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Il recovery plan per la giustizia

Gian Carlo Caselli il . Giustizia, Istituzioni, Piemonte

La fase attuale è forse la più difficile della crisi causata dal Covid. Sia per le continue  varianti, molto contagiose, con cui il “virus” si presenta; sia per il fatto che è ancora lontana la soluzione (effetto gregge) cui dovrebbero portare le vaccinazioni, per ora soltanto avviate. E poi perché la comunità è ancora sotto gli effetti di un “esaurimento”, soprattutto sul versante economico. In sostanza, una nube di presentimenti negativi pesa su tutti noi. Complice, per quanto concerne la giustizia, lo scandalo “Palamara”.

L’inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto Piemonte-Val d’Aosta, svoltasi ieri, non poteva non risentirne, anche al netto dello stravolgimento (niente pubblico; interventi contingentati al massimo) di un rito tradizionalmente persino un po’ barocco.

Di speciale rilievo è stata la relazione del procuratore generale Francesco Saluzzo (grazie al cielo non più costretto ad occuparsi di sterili polemiche con qualche zelante avvocato). Eccone i punti salienti.

Il virus in pratica non ha mai fermato l’attività requirente. Per le altre attività giudiziarie vi è stato dapprima un blocco “ex lege”, concluso il quale sono iniziate le fasi 2 e 3 della ripresa e della ripartenza, ancora caratterizzate da una decisa contrazione del numero dei processi trattati. Ad un parziale recupero di quel che prima non si era potuto fare si accompagna lo slittamento di vari processi già programmati per le fasi 1 e 2, a causa della necessità di far posto ai nuovi processi e in generale a quelli urgenti o non ulteriormente differibili. In sostanza, va accumulandosi un arretrato che in futuro continuerà a pesare come un macigno sulle performances degli uffici giudiziari.

In questo quadro cupo, va a dato atto al Ministro della giustizia (come fa il Pg  Saluzzo) di aver saputo – anche nel periodo peggiore della crisi sanitaria – imprimere una forte accelerazione sul fronte delle strutture e dell’innovazione, con “salti nel futuro” (il riferimento è al processo penale telematico) che in condizioni normali avrebbero richiesto anni. Nonché di aver proceduto ad una poderosa politica occupazionale che mancava da oltre vent’anni.

Le cose da fare restano purtroppo un’enormità. C’è però la speranza – un paradosso; ma anche no – che la guerra contro il Coronavirus possa alla fine scacciare le nubi e produrre armi sociali di difesa (aumento del senso civico e della sensibilità verso gli interessi collettivi) utili per potenziare i valori della legalità e della giustizia. In altre parole, dalla tragedia della pandemia potrebbero scaturire opportunità interessanti (non dico provvidenziali perché la parola suonerebbe blasfema), favorite dallo stanziamento nel recovery plan di risorse davvero cospicue.

E si potrebbero finalmente tradurre in fatti concreti le tante promesse dispensate sul versante delle riforme per la giustizia. In particolare la radicale revisione dei meccanismi del processo penale. Ad esempio (suggerisce il Pg) facendo del giudizio abbreviato la via ordinaria del processo e intervenendo decisamente sul giudizio di appello. Che è appunto una sorta di “collo di bottiglia”,  in quanto da solo “brucia” il  48% della durata totale del processo.

Fonte: Corriere della Sera – Torino, 31/01/2021

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