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Scudo fiscale: più liquidità o illegalità?

Di Gaetano Liardo il . L'analisi

La Camera dei deputati ha convertito in legge lo scudo fiscale, rendendo operativo il rientro dei capitali illecitamente depositati all’estero. “I capitali che entreranno determineranno un forte ingresso di alcuni miliardi di euro nelle casse dello stato” afferma Berlusconi, che aggiunge: “soldi sacrosanti che serviranno per chi ne ha bisogno”. “Un compromesso doloroso ma necessario”, gli fa da eco il ministro Brunetta. Naturalmente, per sviare ogni dubbio sulla bontà dello scudo, interviene lo stesso ministro dell’economia Tremonti: “i capitali criminali non faranno rientro”, per il semplice motivo che o si trovano già belli e ripuliti nel nostro Paese, o restano all’estero per continuare a generare ricchezza criminale. Tanta sicurezza però, non è troppo scontata.

L’operazione scudo fiscale solleva dubbi e interrogativi, sia morali che penali. E’ una sorta di condono mascherato, denunciano le opposizioni riunite, che tuttavia non riescono a bloccarne l’iter legislativo, mancando il prezioso appuntamento sulle pregiudiziali di costituzionalità. Molte assenze, anche di rilievo, e sicuramente ingiustificabili, affossano la “resistenza”. Resta il dubbio nel cittadino italiano: cos’è lo scudo? Che effetti avrà per la nostra economia? Favorirà i gruppi criminali? Ragionando fuori dalla mischia politica proviamo a dare delle risposte a questi interrogativi.

Lo scudo fiscale, come abbiamo visto, è un’azione volta a far rientrare in Italia capitali depositati illecitamente all’estero. Quei capitali che, per svariati motivi, sono elusi al fisco, causando un mancato guadagno allo Stato. Si calcola in 600 miliardi di euro il valore di questi capitali. La maggior parte dei quali transita per paradisi fiscali e centri off-shore. Lo scudo fiscale si pone come obiettivo il rientro e la regolarizzazione di questi capitali. Quindi l’emersione, individuare i capitali e il loro valore, la riscossione della tassazione evasa e dovuta, il pagamento di una penale e l’accertamento di possibili reati penali.

Lo Stato dovrebbe individuare la natura delle ricchezze accumulate, tracciarne la provenienza e applicare la legislazione in materia. Come pensato dal governo Berlusconi, invece, lo scudo è tutta un’altra cosa. Chi aderisce allo scudo è tutelato dalla garanzia dell’anonimato, sono coperti reati penali (falso in bilancio in primis), è eliminato l’obbligo all’intermediario finanziario di fare segnalazioni anti-riciclaggio. Infine, lo Stato pretende il pagamento di una “tassa” pari al 5% del capitale scudato. Di fronte alla necessità di battere cassa si chiude un occhio sulla natura della ricchezza fatta rientrare nel nostro paese, per non parlare del 5% richiesto, ben inferiore alla tassazione normalmente dovuta all’erario dai cittadini italiani.

Qual è la provenienza dei capitali che possono godere dello scudo, e quali effetti potrà avere il loro rientro sulla nostra economia? La natura dei capitali è illecita, per il semplice motivo che sono stati “evasi “al fisco. Si tratta degli introiti della corruzione, delle speculazioni, della mala-politica e della mala-imprenditoria, di investimenti criminali frutto di traffici di droga, armi, esseri umani, frutto di estorsioni, usura, appalti truccati.

Non crediamo alla favola dell’imprenditore strozzato dalle tasse che è costretto ad evadere il fisco. Si tratta di soldi sporchi, spesso sporchi di sangue. Non crediamo, neanche, alla favola del riutilizzo di questi capitali per chi ne ha bisogno. Ripuliti e non tracciabili serviranno per continuare ad arricchire chi li fa rientrare. Saranno investiti nei settori più produttivi, non certamente nei settori più carenti e che necessitano di investimenti massicci (scuola, università, ricerca, salute, etc.).

Se – come molti esperti del settore suppongono – saranno scudati circa 300 miliardi di euro, tolti 15 miliardi di “una tantum” dovuti all’erario, l’Italia sarà invasa da 285 miliardi di euro, ripuliti e pronti all’uso. Una grande iniezione di liquidità o di illegalità?

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