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Donna contro

Di Norma Ferrara il . Sicilia

“Siamo come agrumi, spremuti e poi buttati via”. Piera Aiello
sintetizza attraverso questa immagine la sua storia da testimone di
giustizia, mentre i telefoni squillano e la voce si fa agitata a
tratti. Diciotto anni fa Piera lasciò Partanna, gli affetti familiari,
gli amici, la sua vita in Sicilia  per dare il suo contributo nella
lotta alle mafie raccontando quello che sapeva su Cosa nostra alle
procure siciliane. Nella primavera scorsa la Aiello ha visto saltare la
sua copertura a causa di una fuga di notizie. Un allarme che sembrò
rientrare poco dopo ne nascose un altro: l’esclusione di Piera Aiello
dal programma di protezione stabilito dalla Legge 45/2001 .Mesi
difficili gli
ultimi, paure e  silenzi, hanno portato la Aiello a
lasciare la propria famiglia per recarsi  in Sicilia a chiedere chiarezza. La donna è
cognata di Rita Atria, giovane siciliana ribellatasi alla mafia e
diventata, con l’aiuto di Paolo Borsellino, testimone di giustizia.
Sette giorni dopo l’esplosione dell’autobomba in via d’Amelio Rita
Atria decise di farla finita; si dimise dalla vita e dal suo sogno di
cambiamento di una terra in cui lei era stata una giovane “donna
contro”. Una battaglia raccolta e rilanciata dalla cognata Piera Aiello
e oggi trasferita proprio li dov’era cominciata, a Partanna, nel
trapanese – “non per morire ma per lottare” – come fa sapere in una nota dell’associazione Rita Atria. Di queste misure di
prevenzione e tutela, di lentezze burocratiche e del suo ritorno a Partanna, abbiamo parlato ieri
con Piera Aiello, “ex” testimone di giustizia.

Torna in Sicilia dopo 18 anni di vita sotto copertura come testimone di giustizia, perché
?

Torno
per proteggere la mia famiglia, per avere chiarezza sulla
condizione  in cui attualmente versiamo. Negli ultimi mesi
la situazione si è fatta insostenibile, tutto è stato difficile per me
e per la mia famiglia in questi lunghissimi anni. Però oggi sono qui
perché  chiedo risposte. Non importa se negative, l’importante è che
qualcuno se ne occupi. Sono andata via dalla mia famiglia per
proteggerli e ora non me ne andrò finché non avrò risposte chiare sulla
mia condizione, la nostra vita e la sicurezza dei miei familiari.

Sino ad oggi abbiamo parlato di lei come testimone di giustizia
oggi invece si apprende che non lo è più. Da quando e cosa è cambiato?

Lo
scopro anche io come voi. Sono fuori dal programma di protezione
previsto per i testimoni di giustizia, ma  non sono mai stata informata sulle condizioni di cessato
pericolo per me e i miei familiari.  Intendiamoci, sarei ovviamente
felice di sapere questo: con la vita che abbiamo fatto in questi anni,
sarebbe  il ritorno ad una vita normale. Quello che è successo però è
altra cosa. Sia chiaro, non parlo dello status economico dei
testimoni, quello non mi interessa. Sto parlando di una
decisione che nessuno mi ha ad oggi comunicato ma che ha cambiato la
mia vita, nuovamente.  Se c’è stato un giudice che diciotto anni fa ha
scritto una relazione con la quale mi ha inserita nel programma di
protezione oggi ce ne sarà un altro che avrà scritto una nuova
relazione motivando la mia condizione di “cessato pericolo”. Ecco
questa vorrei che mi facessero leggere, conoscere.

Ha ricevuto comunicazioni dalle procure siciliane presso le quali lei ha deposto in questi anni
contro la mafia di Partanna?

No, non al momento. Così ho deciso di scendere in Sicilia, mi sono recata a Partanna insieme a Nadia Furnari dellAssociazione Rita Atria,
per chiedere che vengano ascoltate proprio le procure della regione. Lo
chiederemo pubblicamente anche domani nel corso di una conferenza
stampa. 

Chi c’era ieri al suo arrivo a Partanna? Cittadini, istituzioni locali, chi si è fatto vivo con lei per starle accanto?

Nessuno.
Fatta eccezione per una visita in forma privata, non c’erano
ufficialmente le forze dell’ordine o altre cariche che rappresentassero
lo Stato sul territorio. La vicinanza di questi ultimi c’è stata, ma a
titolo personale.

Come sono stati questi diciotto anni contro la mafia da Testimone di Giustizia?

Difficili.
Duri. Volti a ricostruire con i miei familiari una parvenza di
normalità. Quello che penso è che alcuni uomini delle istituzioni, non
solo nel mio caso, hanno continuato a trattarci come fossimo una
pratica burocratica. Ieri abbiamo saputo che dovrà riunirsi oggi una
commissione per decidere “che fare della Aiello”. Io invece da troppo
tempo chiedo e nessuno mi risponde…

Lei in passato ha fatto una scelta che le ha cambiato la vita. Oggi fra sospensioni e incertezze, lo rifarebbe?

Si
lo rifarei. Lo rifarei con la consapevolezza però che accanto ad uomini
validi ci sono portroppo ancora uomini che non sono competenti, che
trattano queste vicende con fare burocratico. Le nostre vite invece,
come molte altre a rischio, necessitano di altro. E non chiedono molto
in cambio: se non  risposte certe, un minimo di delicatezza e
chiarezza.

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