“Caro Draghi, ascolti il grido delle donne vittime della tratta”
La lettera aperta di Mariapia Bonanate al Presidente del Consiglio sul nuovo numero di Famiglia Cristiana
«Le scrivo a nome di Loweth, Glory, Esoge, Sophie, Mary che, come Joy – la protagonista del libro Io sono Joy. Un grido di libertà dalla schiavitù della tratta che le abbiamo inviato – e come migliaia di altre ragazze e donne nigeriane sono vissute nei campi di detenzione libici. Portano nella loro carne e nella loro anima le ferite indelebili delle sevizie subite, degli stupri e delle torture».
Si apre con queste parole la lettera che Mariapia Bonanate, storica editorialista di Famiglia Cristiana, rivolge al premier Draghi.
«Le scrivo anche a nome delle tante che, intercettate dalla Guardia costiera libica, sui barconi della speranza, in quei “respingimenti per procura” del nostro Paese, sono state riportate, spesso con i loro bambini, nei campi di prigionia». Queste donne, continua la giornalista, hanno ascoltato le parole del Primo ministro quando, in riferimento ai salvataggi operati dalla Libia, ha dichiarato: «Siamo preoccupati per i diritti umanitari e siamo orientati al superamento dei centri di detenzione».
Con queste parole Draghi, commenta la Bonanate, «ha aperto uno spiraglio di speranza per tutte queste ragazze e donne, la maggior parte delle quali, sopravvissute alla Libia, hanno trovato una seconda Libia, peggiore, sulle strade italiane dove, ridotte a schiave dalla criminalità organizzata e dalle mafie, continuano il loro calvario».
L’appello si conclude con un auspicio: che il Memorandum d’intesa con la Libia siglato quattro anni fa venga modificato in direzione del rispetto dei diritti umani, di cui l’Onu denuncia la violazione. «Abbiamo fiducia in Lei e siamo con Lei nella speranza che, finalmente, questa catastrofe umanitaria trovi una concreta via di salvezza».
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