Neutralizzare la mafia nigeriana prima che sia tardi
Sono decine i corrieri nigeriani che quotidianamente trasportano stupefacenti in giro per l’Italia utilizzando treni, autobus di linea, taxi, biciclette, o semplicemente spostandosi a piedi nei centri urbani.
Nella maggioranza dei casi si tratta di “dipendenti” dei vari cults a connotazione mafiosa che si sono insediati in molte regioni italiane. Agli inizi del 2020 erano circa 110mila i nigeriani soggiornanti regolarmente nel nostro paese di cui poco meno di 7mila quelli censiti nella Capitale.
La manovalanza dello spaccio su strada è, in genere, affidata a nigeriani che non hanno permessi di soggiorno ma non mancano casi di richiedenti asilo o di persone già in possesso di permessi di protezione sussidiaria.
Così, negli ultimi giorni, ad Arezzo la polizia ha arrestato un quarantenne nigeriano richiedente asilo mentre cedeva dosi di eroina ad una donna italiana. Arresto che ha cercato, invano, di evitare un altro nigeriano che a Firenze, alla vista dei poliziotti, ha tentato di ingoiare gli ovuli con l’eroina che teneva in bocca rischiando di soffocare. Altro arresto, a l’Aquila, di un ventitreenne nigeriano intento a spacciare al terminal degli autobus mentre a Firenze, all’aeroporto, un nigeriano è finito in manette dopo che erano stati individuati ben 65 ovuli contenenti cocaina nell’intestino.
A Ballarò, Palermo, quartiere storicamente controllato dalla famiglia di Cosa nostra di Palermo Centro del mandamento di Porta Nuova, la polizia ha fermato tredici nigeriani (alcuni beneficiari del reddito di cittadinanza) che smerciavano droghe avvalendosi della collaborazione di due palermitani.
La convinzione da parte della mafia nigeriana della propria forza e della capacità di operare in modo indipendente in ambiti territoriali in cui notoriamente le mafie italiane esercitano un ruolo importante, è stata rilevata anche nel corso di indagini sui Maphite (confraternita presente in dodici regioni, soprattutto in Emilia Romagna e in Piemonte) tanto che ogni accordo tra questi e gruppi di mafie italiane è stato “annientato (…) noi non abbiamo bisogno di loro per operare in Italia: possiamo operare da soli (….) non abbiamo bisogno di loro per il momento e se ne avremo potremo riconsiderare l’iscrizione in futuro” (dalla ordinanza del Gip di Torino in occasione delle operazioni “Maphite-Bibbia verde” e “Burning Flame”).
Dall’inizio dell’anno le forze di polizia hanno arrestato circa mille nigeriani per traffico/spaccio, numero di gran lunga inferiore ai 1.942 del 2019 e ai 2.148 del 2018 (dati DCSA) e questo si spiega in parte con un rallentamento dell’azione antidroga e, soprattutto, per le restrizioni alla mobilità delle persone – con controlli su strada in alcuni periodi particolarmente incisivi – che hanno caratterizzato (che ancora caratterizzano) il 2020 per la nota pandemia.
Il narcotraffico non è, comunque, la sola attività criminale svolta dalle organizzazioni nigeriane stanziate su tutto il territorio nazionale e “con una presenza importante anche nelle Isole maggiori (Sicilia e Sardegna), in particolare a Palermo e Cagliari) ma anche nel Lazio, soprattutto nella Capitale” (cfr. rel. DIA, 2019).
Tra i campi d’azione della mafia nigeriana rilevano il traffico di esseri umani, lo sfruttamento della prostituzione, l’accattonaggio forzoso, le estorsioni, soprattutto in danno di cittadini africani che gestiscono attività commerciali, la falsificazione di documenti, la contraffazione monetaria, le truffe e frodi informatiche, i reati contro la persona e il patrimonio.
Forse si è ancora in tempo per cercare di neutralizzare le mafie nigeriane ma sarebbe necessaria una vigorosa ed estesa attività di repressione in tutto il paese anche se le informazioni assunte dalla DIA, in particolare negli ultimissimi anni, sono particolarmente nefaste se si pensa, ad esempio, alla diffusione di questi sodalizi criminali in tutto il territorio nazionale con presenze (i Maphite) anche in Canada, Regno Unito, Olanda, Germania, Malesia e Ghana.
Le numerose indagini svolte dalle forze di polizia in Italia hanno evidenziato il ruolo della Black Axe che per numero di aderenti sarebbe la seconda organizzazione mafiosa nigeriana presente “in quasi tutte le regioni” ma con “cellule” importanti in Piemonte e in Sicilia, principalmente a Palermo (rel. DIA, cit.).
Un’associazione che, scrive il Gup del Tribunale di Palermo nella sentenza di condanna del 21 maggio 2018 nei confronti di imputati nigeriani per associazione di tipo mafioso “ha un primo luogo replicato non in piccolo ma a livello mondiale l’organizzazione di uno Stato anzi di uno Stato confederato (..) dotata di elaborati statuti di autorità legislative ed esecutive di organi giurisdizionali una sorta di tribunali chiamati a dirimere le controversie al suo interno, di proprie Forze dell’Ordine ovvero di guardie cui è demandato il compito di tenere l’ordine e di ristabilirlo eseguendo inesorabilmente le punizioni”.
Un vero AntiStato sul quale far convergere senza ulteriori indugi e sottovalutazioni le migliori risorse investigative. Prima che sia troppo tardi.
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Spaccio di stupefacenti e altre attività criminali dei gruppi nigeriani
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