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Nettuno, informazione e trasparenza per contrastare le mafie

Di Gaetano Liardo il . Lazio, Progetti e iniziative

Nettuno, primo comune del Lazio ad
essere sciolto per infiltrazioni mafiose, fa da cornice al secondo
appuntamento di “Parole e mafie”, un percorso itinerante per
parlare e riflettere sul ruolo dell’informazione nel contrasto alle
mafie. Organizzato da Libera Informazione, in collaborazione con la
Casa della Legalità della Regione Lazio, il percorso prevede
l’incontro tra la stampa nazionale, la stampa locale e il mondo
dell’associazionismo per approfondire ed interrogarsi su di un
problema che non può più essere considerato marginale o secondario,
in una regione come il Lazio.

Le mafie sono ormai ben radicate, forti
e strutturate. Lo dimostrano le numerose indagini della magistratura
e delle forze dell’ordine. Lo dimostra la recente storia politica
di Nettuno, oppure la vicenda del mancato scioglimento del Consiglio
comunale di Fondi. Le mafie ormai hanno raggiunto una capacità di
infiltrazione tale, da condizionare la vita democratica di molti
comuni del Lazio. Parlare di questi problemi a Nettuno, nell’aula
consiliare, rappresenta sicuramente un piccolo successo. «La giunta
subentrata alla fase dello scioglimento sta portando avanti un’opera
di ricostruzione del tessuto amministrativo, senza strumenti e senza
fondi» afferma il sindaco di Nettuno, Alessio Chiavetta. La legge
sullo scioglimento dei consigli comunali ha bisogno di miglioramenti,
adeguamenti perché si limita ad incidere sul livello politico,
lasciando immutato l’assetto amministrativo dei Comuni. Cambiano
gli attori politici, ma i funzionari restano al loro posto, rendendo
vana l’opera di rinnovamento delle nuove giunte.

Problemi, sottolinea Chiavetta, che si
cerca di aggirare con un’azione di trasparenza: «stiamo
promuovendo la trasparenza amministrativa sul sito del Comune,
esperienza non molto diffusa nelle realtà del sud-pontino. Per noi è
importante far conoscere quello che si fa». Va da sé che di
problemi la nuova amministrazione di Nettuno ne incontra tanti, molti
ereditati dai precedenti amministratori. E’ il caso della società
che ha gestito il sistema della riscossione dei tributi in città,
con la quale il Comune vanta crediti di milioni di euro di tributi
mai incassati. Una situazione simile viene denunciata da Antonio
Chiusolo, assessore alle finanze del Comune di Aprilia. La società
appaltatrice riconosce soltanto il 30% degli incassi dei tributi.
Strane situazioni che sollevano problematiche importanti e
inquietanti. Notizie del genere, tuttavia, spesso non godono del
diritto di cittadinanza nel mondo dell’informazione, o vengono
rilegate in piccoli spazi all’interno della cronaca locale. Non
suscitano, nonostante la gravità, l’interesse dei media ad
indagare ed approfondire. «Una buona informazione avrebbe mandato
inviati per capire cosa è successo a Nettuno dopo lo scioglimento e
l’insediamento della nuova giunta. Per capire cosa è avvenuto nei
punti critici citati nella relazione di accesso del Prefetto, e come
si sta muovendo la nuova giunta», tuona criticamente Francesco
Forgione, che da presidente della Commissione Antimafia ha seguito da
vicino il “caso” Nettuno. «Serve una riforma della legge sullo
scioglimento dei comuni, perché così com’è non riesce a
garantire la bonifica delle strutture amministrative infiltrata dalle
mafie». 

L’informazione è chiamata in causa,
ha delle responsabilità, spesso tace, ma, spesso, subisce anche
minacce. «Le parole sono armi potentissime contro le mafie. Si
tratta di organizzazioni mutevoli che vivono in un continuo
cambiamento. Per questo hanno bisogno di silenzi». A parlare è
Alberto Spampinato, presidente di Ossigeno per l’informazione,
l’Osservatorio sui cronisti minacciati e sulle notizie oscurate.
Nel suo intervento Spampinato non si tira indietro rispetto alle
responsabilità, ai debiti dell’informazione: «perché ci sono
tutti questi silenzi? L’informazione può essere realizzata in modo
libero e completo in un tessuto dove è presente un forte senso
civico». Spesso i giornalisti si trovano ad operare in realtà dove
questo senso civico è labile. Il giornalista che indaga e rende
pubblici intrecci e collusioni tra mafie, politica e imprenditoria,
diventa un soggetto “pericoloso”. «Negli ultimi due anni in
Italia sono stati minacciati circa duecento giornalisti», continua
Spampinato, minacce rivolte ad un’intera categoria che purtroppo,
in molti casi, preferisce fare un passo indietro accettando censure e
autocensure. Fortunatamente non tutti, e sicuramente non la
maggioranza, come testimonia l’esempio di numerosi cronisti, spesso
di stampa locale, che tra moltissime difficoltà riescono a reagire
con orgoglio mantenendo la schiena dritta. Non senza ripercussioni:
«i giornalisti portano dei lutti dentro, causati non solo dai
proiettili, ma anche da denunce, minacce, querele, pressioni in
ambito lavorativo, licenziamenti», lamenta Pino Finocchiaro,
redattore di Rai News 24, che ha vissuto personalmente molte di
queste “pratiche”. «Nonostante sia presente una mutazione
genetica del giornalismo che non fa più inchieste – incalza
Forgione – occorre trovare una nuova via per ritornare a narrare i
fatti del nostro paese».

Una via certamente diversa da quella
che si sta cercando di delineare nelle stanze del potere per
imbavagliare l’informazione e rendere cieca la società. Un motivo
in più per manifestare a Roma il prossimo 3 ottobre.

Il prossimo incontro di “Parole & Mafie” è fissato per mercoledì 7 ottobre a Roma.

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