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“Io speriamo che me ne scappo”

Di Peppe Ruggiero il . Campania

In Campania c’è un mostro che dorme. Da oltre sessantaanni. Un sonno quello del Vesuvio che non puo’
durare in eterno.E che preoccupa i cittadini vesuviani. Secondo gli
esperti della Protezione Civile, “a’ montagna” come lo
chiamano i napoletani, si trova in uno stato di quiescenza. Un stato
che fa paura. Basta andare sul sito della protezione civile per
leggere testualmente “alla luce del comportamento passato si
prevede che, qualora l’attività dovesse riprendere entro qualche
decennio, la prossima eruzione sarebbe di tipo sub-pliniano, simile a
quella del 1631 o del 472. Lo scenario dei fenomeni attesi prevede in
tal caso la formazione di una colonna eruttiva sostenuta alta diversi
chilometri, la caduta di bombe vulcaniche e blocchi nell’ immediato
intorno del cratere e di particelle di dimensioni minori (ceneri e
lapilli) anche a diverse decine di chilometri di distanza, nonché la
formazione di flussi piroclastici che scorrerebbero lungo le pendici
del vulcano per alcuni chilometri.E che metterebbe a rischio una
popolazione di 600 mila abitanti che vivono nei 18 comuni costruiti
intorno alla zona rossa. Una scenario apocalittico. Dove piu’ che ad
un piano di evacuazione si dovrebbe ricorrere a un miracolo di San
Gennaro.

“Io speriamo che me ne scappo”
verrebbe da dire. Visto che si parla di una dell’aree piu’
urbanizzate al mondo. Dove sono oltre 50mila le case abusive,
costruite alle pendici del vulcano. Oltre 100mila le domande di
condono ancora da esaminare. Un magma di cemento esploso
parallelamente al silenzio del vulcano. Cemento che ha invaso le
strade potenzialmente tutte vie di fuga in caso di eruzione. Vie di
fuga che di fatto sono come tante caselle di un potenziale monopoli.
E che ti fa pensare e chiedere cosa potrebbe succedere quando il
Vesuvio si svegliasse. E dove il piano di evacuazione previsto dalla
Protezione Civile,aggiornato pochi mesi fa, prevede l’allontanamento
dei cittadini entro un massimo di sette giorni ad un minimo di 72
ore. Con l”utilizzo del solo trasporto su gomma, privato e pubblico.

Prima messa in sicurezza al di fuori
della zona a rischio esuccessivo spostamento verso le regioni
gemellate. Un piano lineare sulla carta. Ma che si scontra con la
realtà urbanistica, sociale ed ambientale dell’area vesuviana. Dove
la pianificazione urbanistica è figlia di una cecità che inquesti
decenni ha colpito come un virus tutti,indistintamente, istituzioni
locali e centrali,amministratori incapaci di abbattere, cittadini che
hanno rimosso il rischio. E la longa manus della criminalità
organizzata. Ad ammonire sui rischi, soprattutto nel Vesuviano,
ultimamente anche Ugo Ricciardi, sostituto procuratore generale a
Napoli e coordinatore del settore anti-abusivismo per conto del Pg
Vincenzo Galgano. In un’ intervista all’agenzia Il Velino, il giudice
antiabusivismo parla del pericolo Vesuvio. Nella vasta area intorno
al vulcano «numerose famiglie vivono in abitazioni abusive che non
possono essere sanate perché site nella cosiddetta zonarossa. Quelle
case andrebbero abbattute subito, proprio per evitare nuove
tragedie». E punta il dito sugli amministratori locali .«A volte
non conoscono neanche il loro territorio. Molti non sanno neanche
quante e quali casea busive esistono. E questo, di fatto, rallenta se
non bloccal’iter. Credo che sia necessario avere un maggiore
coordinamento tra le realtà locali, la Regione e la stessa
magistratura, affinché non si perpetrino scempi e tragedie». Un
coordinamento che sembra essere lettera morta. E non solo sul fronte
della lotta all’abusivismo. Oggi i cittadinivesuviani poco o nulla
sanno su cosa fare e dove andare incaso di allarme eruzione. E
ancora piu’ sconosciute sono le regioni gemellate che dovrebbe
accogliere i cittadini vesuviani all’indomani dell’evacuazione. “Adda
passa’ ‘anuttata”, direbbe il vecchio Eduardo. Con l’aggiunta di
un misto di superstizione e fatalismo. Ma con un occhio sempre
vigile verso “a’ montagna”. Con la speranza che il suo sonno
continui in eterno.

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