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L’Italia del futuro è già realtà nello sport

Pierluigi Ermini il . Cultura, Giovani, Politica, Società, Sport

Lo sport italiano vive un mese magico, non solo per i risultati straordinari che stanno arrivando dalle Olimpiadi, per la vittoria del campionato europeo di calcio e per la finale di Berrettini al torneo di Wimbledon, ma anche per i messaggi che lo sport in generale sta lanciando a ripetizione nel nostro paese.

Il messaggio di integrazione, grazie alla composizione multietnica di tante delle squadre che hanno ottenuto magici risultati in queste settimane, con atleti uniti che lottano uno per l’altro, indipendentemente dal colore della loro pelle e dai loro luoghi di origine, è il primo e più forte che arriva a tutti noi.

Non è più rinviabile la presa d’atto di un popolo che sta cambiando, che deve capire che la razza da un punto di vista scientifico non esiste, che il nostro DNA è uguale per tutti gli esseri umani per il 99% e si differenzia solo per l’1%.

Ma quell’1% mi differenzia non solo da chi ha un colore diverso da me, ma anche da mio fratello e sorella. Dunque anche da un punto di vista biologico siamo persone con pari dignità.

La differenza non è data dai luoghi in cui si nasce, ma dalle strade e città dove si vive, si cresce, si va a scuola, si impara la lingua, la cultura, la storia e le tradizioni, si fa sport, senza per questo voglia dire rinunciare alle proprie origini.

Questo 1% che ci differenzia è anche la nostra ricchezza, come lo sport in queste settimane ci fa vivere. Mettendo insieme, unendo doti, qualità e diversità si diventa più forti.

Le persone non sono solo fatte dal sangue che scorre nelle loro vene, ma dal pensiero e dalle idee che vivono e respirano, dai desideri e dalle aspirazioni che perseguono e vogliono realizzare.

La differenza la fa la nostra cultura, il nostro modo di vivere e di essere, non i nostri geni. Se solo facessimo nostre queste conoscenze, il mito della razza decadrebbe. Tutti valori che noi occidentali amiamo e desideriamo e per i quali abbiamo lottato e continuiamo a lottare.

Quel ragazzo nero figlio di una badante nigeriana, insieme a quel ragazzo scuro nato in America, insieme a quei due “bianchi” che hanno sfrecciato lungo la pista di Tokyo, per i quali ci siamo commossi e emozionati, sono italiani quanto noi, cantano il nostro inno e parlano un italiano perfetto.

Spesso sono il frutto di tanta forza e determinazione imparata attraverso il dolore e la fatica.

Se vogliamo crescere come paese dobbiamo dare spazio ai tanti ragazzi minorenni che hanno genitori stranieri e che hanno diritto non solo di sentirsi italiani, ma di avere accanto uno stato che giuridicamente gli riconosce questo diritto.

Se vogliamo essere protagonisti del nostro futuro come paese e come popolo dobbiamo accettare la realtà che è quotidianamente davanti ai nostri occhi e riconoscere a queste persone i nostri stessi diritti e doveri.

Si rassegnino tutti coloro che insistono per non accettare ciò che è nella storia e nella realtà e che sarà sempre più il modo di vivere nelle nostre città.

Non facciamoci dominare da questo 1% di diversità, non ascoltiamo quei politici che fanno forza sulle paure e fomentano disvalori che ci allontanano da essere un popolo più vero e maturo.

Il messaggio dello sport, quello vero che riscopriamo spesso durante le Olimpiadi che ci permettono di venire a contatto anche con gli sport poveri fatti di tanta fatica e pochi soldi, è chiaro.

Sta a noi ascoltarlo e farlo nostro, non solo nell’emozione che ci dona una gara.

Sta a noi trasformare la gioia provata e la sensazione di verità che percepiamo nei momenti della gara e della vittoria, in azione concreta e in desiderio di crescita.

Sta a noi aprirci al mondo che cambia, dare un senso profondo al messaggio che arriva dallo sport, proiettarlo negli altri campi della nostra vita,  per costruire uno stato dove chiunque cresca qui ha il diritto di sentirsi e di essere realmente italiano.

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