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Modena, economia e affari

Di Stefano Fantino il . Emilia-Romagna

Massimo Mezzetti, Presidente della Commissione Lavoro dell’Emilia-Romagna, da anni è impegnato nella denuncia di illegalità e infiltrazioni mafiose nell’intera regione, in particolare nella provincia di Modena. Al punto da ricevere dei proiettili in busta, con un invito, poco carino nei modi, a farsi i propri affari. Dalle gambizzazioni a Castelfranco Emilia, cittadina tra Modena e Bologna, alle importanti presenze casalesi all’interno del tessuto economico provinciale, da parecchi anni il modenese si è scoperto non solo a rischio ma già inquinato. Lo confermano casi decisamente anomali di violenza, come la sede dell’agenzia delle entrate di Sassuolo, qualche anno fa fatta saltare in aria. Libera Informazione ha quindi ritenuto opportun ripercorrere alcune direttrici per far emergere un quadro interessante e inquietante al contempo. Partendo da quanto un procuratore capo, Vito Zincani, va dicendo da tempo su un fenomeno, quello mafioso, assai presente nel tessuto economico modenese.


Partiamo da quanto ha detto il procuratore capo di Modena Vito Zincani: se si eliminasse il crimine, sarebbe un disastro finanziario per l’economia modenese. Cosa intendeva Zincani? 


A Zincani va dato innanzitutto un merito, l’essere il primo procuratore della Repubblica di Modena che ha finalmente alzato la guardia contro questo che più che un fenomeno è una realtà. Fino ad ora, la tendenza di chi lo aveva preceduto, sia in Procura che nella Prefettura, era stato se non di sottovalutazione, questo no, comunque di ridimensionamento del fenomeno. Lui ha avuto il merito di dare importanza a questa realtà, di porla all’attenzione dell’opinione pubblica. Questa ultima sua dichiarazione che io apprezzo per la qualità e la tensione morale ad essa sottesa, risulta concentrata su questo aspetto: se si dovesse colpire l’attività economica legata alle mafie questo potrebbe avere ripercussioni sull’economia legale. Puntando anche sull’aspetto terminale: se prostitute, tossicodipendenti non dovessero più consumare nei negozi o nei locali, ad esempio. Entro questi termini diciamo che è un aspetto a mio avviso marginale. 

Tuttavia questa dichiarazione da molti cittadini potrebbe essere vista come un deterrente all’azione antimafia, visti i potenziali risultati? 

Diciamo che nelle parole di Zincani è insita questo aspetto: che l’economia sana non ha interesse a colpire l’economia malata perchè sarebbe anche controproducente. Io, sulla base delle dichiarazioni di Zincani, avrei concentrato altrove la mia attenzione su quei settori dell’economia che, pervasi dall’economia mafiosa, può incidere anche sull’economia sana modenese. Per questo non è accettabile questa sorta di ricatto morale implicito che non è nelle parole di Zincani, ma sotteso: il paradosso è che se non colpiamo l’economia illegale per paura di intaccare quella legale, quel virus potrà dilagare nell’economia sana. E in quel caso sì che verrebbe distrutta una economia se non si prendessero adeguate misure… Esattamente, tanto più in un periodo di forte crisi economia, in cui la responsabilità del sistema bancario, che nel momento in cui restringe i cordoni del credito, induce l’azienda, che magari sta passando solo un momento di crisi ma non è destinata al fallimento, a ricorrere a canali “non ufficiali”, a una liquidità che oggigiorno, è, in grandi quantità nelle disponibilità della sola criminalità organizzata che in qualche modo comincia a mettere un piede dentro l’azienda. Una modalità ormai accertata per entrare nell’economia pulita… Questo vale per l’impresa edile, per quella metalmeccanica, e per l’esercizio commerciale, che davanti a chi sopravvaluta in contanti il valore dell’attività, sono pronti a vendere senza interrogarsi più di tanto della provenienza del denaro. Qui subentra la necessità di un tavolo, idea rilanciata da me e dal Procuratore, che vada oltre il Comitato per l’ordine e la sicurezza, e veda seduti insieme forze sociali, imprenditoriali, istituzioni, amministrazioni, Questura e procura per raccogliere le segnalazioni da parte di imprese e privati alle associazioni di categoria. Anche i singoli episodi se non presi da soli potrebbero essere ricondotti ad ambiti più grandi. 

