Le buone prassi amministrative e le misure legislative: un confronto tra enti locali
Sono
storie di chi la mafia la combatte tutti i giorni. Racconti di amministratori
che vivono realtà difficili, dove la mancanza del lavoro diventa
parterre di un processo di crescita dei fenomeni mafiosi e dove
spesso anche i giovani non sanno sognare e pensare a un futuro diverso.
Sono sindaci, assessori, consiglieri, cittadini, non sono certamente
eroi ma persone normali che hanno deciso di ribellarsi attraverso le
buone prassi amministrative. E proprio quello delle buone prassi
e’ stato uno dei temi affrontati in occasione di Contromafie, gli
Stati Generali dell’Antimafia organizzato da Libera e alla quale,
inoltre, ha partecipato Avviso Pubblico, l’associazione di Enti Locali
che si batte per l’affermazione della legalità nelle Pubbliche Amministrazioni
e che ne ha curato il seminario.
“Mafia e politica- ha affermato Pierpaolo
Romani coordinatore di Avviso Pubblico e tutor del seminario- in questa
fase storica sono strettamente connesse, lo dimostrano i 190 decreti
di scioglimento (dal 1991 ad oggi), i 153 comuni sciolti, le tre aziende
sanitarie sciolte per infiltrazioni mafiose. L’aggravante è che spesso
i comuni sono stati sciolti per più volte. Le inchieste giudiziarie
dimostrano come la ricerca del consenso viene viziata, fondata sulle
singole persone che hanno pacchetti di voti poco trasparenti, senza
considerare i programmi alternativi.
E’ necessario -continua- porre
al centro il problema della candidabilità dei politici e fare diventare,
giuridicamente vincolante, per esempio, il codice etico”. Testimonianze
che da Sud a Nord hanno la voce della ribellione. “Siamo chiamati
a dare segnali di positività in tutto il territorio- ha esordito il
Sindaco di Niscemi Giovanni Di Martino- Rappresento una città
che per ben due volte ha subito il commissariamento per infiltrazione
mafiosa, e proprio nel 2007, non appena eletto, il primo atto di giunta
è stato quello di aderire ad Avviso Pubblico, per lanciare, da subito
un segno di discontinuità , di rottura. E’ stato difficile riuscire
a costruire il consenso in una città che, per più di tre anni ha subito
il vuoto della politica, delle buone prassi amministrative e della cittadinanza
attiva.
In questi due anni abbiamo avviato diversi percorsi di
contrasto alle mafie. Il Pacchetto Antiracket, per citarne uno, che
consiste nel disincentivare gli imprenditori a pagare il pizzo attraverso
l’esenzione, per 5 anni dei tributi locali per chi denuncia e togliere
il diritto di vendere a quelli collusi; la promozione di un’associazione
antiracket; la nascita dell’Osservatorio Permanente sulla Legalità
e costituirci parte civile in tutti i processi per mafia. In questi
due anni a Niscemi sono accaduti fenomeni che hanno sconvolto i cittadini:
parlo della uccisione e della violenza della giovane Lorena; del ritrovamento
del cadavere di Perantonio Sandri, delle notizie su Patrizia Scifo;
dell’installazione delle antenne americane Muos con gravi ripercussioni
sulla salute dei cittadini e dell’ambiente. Ci sono però passi importanti
che siamo riusciti a portare avanti.
Un segnale di discontinuità è
rappresentato dal fatto che, dopo più di 10 anni,ci sono i collaboratori
di giustizia hanno deciso di parlare, di rompere il silenzio; che la
cittadinanza si è mobilitata in diverse occasioni ma, anche e
soprattutto, per dire no alle mafie e fare sentire la propria vicinanza
alle famiglie dei collaboratori di giustizia e alle famiglie di tutti
coloro che, da Ninetta Burgio, alla famiglia Scifo (mago di Tobruk)
non si sono fermate mai, credendo fortemente nella giustizia. Se da
un lato però, i giovani cominciano a cambiare, i cittadini a prendere
consapevolezza dei propri diritti e del senso delle istituzioni, c’è
un limite che come primo cittadino non posso accettare. Infatti, un
Comune che esce da una fase di commissariamento ha esigenze diverse
da tutti gli altri e spesso si trova strozzato da cavilli burocratici,
come il patto di stabilità e altri meccanismi che bloccano le risposte
che si possono dare ai cittadini che hanno bisogno di lavoro.
E’ difficile
ammetterlo ma, quando un amministratore, non è in grado di dare risposte
alle aspettative dei cittadini è come rappresentare il fallimento dello
Stato. Per questo è necessaria, per i Comuni post scioglimento, una
legislazione ad hoc che contribuisca e acceleri il percorso di rinascita”.
“C’è un Sud- ha detto Gabriele Santoni assessore provincia Pisa-
che sta cercando di ribellarsi, allora credo che di conseguenza ci dovrà
essere un Centro Italia in grado di avere le potenzialità e i mezzi
per organizzarsi, se non c’è un intervento sul territorio. Per questo
credo che bisognerebbe partire, se necessario, con una sorta di coordinamento
del Centro Italia che si incontri almeno una volta l’anno e
promuova delle politiche nuove e per il territorio per essere complementari
a quello che sta accadendo nel Sud del nostro paese.
E’ necessario,
per fare questo, avviare un percorso di stretta collaborazione con le
associazioni, e dunque tra Avviso Pubblico che rappresenta gli Enti
Locali e Libera che rappresenta una importante rete delle
associazioni, il tutto in un percorso complementare contro le mafie”.
“Mafia e politica- ha spiegato Enzo Ciconte, storico- dovrebbero essere
due termini antitetici, purtroppo non è così. Il loro rapporto è
mutato in peggio, in seguito alla crisi politica che ha creato una rappresentanza
fragile e caratterizzato una classe dirigente altrettanto debole”.
“Ci sono iniziative importanti che un amministratore può compiere-
ha detto Antonio Iannazzo Sindaco di Corleone- Un fondo per le vittime
della mafia da destinare prevalentemente a bambini e persone che sono
doppiamente vittime; in soli sei mesi abbiamo avuto i beni confiscati
e modificato, inoltre, il piano regolatore con il voto unanime del consiglio
comunale.
Questi sono solo pochi atti che in un comune come Corleone
rappresenta una inversione di tendenza”. “Un’agenzia per la lotta
alla criminalità- ha sostenuto Stefano Fumarulo (Comune di Bari)-
che si occupa di prevenire i fenomeni della criminalità anche attraverso
la realizzazione di progetti sulle scuole; i beni confiscati ai mafiosi;
sostegno agli ex detenuti; aiuto ai figli dei mafiosi”.
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