Giornata mondiale dei diritti umani, la Ifj lancia il ‘Libro bianco sul giornalismo globale’
I giornalisti ammazzati negli ultimi 30 anni; quelli in carcere; le minacce al lavoro dei cronisti, in zone di guerra o in Paesi formalmente in pace; le iniziative per sensibilizzare politica e governi e quelle a sostegno degli operatori dei media. C’è tutto questo nel report del sindacato internazionale e in più un appello: «Raddoppiare gli sforzi per la protezione dei cronisti».
In occasione della Giornata internazionale dei diritti umani del 10 dicembre 2020, la Federazione internazionale dei giornalisti pubblica il ‘Libro bianco sul giornalismo globale’: uno studio sulla libertà di espressione, le condizioni di lavoro, l’uguaglianza di genere nell’ambito della professione giornalistica nel mondo.
Un documento di 62 pagine nel quale vengono messi in luce dati drammatici, come quello dei 2658 giornalisti assassinati dal 1990 ad oggi, 42 dei quali nel solo 2020, o ancora quello dei 235 reporter attualmente in carcere. «Oltre il 50 per cento dei giornalisti è stato ucciso nei dieci posti più pericolosi del mondo, teatro di guerra o Paesi dove imperano criminalità e corruzione», spiega la presentazione del rapporto.
L’Iraq, con 339 morti, è il Paese più pericoloso per chi fa informazione, seguito da Messico (175), Filippine (159), Pakistan (138), India (116), Federazione Russa (110), Algeria (106), Siria (96), Somalia (93) e Afghanistan (93).
La Ifj, spiega il sindacato internazionale, «è stata in prima linea nel denunciare lo scandalo dell’impunità e i fallimenti dei governi nel consegnare gli assassini alla giustizia. In non meno del 90 per cento degli omicidi di giornalisti in tutto il mondo, poco o nulla è successo sul fronte penale. In due terzi dei casi – aggiunge la presentazione del Libro bianco – gli assassini non sono stati identificati e forse non lo saranno mai. Ciò significa che è in pratica quasi privo di rischi uccidere un giornalista».
Per il segretario generale della Ifj, Anthony Bellanger, «queste non sono solo statistiche. Sono amici e colleghi che hanno sacrificato la vita per il loro lavoro di giornalisti. Non ci limitiamo a ricordarli, ma perseguiremo ogni caso, facendo pressione sui governi e sulle forze dell’ordine affinché gli assassini vengano assicurati alla giustizia».
Da anni il sindacato internazionale lotta per ottenere che le Nazioni Unite approvino una Convenzione sulla sicurezza e l’indipendenza dei giornalisti e ora sta mobilitando le associazioni affiliate in tutto il mondo per contribuire a inserire la Convenzione nell’agenda dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
«Gli strumenti adottati, sia a livello delle Nazioni Unite che a livello regionale, per rafforzare la portata degli obblighi derivanti dai trattati sono ovviamente importanti», rileva Younes Mjahed, presidente della Ifj. «Ma – aggiunge – conosciamo la loro debolezza: la maggior parte non è vincolante. Il problema dell’impunità è ben noto, ma il principale ostacolo alla tutela dei giornalisti non deriva da una mancanza di diritti, quanto da un deficit di attuazione delle misure esistenti».
E anche se rispetto agli ultimi anni cala il numero dei morti registrato nel 2020, «la diminuzione delle uccisioni dei giornalisti non può mascherare il pericolo mortale e le minacce che i giornalisti continuano ad affrontare per aver fatto il loro lavoro», conclude Bellanger. Da qui l’appello urgente a «raddoppiare i nostri sforzi per mobilitare una maggiore protezione dei giornalisti e l’impegno per la pratica sicura del giornalismo».
La nuova edizione del ‘Libro bianco sul giornalismo globale’ è disponibile sul sito web della Ifj (qui il link diretto).
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