Ha qualche esempio da raccontare? 

Un anno e mezzo fa è stata sgominata una banda di usurai a Modena che facevano capo a tale Dominique Scarfone, di origine calabrese, rubricati dai quotidiani come semplici esempi di cronaca nera. Quando poi si scoprono precedenti procedimenti per connessioni con la ‘ndrangheta, un giro di affari di 20 milioni di euro annui, allora forse non si tratta di una piccola banda di usurai ma di qualcuno con grandi disponibilità dentro un circuito che interviene nelle situazioni di crisi di esercizi commerciali. Questi episodi devono essere connessi altrimenti se ne ignora la portata globale. Importante dunque un tavolo di confronto e una attività delle Procure regionali che lo stesso Zincani sta incentivando: un grosso limite in Emilia-Romagna è stato quello di agire sulle infiltrazioni solo in disposizione di custodie cautelative o segnalazioni di Procure extraregionali che intercettavano affari sulla nostra regione. 

Quali sono i settori produttivi a rischio nel modenese? 

Oltre a un ramo di influenza extra-imprenditoriale, quello delle truffe e del gioco d’azzardo, trai i settori più colpiti c’è quello edile, soprattutto nella gestione dei subappalti, che sfuggono perchè non passano per bandi di gara. Alcune realtà della regione hanno affrontato un tema molto importante in fatto di appalti: quello del massimo ribasso. Un meccanismo nato dopo Tangentopoli per far fronte ai rigonfiamenti degli appalti. Presto è diventato un’arma micidiale per coloro che avevano liquidità di denaro da ripulire: potevano permettersi ribassi del 30-40 %, vincere l’appalto perchè, in questo modo, loro comunque ripulivano del denaro. A Modena nella seconda metà degli anni Novanta si arrivava in qualche caso anche al 60% di appalti che venivano, in un contesto di numerose imprese edili locali, assegnate a ditte esterne, spesso del Sud. Sicuramente un’anomalia. Negli ultimi anni il tema del massimo ribasso è tornato ad essere uno dei criteri prioritari, complice la crisi economica e le difficoltà di bilancio dei Comuni, e con questo è ritornato il pericolo infiltrazioni. La ditta grossa che vince l’appalto per tenere i prezzi bassi deve dare in subappalto i lavori a ditte che riescano realmente o fittiziamente a gestire quei costi. E io terrei d’occhio il settore alberghiero. 

Per quale motivo? Che elementi ha a suffragio? 

Non ho elementi di certezza sufficienti, ma in Emilia Romagna, e a Modena in particolare, il sistema alberghiero attualmente
esistente copre i posti letto, in media durante l’anno, del 40% del totale. Il 60% rimane vuoto. Eppure stiamo assistendo da tre anni a questa parte, a grandi investimenti, nel nostro territorio, per costruire nuovi alberghi. Vado per deduzione, qual è quell’imprenditore assennato che in una situazione di crisi, decide di investire in un mondo che è saturo. Alberghi con 100, 200 posti, che rimangono inattivi per due o tre anni e poi rivengono messi sul mercato. Un settore da attenzionare. 

Tornando al settore edile esiste un problema caporalato in Emilia Romagna? 

Esiste un problema sì. Tra l’altro anche il giornale locale, la Gazzetta di Modena, ne ha parlato con una piccola inchiesta qualche mese fa. Significativo il silenzio assordante dopo questo lavoro. I sindacati avevano fatto un convegno, denunciando anche, ma le istituzioni hanno risposto col silenzio. Un fenomeno triste per una realtà ricca come la nostra. Camion che alle cinque di mattina passano nei bar a prendere la gente per farla lavorare spesso senza adeguate misure di sicurezza.

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