Quella rassegna un po’ troppo “antimafiosa”
«Nel mio cuore come nella mia mente non c’è mai stato nulla contro Valeria, una professionista che apprezzo e che sin da subito, pochi giorni dopo il mio insediamento, ho voluto al mio fianco nell’ufficio della presidenza». Del resto, il presidente dell’Ast Dario Lo Bosco vorrebbe che non se parlasse più del piccolo caso urbano che da tre settimane lo vede protagonista e anima come un giallo dell’estate il vischioso circuito politico-giornalistico palermitano. Il caso di una giornalista assunta come collaboratrice d’ufficio, ma di fatto facente funzioni di ufficio stampa, sollevata dall’incarico perché nel fascicolo distribuito la mattina del 16 luglio scorso metteva in evidenza notizie di cronaca politica e giudiziaria, processi di mafia e politica. Come d’altra parte, aveva sempre fatto.
La vicenda si apre, nel privato delle stanze della più grande società di trasporti pubblici siciliana (1.200 dipendenti), controllata dalla Regione, lo stesso 16 luglio con una contestazione, scritta dal presidente Lo Bosco, nella quale si chiedeva di «approfondire l’incresciosa situazione, da parte del direttore generale supplente, nella sua qualità di “datore di lavoro”, ad ogni effetto di legge, secondo le modalità previste dalla vigente normativa»; sviluppato il 27 con una nota nella quale si disponeva «che, con effetto immediato nel superiore interessa aziendale, Valeria Giarrusso cessi di produrre la rassegna stampa»; chiuso a mezzo stampa il 5 agosto sera – dopo che la notizia era stata data dall’Ansa, e dopo le reazioni dell’Ordine regionale dei giornalisti e dell’eurodeputato Sonia Alfano – con la riassegnazione dell’incarico alla «cara» collaboratrice. Con tante scuse, sempre a mezzo stampa, se «la cosa avesse turbato il sensibile animo di Valeria».
Naturalmente, della sua riammissione, la giornalista professionista Valeria Giarrusso, lo viene a sapere solo dai giornali. Nessuna nota scritta, nessuna telefonata. Lei è da alcuni giorni a casa, in ferie. Rientrerà a lavoro lunedì, le uniche cose scritte che ha in mano sono quella contestazione che avviava una formale pratica di approfondimento circa la sua operatività in azienda e la nota che la sollevava dall’incarico di curare la rassegna stampa dell’Ast. Una situazione che non la rende tranquilla per nulla; il suo timore di rientrare a lavoro, i mille dubbi che le attraversano l’animo rispetto a come dovrà comportarsi, a quanto potrà esprimere della sua professionalità, si intuiscono facilmente dalla voce rotta dall’ansia che ascoltiamo per telefono. Forse anche per questo ci parla a lungo, ma ci chiede anche di non riportare nulla delle sue dichiarazioni.
L’ing. prof. presid. Lo Bosco, in quota Forza Italia, era tornato ad essere presidente dell’Ast nel marzo scorso – aveva già ricoperto la carica precedentemente – dopo alcuni mesi di presidenza provvisoria e dopo una breve ma intensa stagione; quella del presidente Vincenzo Giambrone, il quale aveva pensato bene di nominare – senza che la decisione passasse dal consiglio di amministrazione –, a capo della società controllata Ast Turismo, l’avvocato Gaetana Maniscalchi, condannata con il patteggiamento a un anno e sei mesi per favoreggiamento alla mafia, in particolare di un boss latitante agrigentino.
Lo scandalo era montato sul serio allora. E si era chiuso con la revoca delle funzioni di presidenza del consiglio amministrativo a Giambrone. Nulla era stato disposto circa la posizione della Maniscalchi. Ci ha pensato Lo Bosco a sollevarla dall’incarico e disporre le operazioni di liquidazione dell’Ast Turismo. «Un comportamento – ci dice – in linea con il nuovo corso di trasparenza e legalità che abbiamo voluto dare all’Ast, in accordo con i protocolli antiracket e antiusura formalizzati da Confindustria Sicilia dopo la svolta dell’autunno 2007». Proprio in virtù di questo nuovo corso, le notizie riguardanti la cronaca politica e giudiziaria inserite nella rassegna stampa erano sempre ben accette dal presidente, era lui stesso che le richiedeva, così come riportato da una nota scritta da Valeria Giarrusso a seguito della contestazione: «In alcuni casi anche fuori dall’orario di lavoro, Lei, Signor Presidente, mi ha chiamato al cellulare di servizio per avere informazioni giornalistiche per quanto riguarda vicende politiche siciliane. E da parte mia c’è sempre stata la massima collaborazione ricevendo, a più riprese, anche apprezzamenti ed elogi da parte sua. Ecco perché ho continuato a inserire nella rassegna stampa quotidiana notizie non inerenti strettamente l’Ast.»
