19 settembre: un’occasione mancata (?)
Dopo il rinvio della manifestazione del 19 settembre resta aperto il fronte dell’amarezza per la scelta presa ieri dalla Federazione nazionale della Stampa. In segno di rispetto per i sei militari morti nell’attentato kamikaze di Kabul, infatti il sindacato dei giornalisti ha fatto slittare al 3 ottobre l’iniziativa “No al giunzaglio” per la libertà di stampa nel Paese, prevista per domani a Roma. Abbiamo sentito la giornalista Nicoletta Dentico*, impegnata da anni sul fronte dei diritti, della pace e dell’nformazione.
Rinviata la manifestazione per la libertà di stampa per i fatti di Kabul, che ne pensa?
Devo confessare che non ho capito le motivazioni di questo slittamento deciso dalla Fnsi. Trovo fuorviante la motivazione. La libertà di stampa si lega strettamente a quella dell’esistenza di una condizione di pace e separarle non ha alcun senso. Sono amareggiata per questa scelta e con me molti altri. Ancora una volta si sceglie la via della retorica del cordoglio, della solidarietà senza valutare i fatti.
Qual è attualmente la situazione Afghanistan?
Ieri sono morti sei soldati che erano li consapevoli del lavoro che andavano a svolgere. Ma in Afghanistan la pace non è data, non esiste. E’ in questa condizione che perdono la vita quotidianamente civili di cui non sappiamo nulla proprio perchè l’informazione non li racconta abbastanza. Ecco questo mi colpisce, che di fronte ai 90 morti del 4 settembre scorso, nella provincia di Kunduz, a seguito di un bombardamento compiuto dalle truppe tedesche inquadrate nella missione Isaf – Nato, nessuno abbia sentito il cordoglio, la solidarietà ecc.. che oggi mostriamo verso i nostri connazionali. Si tratta di vite umane, in entrambi i casi. Sulla missione in Afghanistan: non ha prodotto risultati di sorta, il 75% dell’Afghanistan è nelle mani dei Talebani, le elezioni “farsa” sono elezioni indegne anche per gli stessi Stati che le hanno proposte, i “signori della guerra” continuano ad avere sostegni e la strategia di rimpinguare il contingente italiano non produce risultati, se non quelli di perdere altre vite.
Come si poteva quindi procedere, evitando il rinvio della manifestazione?
La manifestazione di sabato portava con se una richiesta che andava al di la della legittima libertà di stampa. Era una piazza che chiedeva soprattutto il rispetto dei diritti e della democrazia. Proprio in quella piazza si potevano ricordare queste morti, trovando un modo adeguato per farlo e attirare l’attenzione sulla necessità che proprio la stampa torni ad occuparsi di queste guerre nel mondo, delle morti di militari quanto di quelle di civili, italiane e non, in maniera diversa, cominciando a raccontare i fatti a partire dalle fonti e riaprendo il dibattito che si è ormai ridotto a quello che anche ieri con il rinvio della manifestazione s’è manifestato come “la retorica del cordoglio”. Quella piazza rappresentava e mi viene da dire, rappresenta ancora, proprio il luogo in cui c’era il dovere di rilanciare anche tutto questo. Rinviando la manifestazione di sabato 19 settembre non restituiamo vita a questi soldati e perdiamo un’occasione.Ancora una volta perdiamo una occasione e paradossalmente lo ha scelto proprio la stampa.
A proposito di stampa, qual è lo stato di salute dell’informazione nel Paese?
Io penso che la libertà di stampa in questo Paese esista. Però penso che contestualmente ci sia un clima di intimidazione nei confronti della stampa, un tentativo di cooptazione dei giornalisti da parte del potere. Questo incide fortemente nella libertà di stampa nel Paese ed è il nucleo fondamentale della debolezza consequenziale del sistema democratico in cui viviamo. Ci sono quindi grosse responsabilità della politica in questo, ma anche grosse responsabilità della stampa. Il giornalismo deve avere la forza di fare autocritica, perchè se siamo arrivati a questa situazione parte della responsabilità è della categoria che ha accettato queste condizioni e talvolta le ha create. E parlo di tutta la stampa, anche quella di “certa sinistra”. Ricordo una puntata di Porta a Porta poco prima del silenzio preelettorale: nel salottino si svolse quella sera per due ore e 25 minuti, complici i giornalisti (anche di sinistra) presenti al dibattito, un “teatrino” dai toni distesi e confidenziali e privo di rilevanza giornalistica o domande “pungenti” al premier. Questo fa parte dello stile giornalistico italiano, non sarebbe possibile in una Bbc o in un programma di approfondimento della Tv Svizzera, per esempio. Questa vicenda passata inosservata la dice lunga sullo stato di deriva del giornalismo in questo Paese, dove “l’esserci” anche per i giornalisti sta prendendo il sopravvento sul resto.
Quale informazione per questo Paese, per le nuove generazioni?
Un giornale che abbia il coraggio di lasciare in prima pagina le notizie sui traffici di rifiuti tossici internazionali gestiti dalla ‘ndrangheta anche se la politica impone altri argomenti all’ordine del giorno, anche se prima della chiusura del giornale arriva in redazione l’ennesima “velina” da parte del presidente del Consiglio. Ieri alla trasmissione Ballarò Concita De Gregorio, ricordava come per tutto il giorno si cerchi di fare il giornale in un modo e poi alla fine c’è la necessità di cambiarlo perchè bisogna fare spazio a notizie sull’operato del Governo o di politici. Ecco penso che ci sia bisogno di un “colpo di reni” da parte delle testate gionalistiche, per invertire la rotta e lasciare com’è un giornale anche a fine giornata, anche se la politica chiede di parlare d’altro…. Serve il coraggio di cambiare. Il 3 ottobre spero si riusciranno a portare in piazza queste ed altre necessità ma il rinvio di questa manifestazione mi lascia amareggiata, anche se non toglie niente rappresenta l’ennesima occasione mancata di un certo modo di fare, di un certo modo di essere. E ad essere onesti queste cose dobbiamo dircele, con chiarezza.
*attualmente responsabile della promozione DNDI, organismo che si occupa dei farmaci per le malattie dimenticate
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