Querele temerarie, la «politica assente»
Azioni civili di risarcimento danni, per decine di migliaia di euro, rappresentano una minaccia alla libertà di stampa, ma una norma di contrasto alle liti temerarie nei confronti dei giornalisti e dei giornali è ferma al Senato
La denuncia e lo scoramento di Cesare Giuzzi («La querela temeraria, l’ultima arma dei mafiosi per intimidire noi cronisti», Corriere 11 agosto), che ha guidato per anni il Gruppo dei cronisti lombardi, descrivono bene, senza alcuna concessione alla retorica, le difficoltà e i rischi che migliaia di giornalisti italiani devono affrontare quotidianamente. Il fenomeno delle querele temerarie, che sempre più di frequente si presenta sotto forma di azioni civili di risarcimento danni per decine di migliaia, se non per qualche milione di euro, rappresenta una forma di intimidazione e di minaccia alla libertà di stampa. La querela o la richiesta di risarcimento, infatti, produce spesso un effetto deterrente su chi la riceve.
Da anni la Federazione nazionale della Stampa italiana porta avanti una battaglia, anche con mobilitazioni di piazza, per fare in modo che il Parlamento adotti una norma per contrastare questo fenomeno. Alla buona volontà e all’impegno sincero di alcuni parlamentari non corrisponde, però, alcun atto concreto. Evidentemente il fronte parlamentare trasversale che ritiene che tutto debba restare com’è è più ampio e in grado di incidere maggiormente. Non si spiegherebbe altrimenti perché, nella passata legislatura, la norma di contrasto alle liti temerarie nei confronti dei giornalisti e dei giornali, sostenuta dalla Fnsi, si sia fermata in quarta lettura al Senato. Per la stessa ragione, una norma analoga, fra le prime di iniziativa parlamentare presentata in questa legislatura al Senato, non ha compiuto passi avanti significativi.
Eppure la questione è tutt’altro che marginale. Si tratta di recepire nell’ordinamento italiano un principio di civiltà più volte sancito dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo. Quello, cioè, secondo cui, una volta accertata in giudizio la temerarietà della lite, chi ha promosso l’azione deve essere condannato non soltanto alle spese del giudizio, ma anche a una sanzione pecuniaria proporzionale al risarcimento richiesto al giornalista o al giornale.
Le querele temerarie, insieme con i cronisti sotto scorta perché minacciati da gruppi criminali, la crescita esponenziale del lavoro precario e la mancata riforma del servizio pubblico radiotelevisivo sono fra le criticità segnalate in Italia dalla Commissione europea nel recente Rapporto sullo stato di diritto nei 27 Paesi dell’Unione. La stagione di riforme appena avviata dovrebbe spingere il governo ad affrontare con decisione anche il tema del ruolo dell’informazione nell’Italia che verrà.
Occorre un tavolo di riforma e di rilancio che raccolga le sollecitazioni che più volte, nel corso degli ultimi anni, sono arrivate dal Presidente della Repubblica. La qualità dell’informazione non è una questione che riguarda soltanto giornalisti ed editori. È un affare che riguarda tutti, istituzioni e cittadini, perché un’informazione libera e autorevole rafforza la qualità della democrazia.
* Segretario generale della Fnsi
Fonte: Corriere della Sera, 18/08/2021
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