I perché su Lucano. Solo le motivazioni chiariranno il caso e la pena
Il nostro sistema penale è più garantista di quel che si creda
Il senso profondo della disputa tra Creonte e Antigone sta nella necessità di conciliare le leggi umane e divine, oggi diremmo i diritti insopprimibili legati alla dignità, ai sentimenti e alle radici culturali dell’individuo con le esigenze dello Stato.
Significa che legalità e giustizia debbono cercare di andare di pari passo. Che il magistrato deve interpretare il suo ruolo al servizio sì della legge, ma nella prospettiva più ampia e profonda della giustizia. Cercando sempre di dare al proprio lavoro un’impostazione non meramente burocratico-formale, non distaccata dalla realtà, ma capace di farsene carico in quanto fattore determinante delle vicende da ricostruire e giudicare.
Sono, queste, alcune prime generiche considerazioni a proposito della sentenza di Locri che ha condannato Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace.
Vediamo innanzitutto i filoni principali delle reazioni alla sentenza. Alcuni valutano positivamente l’esperimento di Riace. Secondo Luigi Ciotti, ad esempio, si è trattato di un prezioso patrimonio sociale e culturale, di un modello pionieristico di accoglienza, capace di conciliare dignità, lavoro e sicurezza. Alex Zanotelli definisce Lucano “uomo semplice che ha fatto solo del bene a Riace, un paese morto risorto grazie a lui”. Di fatto è la stessa opinione della BBC, che riconosce a Lucano di aver “fermato l’esodo dalle sue terre, creato nuovi posti di lavoro, trovato soluzioni per l’accoglienza dei migranti”.
Per contro, altri rilevano che il processo è basato su carte e fatture false difficilmente controvertibili; sottolineano che non è stata processata l’accoglienza, ma solo le modalità di gestione in violazione della legge; sostengono che non vi è stato alcun assillo colpevolista, ma unicamente osservanza del principio che nessuno può considerarsi al di sopra della legge.
Riassunte le opposte posizioni, proviamo a fissare alcuni punti che in sostanza sono altrettanti interrogativi, per la risposta ai quali – come sempre – occorre attendere la motivazione. E non è una clausola di stile o un “commodus discessus”, ma un principio garantista (ovviamente non del garantismo “à la carte”).
La Procura aveva unificato nel vincolo della continuazione tutti i reati contestati, il Tribunale invece li ha distinti in due blocchi (quelli a sfondo “lato sensu” patrimoniale e gli altri). La condanna è stata parecchio severa, superiore a quelle di solito inflitte anche per delitti che causano grave allarme sociale.
È piuttosto singolare che il magistrato giudicante abbia praticamente raddoppiato la richiesta dell’accusa, portandola da 7 anni e 11 mesi a 13 anni e 2 mesi di reclusione. Ci saranno pure stati altri casi simili, ma francamente non ne ho ricordo.
L’art. 133 C.P. stabilisce che il giudice deve esercitare il suo potere discrezionale nell’applicazione della pena in base ad alcuni parametri, fra i quali figurano la condotta e la vita antecedente, contemporanea e susseguente al reato. Al riguardo, non sembra vi siano ombre su Lucano, che in ogni caso è incensurato (ancora l’art. 133, tra i parametri entro cui muovere, indica i precedenti penali), ma non gli sono state riconosciute le attenuanti, neppure le “generiche” che come è noto non si negano quasi mai a nessuno.
In sintesi, secondo il Procuratore di Locri (intervistato su “La Stampa” del 2 ottobre) mentre “sarebbe stato possibile ragionare verso il basso, come avevano fatto i PM, ipotizzando i minimi di pena”, il Tribunale ha scelto una soluzione diversa.
Sarà la motivazione, ripeto, a spiegare ogni cosa. Per fortuna è sempre obbligatoria.
Su questo punto il sistema processuale italiano – che è in crisi profonda, senza che le riforme preannunziate, specie in punto prescrizione, offrano troppe speranze di riassestamento – ha qualcosa di davvero garantista da insegnare agli altri. Tipo quelli che liquidano tutto con un bigliettino con su scritto “Guilty” oppure “Not guilty”: e morta lì…
Fonte: Il Fatto Quotidiano, 05/10/2021
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Condanna Lucano: “Sentenza pesantissima, non si disperda esperienza di Riace”
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