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Contromafie: le parole di Don Luigi Ciotti

Di no.fe. il . Atti e documenti

“Antonio Cangiano è stato un uomo delle istituzioni che come sindaco si è battuto per la legalità, per fare le cose per bene in questo Paese”. Con la mano sul cuore Don Luigi Ciotti consegna da questa terza e ultima giornata degli Stati generali dell’antimafia un caloroso abbraccio all’ex sindaco campano venuto a mancare in mattinata. Dopo la consegna all’assemblea delle proposte emerse nella tre giorni di impegno, riflessione, dibattito, il presidente di Libera ricorda “che la nostra coerenza, la continuità sono condensati nel manifesto di Contromafie, ma che spetta adesso a tutti noi farle vivere, farle andare in profondità”.

 

“Dobbiamo sempre essere stimolati da quel morso del più – continua Ciotti – fare di più ogni giorno nelle nostre realtà, abbiamo tutti bisogno di una maggiore profondità e di verità, non solo ma anche per quel 70 percento dei familiari di vittime delle mafie che la chiedono. Questo impegno è 365 giorni all’anno, senza parentesi”.

 

Ciotti cita il filosofo Norberto Bobbio:  la differenza fra la mia generazione è quella dei nostri padri è che loro erano democratici ottimisti e invece noi dobbiamo essere democratici sempre in allarme. “Dobbiamo essere democratici sempre in allarme nel nostro Paese – ribadisce Ciotti; per esempio, questa crisi economica è prima di tutto una crisi politica ed etica che ci coinvolge tutti ma soprattutto è una crisi di diritti, calpestati ogni giorno anche da leggi che non tengono conto della Costituzione, della dichiarazione dei diritti umani”.

 

Invita a reagire il presidente di Libera a ricordarci con umiltà  e senza supplire alle responsabilità delle istituzioni e della politica, di chiedere conto, senza sconti per nessuno, senza cedere a tatticismi, facendo scelte nette anche in politica.  Si rivolge ai giovani Ciotti ma anche ai tantissimi adulti che “hanno una freschezza dentro, una limpidezza che  i giovani devono poter conoscere”.  

 

Ritorna sul tema dei diritti, fondamentale presupposto di democrazia. “Non dimentichiamoci che un diritto solo rivendicato ferisce le speranze di giustizia non meno di uno negato, i diritti hanno bisogno di essere anche da parte nostra tradotti, concretizzati. Serve restare dalla parte della legalità e della giustizia facendoli vivere come strumento di inclusione e di giustizia, capaci di saper parlare alle paure”.

 

Ciotti chiede un salto di qualità nella comunicazione di questi percorsi dentro le realtà che lavorano su cittadinanza e legalità: “dobbiamo saper parlare a tutti, parlare anche alle paure; la politica nel nostro Paese ha preferito non farlo, ha preferito la via della demagogia e della repressione”.  Si riferisce al reato di immigrazione clandestina Ciotti definendolo “mostro giuridico” perché “è una misura che colpisce una persona e non un crimine, e causerà un aumento dell’emarginazione”. Ma i criminali nel nostro Paese non arrivano sui barconi, questo è chiaro – continua Ciotti – quest’idea della sicurezza sganciata dal diritto è un fatto gravissimo. Tutto ciò alimentato da interpretazione discrezionale di leggi, invece che dare più strumenti a forze dell’ordine a magistratura si fanno le ronde”.

 

Mentre la platea dell’auditorium della Conciliazione applaude con calore e forza il presidente di Libera regala loro il pensiero di Piero Calamandrei, padre della Costituzione, quando diceva “Democrazia è fiducia nel popolo e nelle sue leggi, come scaturite dalla sua coscienza e non imposte dall’alto”. L’inadeguatezza di chi si impegna nella politica ricorda Ciotti non la si ricava solo dal codice penale, ma anche dalla sua storia, dalle parole, dai gesti, dai silenzi, dal profilo umano e politico. “Io credo che si possa dire che sono troppi i pozzi della politica che sono avvelenati, bisogna trovare acqua pulita, acqua per tutti. La politica non è politica se non parte dagli ultimi, dalle persone, dai loro diritti – conclude Ciotti”. 

