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Pizzo di Natale

Di Walter Molino (da partinico.info) il . Sicilia

Abiti lisi, viso emaciato, sguardo pietoso e barba incolta. Voce piagnucolosa e postura ossequiosa. Babbi Natale alla rovescia, non portano doni ma chiedono un pensiero per i carcerati, come non muoversi a compassione? Mica elemosina, volete offendere, che ci facciamo con uno o due euro? Cinque euro è il minimo sindacale, dieci o venti meritano un grazie e una segnalazione nella lista dei generosi su cui poter sempre contare. Con cinquanta ci si riconosce, per qualsiasi cosa a disposizione dottò, menza parola, anzi manco quella, il nostro amico la manda a salutare e ricambi ci mancherebbe. Siamo a posto. Messi a posto. Senza pensarci, cosa vuoi che sia, poveri disgraziati, raccolgono due lire, pure il parrino lo va dicendo.

E’ il pizzo di Natale. Bando alle ipocrisie, chiamiamo le cose col loro nome. Denunce, ovviamente, zero.  Segnalazioni manco. Confidenze, poche e con mille tra avvertenze e distinguo. Mezze frasi smozzicate al bar, ecco davanti al caffè qualcosina evapora,  quel sorriso benevolo e fatalista, tutti in fondo dobbiamo campare. A denti stretti, per prudenza e adesso anche con un po’ di rabbia. I negozi di Partinico e dei paesi del circondario sono vuoti. Lo shopping di Natale è solo in televisione nei rassicuranti Tg nazionali che ci raccontano come stiamo  volteggiando fuori dalla crisi. Palle. La crisi, dalle nostre parti, comincia a mordere adesso. A parte la nuova classe moèchantò, piccola e sempre più sguaiata minoranza alcolica, che fa dello sfarzo esibito il simbolo più volgare di un’esistenza millesimata, la gente comune, dai resistenti alla media e piccola borghesia, stringe la cinghia. Si spende meno, e meno si incassa e per il negozio di paese quelle venti o cinquanta euro pesano. Scoccia sganciare il soldo, e magari in silenzio si fa strada una domanda: ma perché?

In fondo a Partinico e dintorni il racket sistematico resta ancora circoscritto alle aziende vinicole, alle imprese edili, qualche grosso centro di distribuzione alimentare e poco altro. E con tecniche più elusive che estorsive: false fatturazioni, un pò di nero, piccole truffe all’erario messe in atto da qualche minimo delinquente da strapazzo che più delle forze dell’ordine teme magari di pestare i piedi a qualche fetentone locale che ancora batte il pugno. Gli esercizi commerciali sono stati finora, nella maggior parte dei casi, risparmiati. E invece Natale e Pasqua, per non parlare della Madonna del Ponte e le processioni, sono tutte occasioni per chiedere un’offerta, avanzare richieste, e pazienza se invece dell’obolo qualcuno versa – più o meno volontariamente – un paio di maglioni, una busta della spesa, le scarpe per farsi due passi nell’ora d’aria.

I primi a istituzionalizzare il Pizzo di Natale sono stati i casalesi di Castel Volturno, camorristi di seconda o terza fila abituati a cavare il sangue dalle rape. Dalle nostre parti i commercianti faticano ad ammetterlo, cosa vuoi che sia, ma quale pizzo. Intanto, con l’offerta natalizia per i poveri carcerati – in genere ospitati nelle patrie galere per aver commesso efferati crimini come associazione mafiosa, omicidi, estorsioni, traffico e spaccio di droga, mica reati d’opinione –si erode più o meno consapevolmente un altro pezzetto di legalità, si baratta lo Stato di diritto con un’assicurazione preventiva perfino a buon mercato. E con tutta la criminalità che c’è in giro, sarà solo una coincidenza se a queste latitudini si contano sulle dita di una mano i negozi dotati di sistema di allarme antifurto?  

da partinico.info

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