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Don Peppino Diana, la memoria, e i moventi dell’Avv.On.Gaetano Pecorella

Di Nello Trocchia il . Interviste e persone

youtube.com/watch?v=efsEdvcSYGA&feature=channel” style=”text-decoration: none; “>“ Lo diffamavano per cancellare la memoria. Dicevano ‘E’ stato ucciso perché toccava le donne, è stato ucciso perché conservava delle armi del clan nemico’…Don Peppe scrisse un documento ‘Per amore del mio popolo non tacerò’ e questo documento lo condanna a morte”.[ da 16:30]

Così Roberto Saviano racconta Don Peppe Diana, massacrato in chiesa il 19 marzo 1994 dal clan dei casalesi.  Ammazzato per il suo impegno anticamorra, per il suo documento. C’è chi mostra dubbi e non la pensa così. C’è chi ora [ e non  anni fa come i giornali locali citati da Saviano] sostiene che, stando agli atti del processo, quelle ragioni, che Saviano definisce diffamatorie, sono tra i tanti possibili moventi del delitto. E’ l’onorevole Gaetano Pecorella, oggi presidente della commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti.

Lo avrebbe dichiarato in una trasmissione televisiva ‘custodiva le armi della camorra’ a telecamere spente( il link al racconto di Nando Dalla Chiesa) con un seguito di querela denuncia per violazione della privacy. A noi sembrava di interesse giornalistico ascoltare le ragioni di Pecorella. L’avvocato ha difeso Nunzio De Falco, mandante dell’omicidio di Don Diana. “ Ero presidente della commissione giustizia, ma  io sono un avvocato”. Per Don Peppino Diana, 150 mila persone sono scese in piazza dal 19 al 21 marzo a Napoli, nell’annuale appuntamento di Libera per ricordare le vittime di mafia. 

On. Pecorella, Don Peppino Diana, secondo lei, è stato ucciso perché conservava le armi del clan?
No. Io dico che tra i moventi indicati, agli atti del processo, ce ne sono tra i più diversi. Nel processo qualcuno ha parlato di una vendetta per gelosia, altri hanno riferito che sarebbe stato ucciso perché si volevano deviare le indagini che erano in corso su un altro gruppo criminale. E altri hanno riferito anche il fatto che conservasse le armi del clan. Nessuno ha mai detto perché è avvenuto questo omicidio, visto che non c’erano precedenti per ricostruire i fatti. Se uno conosce le carte del processo conosce che ci sono indicate da diverse fonti, diversi moventi. 

Tra cui c’è quello delle armi?
Sì ma ce ne sono tanti. Addirittura qualcuno diceva che c’era quello di gelosia, perché aveva storie con qualche ragazza. L’altro che forse è il più credibile, venuto fuori alla fine del processo, è che si volesse spostare l’attenzione degli inquirenti da un gruppo criminale ad un altro. 

A suo avviso non è stato ucciso perché si impegnò contro i clan?
Io non ho avvisi. Io riporto quello che è emerso nel processo e nulla più. Ci sono diversi moventi, c’è anche quello, che all’inizio non era emerso, che faceva attività anticamorra. Per la verità nel processo non è venuto fuori molto chiaro neanche questo come movente. E’ inutile che costruiamo delle fantasie sulle ipotesi. Quella dell’impegno anticamorra è tra le ipotesi. Ma nel processo non è emerso in modo clamoroso, non è mai venuta fuori un’attività di trascinamento, di gente in piazza. Non è che c’erano state manifestazioni pubbliche, documenti. Qualcuno ha detto anche questa ragione. Come vede ci sono tanti moventi. Certamente è stato ucciso dalla camorra. Chi viene ucciso dalla camorra è una vittima della camorra. Ora se è un martire bisogna capirlo dal movente che non è stato chiarito. 

Grazie

Gaetano Pecorella cita le carte del processo, ma chiaramente non adduce come motivazione dell’omicidio l’impegno anticamorra del prete. Semplicemente perché non è agli atti, ‘agli atti ci sono tanti moventi’. In un processo ognuno può testimoniare quello che vuole, anche diffamare, ma se quella resta come memoria storica, l’impegno si cancella. Se non conta il documento ‘ Per amore del mio popolo non tacerò’, se non conta l’attività di Don Diana,  e neanche quello che dicono le sentenze, allora cosa conta in questo Paese dalla memoria corta?
Lo sport nazionale sembra riabilitare mafiosi, come ha fatto Berlusconi con Mangano, e destrutturare i simboli dell’antimafia come i preti ammazzati perché ‘ il movente dell’impegno non è chiaro’.Ma la sentenza dice altro come ricorda Raffaele Sardo, giornalista e scrittore. ”  Siamo a 15 anni dalla morte, a 5 anni dalla sentenza di Cassazione che ha confermato la condanna all’ergastolo per due esecutori materiali e a 14 anni di carcere, perché pentito, per il terzo esecutore materiale. Quella sentenza giunta nel marzo 2004 in Cassazione è specificato che è stato ammazzato per il suo impegno anticamorra. Il signore, difeso dall’avvocato Pecorella, Nunzio De Falco è stato condannato in primo grado all’ergastolo come mandante dell’omicidio”. 
Moventi (donne, armi e altri) che hanno fatto scandalizzare l’opinione pubblica quando Saviano li ha mostrati, pubblicati sui giornali casertani. E ora? Cosa succede quando quelle ragioni diffamatorie, recuperano come ‘ moventi riportati tra gli altri nel processo’ dignità? Quali saranno le reazioni?Riportiamo dal libro ‘ Il costo della memoria. Don Peppe Diana il prete ucciso dalla camorra” di Rosario Giuè, un passaggio sulle ragioni, confermate in Cassazione, che hanno portato all’omicidio del prete coraggio. “ I giudici di appello lo spiegano con poche e chiare parole ‘Don Diana era “attivo verso la gioventù locale e comunque impegnato sul fronte anticamorra, nei limiti e con le potenzialità disponibili di un semplice parroco di una provincia martoriata dal crimine organizzato”. Definito come un soggetto dalla “Forte carica simbolica”. 
A noi sembrava oltre che interessante, grave che qualcuno dopo sentenze passate in giudicato, pronunciamenti della magistratura, potesse riaprire la vicenda, soffocare, riportando le mille dichiarazioni agli atti di un processo, la voce libera e alta di un parroco ammazzato dalla mafia casertana. Ancora più grave se queste dichiarazioni arrivano da un presidente di commissione, onorevole della Repubblica.

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