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Nel nome di Pippo Fava

Di Antonella Mascali* il . Sicilia

“I giovani catanesi sono bravi a fare i giornalisti, Pippo Fava continua ad essere il modello, ma quando del giornalismo vogliono fare il loro mestiere, devono andare via da Catania”. Lo ammette Gianfranco Faillaci che poco dopo l’omicidio mafioso di Fava, è stato tra gli studenti che hanno fatto parte de “ I Siciliani Giovani”, la costola del mensile “ I Siciliani”, fondato da Pippo Fava. Fu l’unico giornale a scrivere del sistema politico-mafioso ben consolidato anche a Catania.

Fava venne ucciso la sera del 5 gennaio dell’84 davanti al teatro Stabile. I killer, armati dal capomafia Nitto Santapaola, gli spararono alla nuca.  Il direttore e i suoi giovani redattori avevano denunciato, in solitudine, il potere dei cavalieri del lavoro, Rendo, Costanzo, Graci e Finocchiaro. Il processo Fava si è concluso nel 2003 con la condanna definitiva di Nitto Santapaola, Aldo Ercolano e il pentito Maurizio Avola. Il collaboratore ha definito Santapaola “ mandante esecutivo”. Chi ha ordinato la morte del giornalista oltre il capomafia catanese? Il pm Amedeo Bertone aveva aperto un’indagine a carico del cavaliere Gaetano Graci, ma per la sua morte, l’inchiesta fu archiviata.”I Siciliani” ce la mise tutta per continuare, alcuni giornalisti firmarono anche cambiali pur di non chiudere. Resistettero fino all’86, senza fondi e senza pubblicità.

Nel 2008 la burocrazia ha chiesto il conto con gli interessi, per quesi miseri debiti: 100 mila euro e le case pignorate, comrpesa quella di Pippo Fava. E’ partita una mobilitazione straordinaria perché, come ha scritto Claudio Fava, esiste un’ Italia civile, e i fondi sono stati raccolti. La storia di Pippo Fava ha segnato tante persone, non solo catanesi. Diversi dei “carusi” di Fava e de “I Siciliani Giovani”, sono sparsi in giornali di Milano e Roma, compreso questo. Hanno nel cuore il suo insegnamento: raccontare i fatti come sono. E questo vale, come ci ripete Faillaci, anche per i ragazzi di oggi. Gianfranco fa l’insegnante, ma di giornalismo se ne occupa ancora. Insieme a Rosa Maria Di Natale e Roberta Marilli, ha creato un laboratorio alla facoltà di lingue, “Step1.it”, diventato un riferimento perché ancora adesso, l’unico quotidiano catanese resta “ La Sicilia” dell’ediotre Mario Ciancio. Ecco perché molti giornalisti liberi lasciano Catania. La Sicilia recentemente ha pubblicato una letterea minacciosa di Vincenzo Santapaola, figlio del capomafia, e sottoposto al 41 bis. “Sono in qualche modo “faviane” anche altre realtà d’informazione libera che in gran parte ruotano intorno a  Riccardo Orioles, tra i giornalisti più vicini a Fava. Insieme a Graziella Proto, ha pubblicato il mensile Casablanca, costretto a chiudere l’anno scorso.

Adesso lo si può legge  su “Ucuntu.org”. Sempre Orioles è l’ispiratore di due giornali, “La Periferica”, distribuito a Librino e “I Cordai” a “San Cristoforo”, zone ad alta densità mafiosa. C’è anche un giornale distribuito ai semafori ogni 15 giorni, è il freepress “Catania possibile”, con Renato Camarda in prima fila.

L’ultima novità è che anche a Catania si può leggere La Repubblica con l’edizione di Palermo. Fino al 18 settembre scorso nella Sicilia orientale ( zona de “La Sicilia” di Ciancio) non era possibile. In cambio Ciancio, stampava con uno sconto La Repubblica nell’isola. L’intesa è cambiata grazie a Liberainformazione di Roberto Morrione, al presidente dell’Fnsi, Roberto Natale, a “Step1” che al festival d’inchiesta a Perugia hannno fatto pressing  sul direttore Ezio Mauro, e all’inchiesta di Sigfrido Ranucci di Report. Il giornalista riceverà oggi pomeriggio al centro Zo il premio nazionale Giuseppe Fava che assegna la Fondazione Fava ( presidente Elena Fava, vice presidente Resi Ciancio). La sezione giovani l’ha vinta Giulio Cavalli, attore e autore teatrale, di Lodi,  sotto scorta per i suoi spettacoli contro la mafia. Stasera reciterà un monologo dedicato a Pippo Fava.

Un verso fa così:”.…Sono Giuseppe, per gli amici Pippo, e ho costruito, nell’isola delle parole da non dire, la casa di marzapane più resistente della città”. Perché, come scriveva Pippo Fava, “ a che serve essere vivi se non si ha il coraggio di lottare?”.

* Da Il Fatto quotidiano

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