Siamo dunque a quel punto di scontro istituzionale al quale non avremmo mai voluto arrivare. In questo momento sentiamo acutamente il dovere di occuparcene come operatori di Libera volti ad affermare diritti e rispetto delle leggi, come giornalisti che credono nella libertà dell’informazione, come cittadini che vogliono difendere la democrazia. Con la sua incredibile esternazione a Bonn, davanti a un’Europa sconcertata e preoccupata, che già aveva dell’Italia un’immagine di difficile comprensione, Silvio Berlusconi ha sferrato un attacco frontale ai poteri che la Costituzione pone a garanzia dell’assetto della Repubblica nata dalle rovine della dittatura fascista. In nome di una pretesa sovranità assoluta del suo compito di governo poggiata sul consenso elettorale, l’assalto portato al potere del Parlamento, contro l’autonomia giudiziaria e soprattutto contro le più alte garanzie di questo naturale equilibrio, la figura del Capo dello Stato e la Corte Costituzionale, scava un fossato profondo e oscuro per il futuro del Paese. La ferma risposta del Presidente Napolitano e la difesa delle prerogative costituzionali da parte del Presidente della Camera Fini sono un primo argine all’esondazione berlusconiana, che questa volta appare però decisa a non indietreggiare.
“Cade la maschera del clown”, aveva duramente titolato il Times di Londra, quando l’appello pubblico della signora Veronica Lario diede il via alla lunga serie di scandali a sfondo sessuale che hanno assediato il premier nel corso dell’estate. Già erano in atto propositi insofferenti nei confronti della Costituzione e soprattutto un’offensiva verso la magistratura inquirente e i Pubblici Ministeri che nascondeva la pervicace volontà di sfuggire in ogni modo, con lo schermo di leggi “ad personam”, a quei processi del passato, ma che la lunga memoria della legge “uguale per tutti”, come si legge nelle aule di Giustizia, non ha dimenticato. I continui attacchi alla libertà dell’informazione e ai giornali considerati ostili erano lo sfondo fisiologico di questa offensiva. Due fattori hanno tuttavia tramutato in una vera ossessione il tratto egocentrico e autoritario fondante della personalità del premier, un’ossessione che ormai paralizza totalmente l’azione e, purtroppo, gli obiettivi di governo. Innanzi tutto l’inesorabile bocciatura da parte della Consulta di quel “lodo Alfano” che sembrava uno scudo perfetto per i guai del premier, poi il riesplodere di quelle inchieste giudiziarie sulle tragiche vicende che a metà degli anni ’90, sulla scia delle stragi mafiose, cambiarono il corso della vita politica italiana, con le pagine ancora oscure di una trattativa fra parti deviate dello Stato e il potere criminale di Cosa Nostra. Il saldarsi di questi due elementi ha scatenato la ridda di progetti su cui lavorano gli avvocati-parlamentari del premier e l’intera maggioranza, dal processo breve al legittimo impedimento, da un secondo e più sostenibile “lodo Alfano” a ipotesi che rispolverano l’immunità parlamentare o la tentazione di dissolvere il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, storicamente applicato da anni e fatto proprio da sentenze della Cassazione. Le inchieste in corso alle Procure di Palermo, Caltanissetta, Firenze, Milano, stranamente esorcizzate dal premier ancor prima che assumessero visibilità pubblica le rivelazioni del pentito Spatuzza, sono certamente uno dei fattori scatenanti dell’accelerazione anticostituzionale decisa da Berlusconi. Le recenti smentite che queste rivelazioni, di per sé tutte da verificare con adeguati riscontri, hanno avuto da parte dei Graviano, non hanno giudiziariamente un significato oggettivo, non essendosi i due capi-mafia mai pentiti, ma siamo certi che i “pasdaran” del potere berlusconiano ne trarranno un’enorme propaganda contro il preteso complotto politico della sinistra attraverso le “toghe rosse”, come sta facendo ovviamente Marcello Dell’Utri, ansioso di sfuggire in appello alla dura condanna ricevuta in primo grado. Restano però sospesi inquietanti interrogativi, legati, questi sì, a fatti incontrovertibili, che denunciamo in questo stesso numero di Verità e Giustizia. E’evidente la contraddizione fra il trionfalistico bilancio della lotta antimafia magnificato dal Governo e decisioni che vanno in senso inverso quali il rientro dei capitali sporchi attraverso lo scudo fiscale e l’emendamento alla Finanziaria che con la vendita dei beni confiscati alle mafie e non assegnati socialmente permetterà al crimine organizzato di reimpadronirsene presto: un bel panettone natalizio avuto in regalo. Su tutto questo, tuttavia, domina soprattutto l’intendimento di mettere mano al più presto a quella riforma della Giustizia che, ben lontana dal rispondere alle reali e giuste aspettative dei cittadini superandone limiti, ritardi e difformità di comportamenti da parte di giudici e apparati giudiziari, intende nei propositi berlusconiani annullare l’autonomia dei PM ponendoli alla mercè dell’Esecutivo. Sarebbe davvero questo il segno definitivo di una vittoria dei poteri criminali e della corruzione che sta dilagando a ogni livello. Se vogliamo essere brutali, ma realistici, di per sé questo possibile traguardo potrebbe giustificare , insieme con le decisioni parlamentari in corso su volontà della maggioranza, una perdurante attesa da parte dei poteri criminali e, di fatto, una prosecuzione indiretta di una trattativa perversa che, per vie differenti, potrebbe di fatto non essersi mai spezzata…
Che tutto questo possa concentrarsi in un devastante scontro istituzionale, contribuendo a dividere in due il Paese e l’opinione pubblica, sulla scia di un dominio televisivo sull’informazione che si accentua ogni giorno di più da parte di un premier forte dell’ intatto conflitto d’interessi, toglie a tutti residue illusioni, ma deve indurci a un’ancora più forte impulso di cercare fino in fondo verità e giustizia. La difesa a oltranza della Costituzione resterà la nostra guida su questo percorso.