 

Non possiamo lottare contro le mafie senza politiche sociali e senza investire sull’informazione come ricordava Giovanni Falcone: noi magistrati abbiamo bisogno della solidarietà della scuola. L’opera di repressione delle mafie che può fare la scuola è meglio di quella che può fare la magistratura. 1987. quanti sono gli italiani che non sono cittadini e quanti sono quelli che si sono assunti un’etica della responsabilità. Essere italiani significa quella tensione a mettersi in gioco.

 

Formazione e informazione. Don Ciotti ricorda le voci spente nell’esercizio del proprio mestiere citando una frase del documentario Anna 211: “per ogni giornalista che muore, muore la verità”.  Chiude utilizzando un’ immagine che coglie bene il senso di confusione e smarrimento che si respira in questi ultimi mesi nel Paese. “In questi ultimi mesi l’attenzione di tutti si è concentrata su questo famoso “papello” ; senza togliere nulla alle indagini dalle quali anche noi attendiamo finalmente una verità o parti di verità sulle stragi mafiose, mi chiedo: non esiste forse un “papello” che oggi è sotto gli occhi di tutti? E’ un “papello” fatto di scelte incoerenti –  fa notare Ciotti –  perché da una parte si fanno delle affermazioni, si scrivono delle norme nel contrasto alla criminalità organizzata ma poi dall’altra parte si fanno disegni di legge come quello sulle intercettazioni e non si sciolgono amministrazioni comunali come Fondi.

 

La convivenza con le mafie non è un patto che si sottoscrive ma è un abito che accompagna la vita di alcune persone (silenzi, furbizie, evasione fiscali). “A pesare sul recupero dell’evasione fiscale non c’è solo lo scudo ma anche l’abolizione delle norme approvate dal Governo Prodi –  come ha notato la Corte dei conti: è stata abolita la tracciabilità dei compensi professionali, per esempio”.

 

Ripercorre tre anni di impegno, lotte, confronto Don  Luigi Ciotti ricordando l’importanza del contributo di tutti, dalle associazioni ai singoli cittadini, agli uomini delle istituzioni. Ricorda il grande impegno profuso su Latina e su L’Aquila dai due referenti di Libera, Antonio Turri e Angelo Venti “antenne preziose su quei territori in cui l’emergenza è alta a Fondi come all’Aquila e il loro contributo è stato fondamentale”. Ricorda il passato le lotte di un piccolo paesino della Sicilia, Niscemi, e il presente il pentimento di un uomo la cui donna in passato è cresciuta in quel territorio guidato dall’amministrazione  di una lista civica attenta e presente sui temi della cittadinanza e della legalità proprio nelle scuole. Ricorda e ringrazia la madre coraggio Nicoletta Burgio che proprio a Niscemi ha perso il suo ragazzo per mano mafiosa, oggi le autorità sono riuscite a restituirle un corpo sul quale piangere ma anche continuare a portare avanti il suo impegno antimafia.

 

“C’è una grande voglia di cambiamento, c’è continuità e coerenza nell’impegno profuso in questi anni su tutto il territorio ma c’è bisogno di continuare ancora più forti, con più coraggio – ricorda Ciotti”che chiude con le parole di padre Davide Maria Turoldo, morto nel 1992 e grande animatore della legalità: “ lo spirito è l’universo che non lascia dormire la polvere” . Tocca a noi non fare dormire questo spirito in questa società dice Ciotti.

 

Tre anni sono passati dal primo manifesto di Contromafie. Tre anni si aprono davanti al popolo che ha sentito la responsabilità di riunirsi da tutta Italia qui a Roma per dare “acqua nuova al lavoro quotidiano”, spirito vivo alla lotta alla legalità. E da domani si ricomincia. 

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