Si arriva così al 16 luglio scorso. Nella nota che Valeria scrive quotidianamente a premessa della rassegna sono riportate due notizie: la richiesta di pena per mafia all’ex deputato regionale Giovanni Mercadante (poi condannato) e il commento di Salvatore Borsellino all’inchiesta sulla morte del fratello Paolo. Apriti cielo! La giornalista non credeva ai suoi occhi, quando alle cinque del pomeriggio dello stesso giorno, si vede recapitare la lettera di contestazione del presidente: «Valutato che in tale “premessa” con enorme stupore ed amarezza mi accorgevo che, delle sole due notizie a cui veniva dato risalto, una riguardava fatti di politica e l’altra riportava avvenimenti di cronaca giudiziaria (!), ben lungi entrambe da ogni e qualsivoglia interesse specifico di Ast Spa. rilevato, comunque, che l’”evento” odierno risulta particolarmente “singolare” e visto che, per il futuro, occorre peraltro scongiurare il ripetersi di simili circostanze, a tutela dei sani interessi aziendali e per ottimizzare i risultati a favore di Ast Spa, anche in termini di efficacia, efficienza e funzionalità dell’operato dei dipendenti della Società per la crescita ed il migliore sviluppo aziendale dispongo apposito approfondimento dell’incresciosa situazione ad ogni effetto di legge, secondo le modalità previste dalla vigente normativa.»
Alla risposta di Valeria, segue la nota del 27 luglio che la solleva dall’incarico e poi il nulla. Fino al 5 agosto, quando la notizia trapela e entra in rete, battuta dall’Ansa. A distanza di ore arrivano le prime reazioni. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia, Franco Nicastro: «Bisognerebbe avvertire la dirigenza dell’Ast che l’epoca delle veline è finita da tempo. Ora i giornalisti rispondono alle regole della professione e soprattutto a quelle del buonsenso. Questo vale anche per quelli che lavorano nelle grandi aziende e nella pubblica amministrazione dove il compito fondamentale dell’ufficio stampa non è quello di nascondere le notizie imbarazzanti. Il presidente Dario Lo Bosco deve immediatamente revocare un provvedimento che non solo è ridicolo ma grave e offensivo per la dignità della giornalista». Sonia Alfano, eurodeputato dell’Italia dei Valori: «Chiedo al presidente Lombardo e al governo regionale di intervenire con durezza sui vertici dell’Ast che hanno rimosso la giornalista Valeria Giarrusso, rea di avere inserito notizie di cronaca giudiziaria nella rassegna stampa dell’Azienda siciliana trasporti.» Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l’informazione: «L’episodio nel suo piccolo ha messo in evidenza che l’oscuramento di importanti notizie sulla mafia può avvenire solo con il consenso dei giornalisti. Quando un giornalista denuncia un episodio di censura o un tentativo di limitare la sua autonomia professionale, la notizia viene data non una ma dieci volte. Perciò bisogna fare conoscere questi episodi, incoraggiare i cronisti ad alzare la voce e costruire una rete di solidarietà più attiva e più estesa attorno a chi si assume il rischio di farlo».
Il meccanismo di solidarietà ha funzionato, la Giarrusso pare essere stata riammessa alle sue mansioni, ma le rimangono non pochi dubbi sul perché di una reazione spropositata come quella di una contestazi
one con avvio di inchiesta interna per un comportamento professionale corretto e coerente alle linee del “nuovo corso”. «Come mai nulla mi era stato detto prima? » Si chiede. «Perché una contestazione e non un semplice richiamo verbale?» La vicenda finisce per ispirare i lumi letterari del serafico, presidente Lo Bosco: «Il tutto ha assunto un sapore di assurdo degno del miglior Pirandello – afferma –. La verità è che è tutto una bufala! Nessuno riuscirà a mettermi contro la dottoressa Giarrusso». Perché, presidente, lei crede che qualcuno abbia voluto di proposito montare il caso per farla litigare con la sua collaboratrice? «Non c’è altra spiegazione» chiude il l’ing. prof. presidente Lo Bosco. Così è se vi pare.
* Ossigeno per l’informazione
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