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Colosso dai piedi d’argilla

Di Gaetano Liardo il . Calabria

 Fermiamo i cantieri del ponte, lottiamo per le vere priorità! E’ questo lo slogan scelto dalla Rete No Ponte per la manifestazione del prossimo 19 dicembre a Villa San Giovanni, punta estrema della Penisola, per rilanciare un grande movimento che dia slancio e respiro al Sud. Già, perché la Rete non si oppone soltanto alla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, opera faraonica, dai costi spropositati, che rischia di essere l’ennesima grande opera fantasma, ma anche a tutte quelle costruzioni che hanno devastato e stanno continuando a devastare la Calabria e la Sicilia, portando ricchezza e sviluppo soltanto alle cosche mafiose che hanno pilotato gli appalti, impedendo la realizzazione di strutture utili e funzionali.  

Una Rete, quella No Ponte, che abbraccia e coinvolge gruppi ambientalisti, associazioni, gruppi politici che in Calabria e in Sicilia hanno manifestato contro la devastazione del territorio, le ecomafie, le navi dei veleni, la criminalità organizzata. «Manifestiamo la nostra indignazione nei confronti dell’azione del governo verso il Sud, e in particolare verso la Calabria e la Sicilia», dichiara Peppe Marra, della Rete No Ponte, nel corso di una conferenza stampa di presentazione a Roma. «La tragedia di Giampilieri e Scaletta Zanclea, gli alluvioni che hanno isolato la Calabria», continua Marra, «sono provocati dalla devastazione del territorio, causati dalla cementificazione selvaggia». Territori vandalizzati dall’incuria e dall’incapacità amministrativa, dall’abusivismo edilizio, dai rifiuti sepolti e dalle navi dei veleni, con la regia della ‘ndrangheta e del malaffare politico. In Calabria così come in Sicilia. Difronte a tutti questi problemi il Governo interviene con la posa della prima pietra del ponte, «opera sulla quale non è stato approvato alcun progetto, e della quale non si hanno finanziamenti certi», denuncia Marra, che aggiunge: «basti pensare che il pilone sulla sponda calabrese dovrebbe poggiare su una faglia sismica, la faglia 50».  

Il ponte è  una grande speculazione finanziaria, denuncia la Rete, una speculazione fine a se stessa che non mira alla realizzazione del ponte. Inizieranno i lavori, quindi, solo per foraggiare sprechi e lobby. Nient’altro. Il ponte non interessa, interessano i soldi che pioveranno sulle due sponde dello Stretto. «Per la manifestazione del 19 dicembre abbiamo ottenuto l’adesione della Giunta regionale della Calabria», aggiunge Tiziana Barillà, che invita, a nome della Rete, la Giunta ad uscire dalla Stretto di Messina Spa, la società che si occuperà della costruzione del ponte. «Si chiede la chiusura della Stretto di Messina Spa», rincara la dose Peppe Marra, «e che il denaro pubblico stanziato per la costruzione del ponte sia utilizzato per il risanamento del territorio, per ultimare i lavori sulla Salerno-Reggio Calabria».

«Ci sono interessi oscuri attorno al ponte», sottolinea Eva Catizzone di Sinistra e Libertà, «l’opera non si realizzerà, ma servirà ad alimentare interessi vischiosi e oscuri che danneggiano l’intero Paese». Se un ponte può servire alla Calabria, deve essere un ponte culturale che unisca la regione all’Europa e al Mediterraneo. Se poi l’esecutivo andrà avanti con il progetto del ponte «restituiremo la prima pietra», commenta Nino Morabito di Legambiente, che aggiunge: «una spesa diversa è possibile, serve tutto l’orgoglio dei cittadini calabresi per evitare lo scempio di un opera che non sarà mai terminata».

Un invito ad essere protagonisti in positivo, dare un’immagine diversa della Calabria e del Sud in generale. «O la vicenda calabrese diventa nazionale, oppure scivola nel dimenticatoio della storia», fa eco Silvio Messinetti del movimento “Terra, aria, acqua e libertà” di Crotone. «La Calabria non è solo una regione di sconfitte, di occasioni mancate, ma anche di vittorie significative», continua Messnetti, «vittorie come quelle di Crotone, dove è stata impedita la costruzione di Europaradiso, una speculazione chiaramente mafiosa; vittorie come quelle dei Rom di Cosenza, come quella del 24 ottobre ad Amantea contro le navi dei veleni». Come quella, auspicabile, contro il ponte, a patto che la battaglia diventi nazionale. Come nazionale deve diventare la battaglia per uno sviluppo possibile di un Sud che deve emanciparsi dal cancro delle mafie e delle collusioni.

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