Dall’informazione alla cultura antimafia: il ruolo di teatro, cinema, tv e letteratura
“Nessun recinto deve ostacolare la libertà di espressione, frutto del confronto tra diversi esponenti della cultura, magistratura, produzioni cinematografica e televisiva, giornalismo. E’ questo il primo assunto che chi decide di gravitare intorno a tali mondi deve sempre tenere a mente, ben espressi da don Luigi Ciotti quando, nel corso del suo intervento di apertura dei lavori di “Contromafie 2009” ha parlato di coerenza tra “pensieri e azioni, fatti pubblici e vita privata”.
I ruoli di teatro, cinema, tv, letteratura e musica nell’ambito del percorso che dall’informazione conduce alla cultura antimafia sono stati il fulcro del sottogruppo che ieri, sabato 24, si è riunito al Palazzo delle Esposizioni, che ospitava il seminario “Per un dovere di informazione”.
Santo Della Volpe, giornalista del Tg3 e moderatore dell’incontro, ha esordito ponendo l’accento sul ruolo sociale e culturale rivestito dalla fiction “Il capo dei capi” inerente alla biografia di Totò Riina e oggetto di polemiche che la condannarono in quanto rea di avere dipinto il boss mafioso come un eroe. “L’attore Claudio Gioè – ha ricordato il giornalista – che ha avuto il ruolo del protagonista, quando è andato in visita a Corleone è stato portato in trionfo: ma festeggiavano i suoi meriti artistici o il fatto che in lui rivedevano Riina?”.
Secondo il regista Enzo Monteleone e il produttore Angelo Barbagallo, la fiction è stata un buon prodotto televisivo, capace anche di raccontare eventi attuali come la questione dei papelli. “Se i ragazzi emulano Riina la colpa è da imputare al loro tessuto sociale e alla loro cultura”.
L’attenzione si è spostata inoltre su altre fiction: “La Piovra”, capace di raccontare fatti di criminalità organizzata verosimili, “Paolo Borsellino” di Pietro Valsecchi con Giorgio Tirabassi come protagonista, oltre a pellicole dello spessore di “Gomorra” e “Fortapasc”, sulla vita del giornalista Giancarlo Siani, ucciso il 23 settembre 1985.
Gaetano Savatteri del Tg5 ha focalizzato l’attenzione sull’importanza di “riconoscere e distinguere i racconti storici di mafia da quelli che si accostano all’immagine che si ha del mafioso; ogni produzione, cinematografica, televisiva o letteraria che sia, deve essere contestualizzata. Tuttavia, le fiction non possono essere del tutto fedeli trasposizioni della realtà in quanto gli sceneggiatori devono seguire delle regole che in alcune occasioni li portano a utilizzare una sorta di licenza poetica. L’aspetto più drammatico e preoccupante è che il giornalismo stia diventando fiction: dilaga l’aspetto emozionale e la volontà di troppi colleghi di affiancare le notizie all’intrattenimento”. Una situazione che sfocia “in una deformazione per cui i fatti diventano opinioni e i processi si svolgono in studi televisivi e non nelle aule di tribunale” come ha spiegato Raffaele Marino, procuratore della Repubblica di Torre Annunziata.
Nel corso dei lavori è stata inoltre messa sotto la lente d’ingrandimento la rete di internet. Secondo una recente statistica, tra le 20 e le 23 di sera sono 27 i milioni di italiani – di target eterogeneo e variegato dal punto di vista culturale e di posizione sociale – che si connettono ad internet. Per Mario Maffucci, già direttore di Rai Uno, un’ associazione come Libera “deve essere in grado di stare al passo con la tecnologia e di unire ancora di più i propri aderenti attraverso una rete non solo sociale ma anche telematica”.
La giornata si è conclusa con alcune testimonianze, come quella dei Modena City Ramblers, che questa primavera hanno tenuto dei concerti sui terreni confiscati alla mafia, o come quella di Giulio Cavalli, attore e registra di un teatro di denuncia.
Da una prima analisi è emersa la volontà di ottenere delle fiction che siano ancora più puntuali e meglio prodotte, frutto di una sinergia tra settori quali cinematografia, magistratura e informazione. Si ricerca inoltre una televisione di qualità incarnata, per esempio, dalle serate monotematiche che alla visione del film facevano seguire un approfondimento in studio.
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