rosarno caratterizza la giornata: annunciano presto la loro contro-manifestazione dopo aver effettuato un blocco stradale al grido di “basta immigrati”. Ad incitarli, un giornalista pubblicista, Marcello Marzialetti, che dice alle agenzie di stampa: «Gli immigrati devono andarsene da Rosarno». Il prefetto Domenico Bagnato, a capo della terna commissariale che governa il Comune sciolto per infiltrazioni mafiose dal dicembre 2008, tenta di richiamare alla calma: «Occorre rasserenare gli animi. C’è stata un’azione inconcepibile da parte di coloro che hanno sparato contro i due extracomunitari. Ma la reazione degli immigrati è stata allo stesso tempo inaccettabile, perché si è reagito ad un atto criminale con la devastazione della città, un fatto che rischia di interrompere quel clima di solidarietà che si era creato tra la cittadinanza locale e gli stranieri». Raccomandazioni che nessuno ascolta. Prevalgono invece rabbia e violenza.
Il bilancio provvisorio è  drammatico: 36 feriti, 18 tra gli immigrati e 18 tra le forze dell’ordine, centinaia di auto distrutte e sette arrestati tra gli immigrati con l’accusa di devastazione, danneggiamento e resistenza a pubblico ufficiale. Un rosarnese 37enne è stato invece arrestato con l’accusa di tentato omicidio avendo tentato di investire un gruppo di extracomunitari col suo escavatore.
La “guerra civile” ha avuto inizio nel primo pomeriggio di giovedì, intorno alle 14,30, in contrada Spartimento, nei pressi dell’ex Esac, fabbrica dimessa dove vivono coloro che hanno perso il tetto dopo l’incendio dell’ “ex cartiere”. Un ragazzo africano viene ferito con un fucile ad aria compressa. Si tratta, pare, di un rifugiato politico del Togo con regolare permesso di soggiorno. Dopo qualche ora, intorno alle 17,30, altri due africani vengono raggiunti dai colpi di un’arma simile, questa volta nei pressi della Rognetta, altro spazio di rifugio per i lavoratori migranti. Sono due ragazzi della Guinea e anche loro hanno un regolare permesso. I feriti, ricoverati negli ospedali di Gioia Tauro e Polistena, non sono in condizioni gravi. Dopo queste aggressioni hanno inizio le proteste. Dapprima con copertoni bruciati e piccole barricate fatte usando i cassonetti, fino alla vera e propria rivolta nella serata di giovedì, quando gli africani hanno bloccato la via nazionale all’altezza di Gioia Tauro.
Una tragedia annunciata. Quella degli immigrati impiegati nei campi come braccianti è, infatti, una “emergenza” che dura da circa vent’anni e li vede stretti in una morsa tra la filiera mafiosa e le leggi razziste in vigore. Episodi di razzismo, tra cui estorsioni e rapine, vengono da anni perpetrati ai loro danni e tutto ciò in un contesto di forte presenza ‘ndranghetista.
Anche quest’anno, come ogni inverno da 20 anni, i braccianti africani sono giunti nella Piana di Gioia Tauro per la stagione delle arance. Sono circa 1500: un migliaio si stabiliscono nei pressi dell’inceneritore della Veolia, a Gioia Tauro, in un ex stabilimento destinato alla raffinazione dell’olio di oliva e poi abbandonato, appunto l’Ex Esac. Qui dormono nei silos di metallo giunti dopo che, la scorsa estate, è stata sgomberata e murata la Cartiera, altra ex fabbrica abbandonata che per anni ha ospitato la comunità africana. Altre centinaia alloggiano presso la Rognetta, ulteriore stabilimento dismesso, fallito da anni dopo essere stato una ditta per la produzione di succo d’arancia. Sono ghanesi, ivoriani, sudanesi, maliani, togolesi, burkinabé e non tutti irregolari. In molti hanno il permesso per motivi umanitari, e tanti ne possiedono uno in scadenza, spesso provengono dalle regioni del Nord Italia dalle quali fuggono dopo aver perso il lavoro e a causa delle nuove politiche migratorie.
Già nel dicembre del 2008, dopo il ferimento di due ivoriani, la comunità africana aveva reagito con determinazione, dando vita a quella che è stata definita “la rivolta antimafia degli africani di Rosarno”. Nel marzo del 2009, Maroni giunge a Reggio Calabria e promette 200 mila euro per l’emergenza migranti. Quei fondi sono arrivati solo di recente e ammontano a 930 mila euro per il “recupero urbano delle aree degradate” di Rosarno.
Maroni ha commentato ieri i fatti di Rosarno rimproverando la “troppa tolleranza con gli stranieri” nel nostro paese. In queste ore sono diverse e confuse le reazioni dei rosarnesi, ma l’ultimo dei rischi sembra proprio essere quello della “troppa tolleranza”. Gli africani non sono più in rivolta e sono rientrati nelle fabbriche dismesse, protetti dalla Polizia. Si continuano, però, a temere le azioni di gruppi di cittadini inferociti, ma soprattutto della criminalità organizzata che difficilmente, si pensa, perdonerà ai propri schiavi una rivolta di tali dimensioni. Tanto che in serata, mentre i rosarnesi bloccano con una bbarricata la statale 18 e il capo della polizia Manganelli annuncia l’invio di un nutrito contingente, si comincia a parlare di un trasferimento in massa di tutti i migranti fuori dalla Piana, per preservarne l’incolumità. 
* Collaboratrice di Liberazione

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