Chi ha seminato il vento delle paure raccoglie tempesta
Dalle conferenze stampa di fine d’anno dei responsabili della sicurezza e dell’ordine pubblico si apprende che anche nella Capitale, cosi come nel resto d’Italia, continuano a diminuire le attività delinquenziali riconducibili alla piccola criminalità. Il trend in diminuzioni di scippi,furti e rapine e di quasi tutti i cosi detti reati predatori, si è avviato anni fa grazie all’impegno e alle nuove strategie di controllo del territorio messe in campo dalle forze di polizia e all’effetto delle nuove e più incisive politiche sociali e di inclusione, operate in gran parte da quella grande risorsa che nel Paese è rappresentata dal volontariato.
Alla costante diminuzione dei piccoli reati contro le persone ed il patrimonio non corrisponde la sensazione di maggior sicurezza da parte dei cittadini. Il livello di sicurezza percepita dai romani, cosi come dal resto degli italiani, è basso. Illustri esponenti del governo in carica si attribuiscono il merito dei positivi risultati e non delle diffuse insicurezze percepite dalle persone dimentichi, probabilmente, del fatto che nella passata legislatura fu alimentata a dismisura la paura nei cittadini, amplificando episodi di criminalità comune che, seppur efferati, non rendevano Roma e le altre città italiane meno sicure di quelle europee o nord americane.
Roma registra da decenni livelli di microcriminalità e di violenza urbana decisamente meno preoccupanti rispetto a quelli di Parigi, di Londra, di Amsterdam, di Monaco di Baviera o delle altre grandi città del pianeta. Ciò nonostante, una cosciente e voluta strategia tesa a fare del diritto alla sicurezza dei cittadini un terreno di scontro tra parti politiche, ha provocato una endemica paura di massa che ci fa sentire tutti costantemente insicuri. Con ogni probabilità lo stesso ministro dell’Interno Roberto Maroni sottovaluta la responsabilità di quella parte della politica che ha parlato per alcuni anni alla pancia delle persone, alimentando le paure nei confronti del diverso e in particolare dello straniero. Questi atteggiamenti irresponsabili non potranno far venire meno, con spot televisivi o con sedanti conferenze stampa, la sensazione di insicurezza di quei cittadini che si trovano a vivere vicini agli immigrati o a quanti sono stati additati come possibile pericolo.
Il ministro Maroni non potrà facilmente far dimenticare ai cittadini italiani che un diffuso manifesto del suo partito paragona questi ultimi alle popolazioni indiane nord americane che finirono nelle riserve a seguito dell’immigrazione europea… Loro hanno subito l’immigrazione. Il Paese è da anni sottoposto a forti terapie di paure a correnti alterne e non basta il cambio di coalizione di governo per far dimenticare gli slogan gridati dai palchi di Treviso o di altre città contro quelli che vogliono aprire moschee o centri islamici o contro i bambini rom o contro i neri, i marroni o i grigi…gli omosessuali e i cittadini di altre etnie. E’ il caso di dire che chi semina il vento della paura raccoglierà sempre e comunque tempesta. E tempesta si raccoglierà quando si tirerà il bilancio della lotta alle grandi organizzazioni mafiose che condizionano pesantemente lo sviluppo economico e sociale nel nostro Paese.
Si deve anche su questo fronte registrare il costante successo dell’azione della magistratura e delle forze di polizia, nonostante il taglio delle risorse, dei mezzi di cui dispongono e la minacciata riduzione degli strumenti legislativi per contrastarle, come le nuove annunciate norme sulle intercettazioni telefoniche. Da alcuni mesi si sente parlare di lotta senza quartiere alle mafie e poi si negano le connivenze tra i vari livelli delle organizzazioni mafiose: quello militare, quello politico e quello economico. Si enfatizzano, giustamente le catture dei boss latitanti di mafia, camorra e ‘ndrangheta, frutto del lavoro di quella magistratura cosi vilipesa e si dimentica che langue ogni tentativo di recidere il cordone ombelicale che lega i mafiosi con la pistola a quelli con i colletti bianchi che siedono anche nel Parlamento .
A Roma grazie al lavoro delle Forze di Polizia e dei pochi magistrati impegnati sul fronte della lotta ai clan mafiosi sono stati sequestrati nel 2009 beni per oltre duecento milioni di euro, una ingente somma di danaro che rimane la punta dell’iceberg delle immense risorse economiche che le mafie investono nella Capitale e nel resto della regione Lazio. Va comunque sottolineato che gli oltre 300 milioni di euro di beni immobili sono stati sequestrati ai boss del Lazio dalla Magistratura e non dal Governo. Nessun governo ha il potere di sequestro o di arresto in democrazia.
Anche sul tema della lotta alle mafie sarebbe più opportuno che la politica facesse la sua parte e non quella di altri soggetti istituzionali. In particolare sarebbe auspicabile che il Governo fornisse a magistrati e tutori dell’ordine i mezzi necessari per combattere le mafie e garantisse che nel Paese i clan non condizionino gli organi amministrativi come i comuni e le province e che il voto democratico non venga influenzato dalle mafie, cosi come è stato riscontrato da commissioni d’accesso prefettizie per ben due comuni pericolosamente vicini alla Capitale: Nettuno e Fondi. Il Governo per togliere l’humus dove attecchiscono i sistemi mafiosi dovrebbe attuare politiche che garantiscano il diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, capaci di liberare le persone dal bisogno e dal giogo criminale. Per fare alcuni esempi nella città di Roma si pensi alla situazione di quartieri come Tor Bella Monaca, Laurentino 38 e Ostia, solo per citarne alcuni.
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