Scuola vs ‘ndrangheta. La prof all’“inferno” di San Luca, per “una rivoluzione culturale”
Uno legge e poi si chiede ma di cosa parliamo.
Avete presente San Luca, la capitale mondiale della ‘ndrangheta, il paese di 4mila anime che con il suo santuario della Madonna dei Polsi fa da simbolo “morale” per tutti i clan calabresi dall’Oceania all’America del Nord?
Ecco, chiediamoci in coscienza come l’abbiamo immaginato, quel paese. Me lo sono domandato trovandomi tra le mani un rapporto scritto da una giovane ricercatrice, Maria Teresa Marchetti, sull’educazione alla legalità nella scuola italiana.
Perché vi ho scoperto la storia emozionante di Domenica Cacciatore, la preside dell’Istituto comprensivo statale San Luca-Bovalino intitolato a Corrado Alvaro.
La storia di un’insegnante calabrese che aveva già ben meritato in provincia di Vibo Valentia, e che si vide catapultare come preside in quello che era considerato il cuore dell’inferno. E che appunto per questa fama (“mi sembrò una condanna a morte”) si oppose alla nuova sede rivolgendosi al giudice del lavoro.
Ricorso perso perché, così ragionò il giudice, proprio le sue caratteristiche la raccomandavano per quel posto e per quel ruolo. Vi arrivò così in auto per la prima volta nel 2011. Quando chiese a una pattuglia di carabinieri, al bivio di Bovalino, se fosse quella la strada per San Luca, le domandarono che ci andasse a fare. Quando lo seppero la incoraggiarono: “Il destino l’ha portata qui, aiuterà questa gente”. Fu l’inizio di un grande romanzo scolastico, di una imprevedibile storia di comunità.
Domenica Cacciatore prese atto di una realtà sconvolgente anche per la Calabria, “non avrei mai immaginato di trovare una situazione così lacerata”. Capì che mancavano gli stessi luoghi del recupero sociale, “in un territorio con un alto tasso di microcriminalità ed un altissimo tasso di carcerazione”.
E tuttavia si diede senza risparmio a salvare i ragazzi “da quel degrado e da quella violenza intra ed extrascolastica”. Chiese aiuto al mondo esterno, partendo dal principio che “i solisti non raggiungono risultato”. E prese a fare rete con tutti quelli che poteva: carabinieri, prefettura, ministero, Asl, e specialmente tante famiglie fiduciose, “ogni anno di più”.
La scuola, decadente, abbandonata, devastata, rinacque, ricevette aiuti che non furono sprecati né usati a fine personali come fece un’altra ma fasulla “eroina” di San Luca, divenne luogo di sperimentazione di nuovi modelli educativi. Gli insegnanti furono rimotivati. Venne inventato il Pics, Prodotto interno culturale socializzante.
Il comune considerato roccaforte dell’illegalità conobbe la buona predica della legalità, fece partecipare addirittura una sua delegazione alla nave della legalità che giunge a Palermo il 23 maggio in ricordo di Falcone e della strage di Capaci.
Vi furono progetti a raffica. Un libriccino dedicato ai carabinieri, un bellissimo Abc della pace. Furono quattro anni di rivoluzione culturale, “scuola aperta 365 giorni all’anno, mai nemmeno un giorno di ferie” alla fine dei quali Domenica Cacciatore tornò da preside a Vibo Valentia.
Qualcuno seppe di quel romanzo che scorreva nel punto simbolo del potere ‘ndranghetista. Così la preside con alcuni alunni fu ricevuta nel 2014 da papa Francesco.
Mentre per un suo tema un’allieva di undici anni dell’“Alvaro” fu nominata da Mattarella “alfiere della Repubblica”.
Ma l’Italia colta e civile pronta a entusiasmarsi per eroi veri o di cartapesta fabbricati dai media di lei non seppe praticamente niente. Forse perché non aveva scorte da esibire nei suoi viaggi quotidiani avanti e indietro da Vibo a San Luca e ritorno (“con mia madre, che divenne la nonna della scuola”). Non seppe, l’Italia civile, che a san Luca accadeva “anche” questo.
Così, chiudendo il rapporto, ho pensato che anche se studiamo e leggiamo sappiamo poco, troppo poco, di questo paese. In declino sì, ma perché non sa riconoscere i suoi talenti.
* Fonte: Il Fatto Quotidiano, 22/02/2021
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