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Il riscatto della memoria nelle “Terre di Don Peppe Diana”

Di Aldo Cimmino il . Campania

Dopo le dichiarazioni dell’onorevole
Gaetano Pecorella, Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie
e la società civile si sono mobilitate per difendere la memoria
del sacerdote anti-camorra. Nuovamente, dopo quindici anni dalla sua
uccisione, don Giuseppe Diana è stato l’oggetto del dubbio, questa
volta della “buona” politica che tanto si interessa di fare piena
luce sugli omicidi della camorra.

Pecorella, difensore di Nunzio
De Falco, uomo che è stato condannato a dodici anni come mandante
dell’omicidio di don Diana, dopo quindici anni, chiede che venga accertato
il movente di quell’omicidio. “E’ stato ucciso per donne o per armi”
scriveva allora, certa stampa locale di Caserta.

Ora è stato ripreso lo
stesso filone che certo dimentica che don Diana è stato assassinato
per il suo impegno anti-camorra e per non aver mai taciuto di fronte
alla violenza dei segni e del linguaggio camorristico nelle terre di
Casal di Principe.

Don Ciotti, che sarebbe dovuto
essere a Palermo per il ricordo di Roberto Antiochia, ha invece raggiunto
le “Terre di don Peppe Diana” per riaffermare che l’unico movente
dell’omicidio del sacerdote scout è stato quelllo del suo coraggio
e del suo impegno.

«Saveria Antiochia – racconta
don Ciotti – se avesse percepito la  bufera del dubbio e dell’insinuazione
che si è scatenata in casa Diana, sarebbe subito corsa ad  abbracciare
i genitori del nostro don Peppino per dire loro che non sono soli ed
io sono qui sapendo che Saveria Antiochia sarebbe arrivata».

Il podere del boss Zaza, sul
quale volontari da tutta Italia lavorano, ora,  le “Terre di
don Peppino Diana” ha fatto da sfondo all’incontro che si
è tenuto, oggi a Castelvolturno .

Don Ciotti ha infatti ricordato
la figura di don Diana come simbolo del riscatto non soltanto di una
terra, quella natia del sacerdote, ma di un’intera società civile
che vuole liberarsi dalle mafie e vuole essere responsabile. «La prima
mafia da combattere – dichiara infatti il presidente nazionale di
Libera – è quella delle parole» che riescono anche ad infangare
la memoria di un “martire della giustizia”.

Gruppi scout e volontari dei
campi di lavoro sui terreni confiscati, che ogni estate l’associazione
Libera organizza in varie regioni d’Italia, si sono stretti intorno
a don Luigi Ciotti e al ricordo di don Peppino dimostrando con la loro
presenza e con il lavoro, come il seme della parola pronunciata “per
amore del mio popolo” abbia portato il suo frutto concreto sulle terre
martoriate dalla violenza camorristica. «Proprio per questo don Peppino
– dice don Ciotti – non è morto invano specialmente se sentiamo
nostri quei proiettili che hanno ucciso don Diana». Quel piombo che
non è soltanto proiettili ma anche parole che si chiamano giudizi,
commenti, semplificazioni.

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