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Cortocircuito informativo, quando le mafie non fanno notizia

Di Gaetano Liardo il . Lazio

Nel Lazio c’è  un blackout out informativo sulla questione delle mafie. La presenza della criminalità organizzata viene ignorata o minimizzata, il tutto con il colpevole silenzio dei media. La denuncia forte e chiara viene lanciata a Frosinone nel corso del sesto appuntamento di “Parole e mafie”, il ciclo di incontri su mafie e informazione organizzati da Libera Informazione in collaborazione con la Casa della Legalità della Regione Lazio.

Antonio Turri, Toni Mira e Lorenzo Frigerio spiegano alla stampa e all’associazionismo locale i problemi e le sfide poste nel Lazio dalla presenza delle mafie. Presenza forte e consolidata da tempo. Basti pensare a Nettuno, il cui Consiglio comunale è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, o a Fondi dove l’acclarata presenza delle mafie nel tessuto politico ed economico della città non è bastata a portare allo scioglimento del Consiglio comunale. Oppure la presenza delle mafie a Roma e su fino a Rieti e Viterbo.Non si può più parlare di infiltrazioni per il semplice motivo che le mafie, nel Lazio, sono talmente consolidate e presenti da dover prendere in considerazione il concetto provocatorio di Quinta mafia. Le ‘ndrine calabresi, le cosche siciliane, campane e pugliesi insediatesi da tempo in regione sono collegate al territorio, sviluppando legami solidi con la criminalità laziale. Diventando un tutt’uno, forte, pericoloso e temibile.

«Se guardiamo a Nettuno, dei numerosi indagati soltanto tre risultano essere esponenti della ‘ndrina calabrese dei Gallace. Tutti gli altri sono cittadini di Roma e Nettuno», afferma Antonio Turri, coordinatore di Libera nel Lazio. «Dai verbali dei processi “Spartacus” e “Anni ’90” viene fuori uno spaccato inquietante della presenza delle mafie nel Basso Lazio già dal finire degli anni  ’70»,  aggiunge Turri. I processi alla camorra casalese, infatti, aprono uno squarcio sul pedominio delle mafie nelle province del sud, per poi spostarsi al resto della regione. Basti pensare che i casalesi hanno pagato trenta “soldati” per controllare il territorio da Cassino a Terracina, e altrettanti da Sabaudia a Roma. «Ricordate che il boss Setola è stato arrestato nel Lazio e che il boss Iovine passa la sua latitanza nella provincia di Frosinone» sottolinea Toni Mira, giornalista de L’Avvenire. Uno tra i latitanti più pericolosi in circolazione viene dato latitante a Frosinone, e la notizia, lanciata da una testata locale, non trova smentite ufficiali. La Ciociaria, schiacciata tra Latina e il casertano si presta ad essere il luogo ideale per latitanze “comode”, investimenti sicuri e indifferenza generalizzata.

L’indifferenza di una classe politica che non conosce ricambio, se non da padre in figlio. Nel vecchio feudo andreottiano la parola d’ordine e quella di negare la presenza delle mafie. Un sicuro leit motiv a cui si adeguano i giornalisti locali. Non tutti, fortunatamente, ma la grande maggioranza. «E’ importante che siano i cittadini a mettersi in gioco, assumendosi le proprie responsabilità. Quello delle mafie è un meccanismo che mette in discussione la sicurezza dei cittadini e le possibilità di uno sviluppo economico del territorio», sottolinea Frigerio. Gli fa eco Marco Galli, segretario regionale del Silp-Cgil, il sindacato di polizia: «dal 2002 ad oggi sono state arrestate oltre cento persone con interessi criminali nella provincia di Frosinone. A Cassino in una sola operazione sono stati sequestrati beni per oltre 150 milioni di euro a boss locali che collaboravano con la camorra e con organizzazioni criminali cinesi. Esistono numerosissimi casi di usura. In una situazione così difficile le forze dell’ordine sono prive di mezzi e risorse per contrastare le mafie». E le mafie prosperano e fanno affari.

Mentre Frosinone precipita tra le province più povere d’Italia, si assiste al fiorire di centri commerciali e rivenditori di auto di lusso. Sicuramente una contraddizione, ma nessuno sembra preoccuparsene. Gli interessi sono altri. La classe politica è tutta presa da un grande investimento, la costruzione del quarto scalo aeroportuale del Lazio, l’aeroporto di Frosinone – Ferentino. Un grande scalo capace di ospitare cinque milioni di passeggeri l’anno, con la possibilità di creare nuova occupazione, da realizzare con grossi investimenti privati. Peccato che l’aeroporto di Frosinone – Ferentino non è considerato una priorità dall’Enac, anzi non è considerato affatto. Nascerà un nuovo aeroporto nel Lazio, ma a Viterbo. Non serve averne un altro a Frosinone, che dovrebbe nascere in una zona a rischio ambientale, già fortemente provata dai veleni delle ecomafie. Nonostante ciò i terreni dove dovrebbe sorgere l’aeroporto sono stati acquistati. L’allarme è stato lanciato dalla Rete Valle del Sacco, una associazione che si batte per la tutela dell’ambiente a Colleferro e in tutti i paesi della zona, presi dalla morsa delle ecomafie. L’inceneritore, dove si è scoperto che venivano smaltiti illegalmente rifiuti tossici altamente nocivi, l’interramento di fusti di veleni lungo le rive del fiume Sacco, con il conseguente inquinamento delle falde acquifere, e adesso il progetto dell’aeroporto.

Una richiesta di impegno, e tante, troppe sfide, per far si che i cittadini di Frosinone possano riprendere il controllo del proprio territorio estromettendo il violento strapotere delle mafie e dei loro fiancheggiatori.

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